Il nucleare militare dell’Iran farà scoppiare una guerra in Medio Oriente
14 Novembre 2011
Il dossier Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) ha forse aperto scenari inaspettati nello scacchiere Medio Orientale: Teheran si sta armando nuclearmente. Non più dubbio, ma certezza. I principali attori internazionali sono stati chiamati ad esprimersi a riguardo. Posizioni chiare, velate dietro longeva diplomazia.
Lo sguardo dell’opinione pubblica si rivolge a Tel Aviv, Teheran e Washington, punte di un immaginario triangolo che da anni tiene il Medio Oriente in bilico, tra conflitto e distensione.Obama dovrà in breve tempo annunciare quale sarà la posizione che gli Stati Uniti assumeranno a riguardo. Un momento non certo propizio, se si considera il clima da campagna elettorale e la necessità per il presidente Obama di mantenere il voto dell’elettorato americano ebreo per un secondo mandato presidenziale.
Israele si prepara alla guerra. Gerusalemme è pronta a lottare fino all’ultimo per garantire la sopravvivenza al suo popolo e Stato. Gli Stati Maggiori delle Forze Armate israeliane sono state allertate, in primis l’aviazione la Israel Air Force (IAF) che, stando alle indiscrezioni, avrebbe condotto ad inizio novembre una campagna addestrativa congiunta all’aviazione italiane e altre di “paesi amici NATO” presso la base aerea di Decimomannu in Italia. Attività addestrativa cui sarebbe seguita, sempre secondo fonti riportate dal sito DEBKAfile, una paritetica su territorio israeliano.
Obiettivo: preparare le forze armate dei paesi coinvolti per operazioni antimissilistiche di lunga gittata. Gerusalemme ha potuto valutare bene i suoi papabili alleati in una possibile guerra contro Teheran: la campagna militare libica ha messo alla prova le Forze Armate di alcuni tra i principali paesi NATO, campagna che ha portato alla destituzione di Gheddafi e la caduta del regime del Colonnello. Forse Israele spera che la stessa posizione possa essere assunta dai principali player NATO anche nei confronti dell’Iran.
Fonti interne ai Ministeri della Difesa britannico e israeliano parlerebbero di due possibili soluzioni operative: una prima, in cui agirebbero Israele, USA e Gran Bretagna nel quadro di una nuovo “coalizione dei volenterosi”. Questa prima operazione coinvolgerebbe secondo quanto emerso da indiscrezioni ministeriali britanniche l’impiego della reale aviazione e marina. Si parla, in particolare, del possibile dispiegamento di numerose unità navali, ivi inclusi sottomarini, nonché di cacciabombardieri nell’Oceano Indiano, possibilmente “ospitati” nella base statunitense di Diego Garcia, già base di partenza per attacchi aerei durante la prima guerra del Golfo(1991), la guerra in Afghanistan, e la guerra in Iraq del 2003.
Un secondo piano operativo, invece, sotto l’egida NATO, cui parteciperebbero Washington, Londra, Parigi, Berlino e Roma senza la presenza di Gerusalemme. In questa seconda ipotesi, infatti, Israele concentrerebbe le sue forze (belliche e militari) per la protezione e salvaguardia della sua sicurezza nazionale rispetto a (probabili) attacchi sul suo territorio provenienti da paesi e/o gruppi vicini a Teheran: il Libano di Hezbollah o la Palestina di Hamas, così come la Siria, l’Arabia Saudita o Turchia, e infine gruppi jihadisti. Un’operazione congiunta per la distruzione delle installazioni nucleari iraniane. Il tutto a comando statunitense, ovviamente con l’intento di dissuadere l’Iran nella prosecuzione dei propri piani di riarmo nucleare. Un’occasione, inoltre, per colpire al cuore il regime degli ayatollah attaccando il Corpo delle Guardie della Rivoluzione e le loro infrastrutture strategiche.
In entrambi i casi, le voci sono concordi nel ritenere che l’operazione ricadrebbe nella nozione di “difesa preventiva”: attaccare l’Iran di Ahmadinejad nei prossimi mesi (al massimo un anno), prima, cioè che Teheran possa spostare la propria dotazione missilistica nucleare e balistica all’interno di tunnel sotterranei dove sarebbero protetti da qualunque possibile attacco.
Nel dossier dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), reso pubblico l’8 novembre 2011, infatti, si certifica l’esistenza di tali tunnel (ancora in costruzione), ma soprattutto che Teheran stia lavorando alla costruzione di ordigni nucleari a scopi bellici. Il dossier IAEA è stato una “bomba politica” nelle stanze dei bottoni internazionali: la possibilità che l’Iran si stesse dotando di armi nucleari è passato dall’essere un sospetto a una certezza.
Sul tavolo, le prove che dimostrano le sperimentazioni fino a oggi condotte da Teheran per lo sviluppo di una dotazione bellica strategica che gli consentirebbe di piazzarsi definitivamente come potenza regionale (forse anche intercontinentale se consideriamo l’influenza che Ahmadinejad esercita in alcune scelte di Mosca e Pechino). Gli esperti e scienziati della IAEA non hanno esitato nello scrivere nero su bianco il programma di nuclearizzazione iraniana.
La grande preoccupazione aveva recentemente riattraversato in modo trasversale l’Occidente e si era concretizzata in nuove misure e sanzioni contro l’Iran da parte del Consiglio di Sicurezza ONU, misure e sanzioni bloccate dal veto di Mosca. Vale la pena ricordare le dichiarazioni del vice Ministro degli esteri russo,Gennady Gatilov: “La Russia non sosterrà nuove e più severe sanzioni contro l’Iran. Eventuali ulteriori sanzioni nei confronti dell’Iran saranno viste dalla comunità internazionale come strumento per il cambiamento di regime nel Paese. Questo approccio è inaccettabile per noi e la Russia non intende prendere in considerazione tali proposte”. Mosca, quindi, sposta il piano del dibattito e analisi su un tema molto caro: la non interferenza negli affari interni di un paese.
Sulla stessa posizione anche Pechino: il portavoce del Ministro degli esteri cinese ha definito "inutili" le sanzioni auspicate dalle Europa, poiché "non possono risolvere alle radici il problema del programma nucleare iraniano". Ad alzare i toni dopo la votazione del Consiglio di Sicurezza, è stato lo stessa Guida Suprema dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, che ha dichiarato che l’Iran si opporrà "con schiaffi e pugno di ferro" ad una eventuale decisione bellica da parte di Stati Uniti e Israele: “I nostri nemici, in particolare il regime sionista, l’America e i loro alleati sappiano che risponderemo fermamente a qualunque minaccia o attacco”.
L’Europa si è mossa cautamente, tra dichiarazioni congiunte ed individuali: da Parigi a Berlino, da Londra a Roma la prudenza sembra essere la parola d’ordine. A mettere in dubbio le intenzioni del Vecchio Continente vi sarebbero le indiscrezioni trapelate da fonti ministeriali e oggi edite su tutte le testate internazionali, ma soprattutto i “precedenti storici”. Sebbene il timore di un conflitto armato nucleare interregionale faccia tremare tutti i palazzi del potere, allo stesso tempo l’Europa (e più in generale l’Occidente) non può permettersi il lusso di avere alle porte di casa un Iran nuclearizzato. Ciò, infatti, vorrebbe dire in un futuro prossimo avallare le richieste e pretese di Turchia ed Arabia Saudita, entrambe candidate prossime alla detenzione di armamenti nucleari (almeno secondo quanto dichiarato ultimamente).
Inoltre un Iran nucleare aumenterebbe il rischio che gruppi jihadisti e terroristi di matrice islamica possano entrare in possesso di tali armi (non è certo un segreto che l’Iran sia un finanziatore del jihadismo). Infine, una bomba nucleare made in Iran sarebbe sinonimo certo di una guerra nucleare in Medio Oriente, nonché dell’inizio di un conflitto interreligioso ed interculturale tra Occidente e Mondo Musulmano. La politicizzazione religiosa di questo conflitto israelo-iraniano è la vera bomba da scongiurare.