Il Papa benedice il paese della libertà

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Il Papa benedice il paese della libertà

Il Papa benedice il paese della libertà

17 Aprile 2008

Signor
Presidente,
grazie per le gentili espressioni di benvenuto formulatemi a nome del popolo
degli Stati Uniti d’America. Apprezzo profondamente il Suo invito a visitare
questo grande Paese.

La mia venuta coincide con un momento importante della vita della Comunità
cattolica in America, cioè la celebrazione del secondo centenario della
elevazione a metropolia arcidiocesana della prima diocesi del Paese, Baltimora,
e la fondazione delle sedi di New York, Boston, Filadelfia e Louisville. Sono
inoltre felice di essere ospite di tutti gli Americani.

Vengo come amico e annunciatore del Vangelo, come uno che rispetta grandemente
questa vasta società pluralistica. I cattolici americani hanno offerto, e
continuano ad offrire, un eccellente contributo alla vita del loro Paese.

Nell’accingermi a dare inizio alla mia visita, confido che la mia presenza
possa essere fonte di rinnovamento e di speranza per la Chiesa negli Stati
Uniti e rafforzi la determinazione dei cattolici a contribuire ancor più
responsabilmente alla vita della Nazione, della quale sono fieri di essere
cittadini.

Sin dagli albori della Repubblica, la ricerca di libertà dell’America è stata
guidata dal convincimento che i principi che governano la vita politica e sociale
sono intimamente collegati con un ordine morale, basato sulla signoria di Dio
Creatore. Gli estensori dei documenti costitutivi di questa Nazione si basarono
su tale convinzione, quando proclamarono la “verità evidente per se
stessa” che tutti gli uomini sono creati eguali e dotati di inalienabili
diritti, fondati sulla legge di natura e sul Dio di questa natura.

Il cammino della storia americana evidenzia le difficoltà, le lotte e la grande
determinazione intellettuale e morale che sono state necessarie per formare una
società che incorporasse fedelmente tali nobili principi. Lungo quel processo,
che ha plasmato l’anima della Nazione, le credenze religiose furono
un’ispirazione costante e una forza orientatrice, come ad esempio nella lotta
contro la schiavitù e nel movimento per i diritti civili. Anche nel nostro
tempo, particolarmente nei momenti di crisi, gli Americani continuano a trovare
la propria energia nell’aderire a questo patrimonio di condivisi ideali ed
aspirazioni.

Nei prossimi giorni, attendo con gioia di incontrare non soltanto la comunità
cattolica d’America, ma anche altre comunità cristiane e rappresentanze delle
molte tradizioni religiose presenti in questo Paese. Storicamente, non solo i
cattolici, ma tutti i credenti hanno qui trovato la libertà di adorare Dio
secondo i dettami della loro coscienza, essendo al tempo stesso accettati come
parte di una confederazione nella quale ogni individuo ed ogni gruppo può far
udire la propria voce. Ora che la Nazione deve affrontare sempre più complesse
questioni politiche ed etiche, confido che gli americani potranno trovare nelle
loro credenze religiose una fonte preziosa di discernimento ed un’ispirazione
per perseguire un dialogo ragionevole, responsabile e rispettoso nello sforzo
di edificare una società più umana e più libera.

La libertà non è solo un dono, ma anche un appello alla responsabilità
personale. Gli americani lo sanno per esperienza – quasi ogni città di questo
Paese possiede i suoi monumenti che rendono omaggio a quanti hanno sacrificato
la loro vita in difesa della libertà, sia nella propria terra che altrove. La
difesa della libertà chiama a coltivare la virtù, l’autodisciplina, il
sacrificio per il bene comune ed un senso di responsabilità nei confronti dei
meno fortunati.

Esige inoltre il coraggio di impegnarsi nella vita civile, portando nel
pubblico ragionevole dibattito le proprie credenze religiose e i propri valori
più profondi. In una parola, la libertà è sempre nuova. Si tratta di una sfida
posta ad ogni generazione, e deve essere costantemente vinta a favore della
causa del bene (cfr Spe
salvi
, 24). Pochi hanno compreso ciò così lucidamente come Papa Giovanni
Paolo II, di venerata memoria. Nel riflettere sulla vittoria spirituale della
libertà sul totalitarismo nella sua natia Polonia e in Europa orientale, egli
ci ricordò come la storia evidenzi, in tante occasioni, che “in un mondo
senza verità, la libertà perde il proprio fondamento” e una democrazia
senza valori può perdere la sua stessa anima (cfr Centesimus
annus
, 46). Queste parole profetiche fanno eco in qualche modo alla
convinzione del Presidente Washington, espressa nel suo discorso d’addio, che
la religione e la moralità costituiscono “sostegni indispensabili”
per la prosperità politica.

La Chiesa, per parte sua, desidera contribuire alla costruzione di un mondo
sempre più degno della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio
(cfr Gn 1, 26-27). Essa è convinta che la fede getta una luce nuova su tutte le
cose, e che il Vangelo rivela la nobile vocazione e il sublime destino di ogni
uomo e di ogni donna (cfr Gaudium et spes, 10). La fede, inoltre, ci offre la
forza per rispondere alla nostra alta vocazione e la speranza che ci ispira ad
operare per una società sempre più giusta e fraterna.

La democrazia può fiorire soltanto, come i vostri Padri fondatori ben sapevano,
quando i leader politici e quanti essi rappresentano sono guidati dalla verità
e portano la saggezza, generata dal principio morale, nelle decisioni che
riguardano la vita e il futuro della Nazione.

Da ben oltre un secolo, gli Stati Uniti d’America hanno svolto un ruolo
importante nella comunità internazionale. Venerdì prossimo, a Dio piacendo,
avrò l’onore di rivolgere la parola all’Organizzazione delle Nazioni Unite,
dove spero di incoraggiare gli sforzi in atto per rendere quella istituzione
una voce ancor più efficace per le legittime aspettative di tutti i popoli del
mondo. A questo riguardo, nel 60° anniversario della Dichiarazione Universale
dei Diritti dell’Uomo, l’esigenza di una solidarietà globale è più urgente che
mai, se si vuole che tutti possano vivere in modo adeguato alla loro dignità,
come fratelli e sorelle che abitano in una stessa casa, attorno alla mensa che
la bontà di Dio ha preparato per tutti i suoi figli.

L’America si è sempre dimostrata generosa nel venire incontro ai bisogni umani
immediati, promuovendo lo sviluppo e offrendo sollievo alle vittime delle
catastrofi naturali. Ho fiducia che tale preoccupazione per l’ampia famiglia
umana continuerà a trovare espressione nel sostenere gli sforzi pazienti della
diplomazia internazionale volti a risolvere i conflitti e a promuovere il
progresso. Così, le generazioni future saranno in grado di vivere in un mondo
dove la verità, la libertà e la giustizia possano fiorire – un mondo dove la
dignità e i diritti dati da Dio ad ogni uomo, donna e bambino, vengano tenuti
in considerazione, protetti e promossi efficacemente.

Signor Presidente, cari amici: mentre mi accingo a dar inizio alla visita negli
Stati Uniti, voglio esprimere ancora una volta la mia gratitudine per l’invito
formulatomi, la gioia di essere in mezzo a voi, e la mia fervente preghiera che
Dio Onnipotente confermi questa Nazione e il suo popolo nelle vie della
giustizia, della prosperità e della pace. Dio benedica l’America!

Traduzione dall’originale inglese distribuita dalla Santa Sede.

© Copyright 2008 – Libreria Editrice Vaticana