Il Papa all’Onu: i diritti della persona vengono prima di tutto

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Il Papa all’Onu: i diritti della persona vengono prima di tutto

20 Aprile 2008

Un’agenda per il rilancio dell’autorevolezza e credibilità delle Nazioni Unite, condotta in positivo ma anche sullo sfondo della chiara consapevolezza delle sue attuali debolezze. Questo il senso del discorso tenuto venerdì scorso da Benedetto XVI all’assemblea dell’Onu, che è stata invitata a riscoprire le premesse su cui essa stessa si regge: la trascendente dignità della persona e lo jus gentium, senza dei quali l’Organizzazione si trasforma in una gigantesca burocrazia priva di anima.

Le Nazioni Unite non godono di ottima salute. Tre grandi ostacoli le impediscono di svolgere pienamente il proprio ruolo. Il papa li ha fatti emergere in modo inequivocabile.

Il primo è dato dal ruolo primario che giocano le regole rispetto alla sostanza delle cose, una specie di legalismo procedurale che fa in modo che Stati che non rispettano i diritti umani presiedano il Consiglio per i diritti umani, che per motivi di “salute riproduttiva” si promuovano, da parte anche di agenzie collegate all’Onu, massicci piani di sterilizzazione di massa, oppure che non si riesca ad intervenire in casi di genocidio in base alla “responsabilità di proteggere” che la comunità internazionale deve assumere come un proprio dovere. L’Onu ha dimenticato troppo spesso che il proprio scopo è “promuovere il bene comune” e non semplicemente far funzionare i propri organismi o accontentare tutti gli Stati membri, e il bene comune “non si può realizzare semplicemente con l’applicazione di procedure corrette e neppure mediante un semplice equilibrio di diritti contrastanti”.

Da qui il papa è passato al secondo ostacolo, ossia la concezione relativistica dei diritti umani. Si nota come un tacito scivolamento verso una visione che fonda i diritti sul consenso e non sulla natura della persona umana. In questo modo però si rischia di perdere di vista i tre caratteri fondamentali dei diritti: “l’universalità, l’indivisibilità, l’interdipendenza”. Questi tre caratteri nascono dall’unità e universalità della persona umana e non dal consenso di qualche assemblea. Ogni persona, tutte le persone, sono titolari di tutti i diritti in modo indivisibile in quanto essi insistono tutti e contemporaneamente sulla persona che ne è titolare. Quest’ultima non può essere derubata della sua “identità naturale”. Se i diritti sono frutto di negoziazione, perdono il carattere della indisponibilità. La difesa dei diritti, ha detto Benedetto XVI, non può essere “esclusivo risultato di provvedimenti legislativi o di decisioni normative prese dalle varie agenzie di coloro che sono al potere”. Essi devono essere il frutto del “comune senso della giustizia”, senza del quale non si è in grado di “discernere” gli autentici nuovi diritti rispetto a quelli falsi. Le Nazioni Unite si fondano su questo comune senso della giustizia e lo devono continuamente alimentare.

Il terzo ostacolo è ancora più fondamentale e concerne la libertà di religione. Solo per limitarsi all’ambito cattolico, nel 2007 sono stati 21 i missionari uccisi, mentre situazioni di difficoltà, di clandestinità e perfino di martirio sono all’ordine del giorno. Il papa ha richiamato l’Onu ad occuparsi, come propria missione centrale, della libertà religiosa nel mondo. L’ha proposto come un compito connesso con la missione originaria dell’Organizzazione, e come un modo per rispondere anche alle altre difficoltà viste sopra. Come il compito dei compiti. La dimensione religiosa riconosce il valore trascendente della persona e quindi stabilisce l’indisponibilità dei diritti umani. Essa inoltre favorisce la conversione dei cuori e rende le persone capaci di resistere alla violenza, anche con sacrificio di sé. Nella sua ultima enciclica Spe salvi, Benedetto XVI si era chiesto se, una volta vista la giustizia da compiere, ne siamo anche capaci: “Nelle prove veramente gravi, nelle quali devo far mia la decisione definitiva di anteporre la verità al benessere” non si renderà necessario quel “plus” che solo può venire da una dimensione religiosa? La dimensione religiosa dell’esistenza è fonte di libertà perché “un mondo che si deve dare da sé la sua giustizia è un mondo senza speranza”. Ecco, il papa richiama l’Onu soprattutto a questo: la giustizia che l’Organizzazione deve proteggere e promuovere non le appartiene.