Il Pd dei parvenu non trova casa a Bruxelles
11 Giugno 2008
“Sa, noi avremmo quel problemino con Rutelli”.
“Ach so, Franciasco, ich habe mit ihm gesprochen…”.
“Sì, ma poi c’é anche la Binetti…”.
“Haben sie probleme auch mit den Wasserhahnen???”.
“No, non i rubinetti, la Binetti… sa i Teocon…”.
“Teo…was? Ich verstehe nicht…”.
“Sa, Carra, Enzo Carra… e poi c’è Bobba… per non parlar di monsignor Fisichella…”.
“Haben sie probleme mit unseren Bruder Joseph Ratzinger?
„No, cioè… sì, non col papa, ma con i cattolici nel Pd”.
“Ja, ja, ich weiss… Aber was wollen sie, hier in unseren Europarlament?”.
“Sa, ci sarebbe quel problemino, niente di speciale, intendiamoci, roba di forma… insomma ci basterebbe che smetteste di chiamarvi… socialisti. Per noi andrebbe bene”.
A questo punto il lettore può immaginarsi la faccia del povero Martin Schulz e lasciamo alla libera fantasia continuare questo dialogo immaginario tra Walter Veltroni e il presidente del gruppo del Pse al Parlamento Europeo. Sintesi sconfortante dello stato confusionale della sinistra italiana.
La cosa ha dell’incredibile, ma ormai da mesi Veltroni bussa alla porta delle socialdemocrazie europee – le gloriose socialdemocrazie europee, si diceva un tempo – per chieder loro di smettere di chiamarsi socialisti. Ma perché? Solo per levargli le castagne dal fuoco, solo per fare un favore a quei pasticcioni che – Veltroni regnante – hanno fuso Ds e Margherita facendo finta che l’evidente incompatibilità della Margherita con il Pse, fosse un problemino da rimandare.
In realtà, molti allora avvisarono che la collocazione internazionale in un’Europa bipolare, in un Europarlamento egemonizzato dai due blocchi del Ppe e del Pse, era un tema fondamentale. Molti spiegarono che non era un tema tecnico ma di sostanza, di appartenenza a due tradizioni storiche alternative, anche se non antagoniste. Niente. La dirigenza veltroniana – ma anche quella dalemiana e rutelliana e mariniana – non ne volle sapere. Capaci solo di eccellenti performance in manovre e manovrine di Palazzo, i “Fondatori”, anzi i “Fonditori”, unificarono i due partiti lasciando il problema fuori dalla finestra.
Ma ora le elezioni europee si avvicinano e non c’é molto più tempo per sciogliere il nodo. Solo che in Europa, a differenza che in Italia, il Pd, Veltroni e D’Alema inclusi, sbattono la faccia contro un principio spesso da loro ignorato: il principio di realtà. In politica questo principio comporta anche la regola della non contraddizione. E non ci sono testate amiche e complici disposte a passartele tutte. Così, il povero Schulz, da mesi, si arma di santa pazienza e ascolta le fantasie lessicali di Veltroni e D’Alema circa le nuove denominazioni del gruppo del Pse (i 19 europarlamentari italiani di Ds e Margherita fanno gola, in termini di finanziamenti e di potere decisionale assembleare al Pse, ovviamente).
Però, su una cosa non può essere paziente, e l’ha veementemente detto oggi: il socialismo, quello non si tocca. Veltroni non può essere così sfrontato da chiedere che quella “parolina” venga abiurata da tutta l’Europa, solo per risolvere i suoi pasticci e pasticcetti italiani e oggi, a Napoli, è sbottato (ma rivolto a Rutelli che aveva proposto al Pse, a sua volta, una confusa “aggregazione di centrosinistra con i liberaldemocratici): “Gli uomini e le donne che oggi fanno politica in Italia, devono rendersi conto che l’Europa non è una Italia ampliata. Ciò che succede in Italia, dal punto di vista strutturale, è italiano”. Tradotto: arrangiatevi, mi avete stufato, siete dei provincialoni, siete dei parvenu non solo nel socialismo, ma anche in Europa. Il che è vero, perché Rutelli votò nel 1992 contro il Trattato di Maastricht in Parlamento e Veltroni e D’Alema hanno contrastato per trenta anni della loro vita politica la stessa Ue (per non parlare degli Euromissili), salvo poi soffrire di amnesie tremende, e convertirsi in europeisti convinti. Dimenticandosi peraltro la rituale autocritica, neanche passati 20 anni. Dei parvenu: questo è il dramma della sinistra italiana.