Il Pd, il dubbio “governo sì – governo no” e le promesse da marinaio del bulletto di Rignano
30 Marzo 2018
Siamo a uno snodo della storia italiana, non bastano le scelte politiche più o meno tattiche ci vuole anche qualche idea sistemica . “Stiamo in minoranza non per capriccio”. Così dice Graziano Delrio a Tommaso Ciriaco sulla Repubblica del 30 marzo. “Non basta dire ‘tocca a loro’” dice Andrea Orlando a Monica Guerzoni sul Corriere della Sera. L’insofferenza di articolati settori Pd per le nuove arroganze renziste molto sulla linea “après moi le déluge!”, sono comprensibili. Anche se provengono dalle fila dei begli addormentati nel bosco che hanno seguito il teppista di Rignano per tutta la via che ha portato lui e il Pd nel baratro attuale (linea che ha il suo epicentro nell’aver trasformato un delicato referendum istituzionale in un plebiscito sul “bulletto”). Ora è evidente che c’è una parte del Pd che spinge a un accordo con i grillini. Basta leggere Marco Lusetti, presidente della Lega delle cooperative, che risponde a Concita de Gregorio sulle Repubblica del 30 marzo e che dice di Luigi Di Maio: “Mi ha dato l’impressione di chi sa il fatto suo”. Non sono posizioni da demonizzare, vengono prese all’interno della realtà effettuale delle nostre cose che è molto meno gradevole di quella virtuale che ci piacerebbe, ma è quella che è. Bisognerebbe, però, che le prese di posizione e le probabili divisioni che avverranno su queste future prese di posizione, si definiscano non solo nella chiarezza ma anche con un’idea del sistema Italia che vogliamo costruire. Non bastano i programmi e i leader, questa volta servirebbe un’idea di Stato che garantisca la nostra possibilità di esprimere una presenza all’altezza delle altre grandi nazioni europee.
Aiuto, ridateci i partiti! Le linee politiche decise da grandi e piccoli giornali portano al disastro, anche perché sostanzialmente irresponsabili: se sbagli le previsioni, quelli che erano diabolici nipotini di Goebbels, diventano subito angelici discepoli di Macron. “Stuoli (sic) di giornalisti equamente divisi fra filo-Pd e filo-Forza Italia che si preparavano a suonare la grancassa per la Grande Coalizione Arcore-style mi hanno accusato di essere filo-5 Stelle poiché ho sostenuto che le ‘carte’ di Di Maio, nonostante gli sgarbi quotidiani, il Pd doveva (deve) chiedere di vederle”. Così scrive Gianfranco Pasquino sul Fatto del 30 marzo. Intanto esponenti del Pd denunciano il comportamento di altri giornali. Il sito on line del Fatto riporta il 29 marzo questa dichiarazione del “renziano” Andrea Romano: “Addolora che il Corriere, giornale che ha pagato prezzi altissimi alla difesa della libertà, si schieri con chi travolge persino l’ABC delle garanzie parlamentari”. Mentre Piero Ignazi sulla Repubblica sempre del 30 scrive che: “Il leader che ha mandato il partito al disastro, continua a spadroneggiare”. Intanto sul Corriere della Sera del 30 marzo Mauro Magatti cerca di giustificare il fenomeno grillino sostenendo che “è stato così per Donald Trump”. Il che è il contrario delle verità: Trump ha vinto le primarie dei Repubblicani, così come James Corbyn ha vinto il congresso laburista, Kevin Künhert vincerà probabilmente il prossimo congresso della Spd. Mark Rutte è prevalso sostenendo una linea di destra nel Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia (VVD) olandese, e così Sebastian Kurz sul Partito Popolare Austriaco. François Fillon aveva vinto la primarie golliste e fu azzoppato probabilmente da qualche intrigo dell’efficientissimo “deep state” francese (con una sua “cellule de démolition”così Le Figaro del 16 febbraio riportava un’analisi realistica del nuovo leader dei Républicains Laurent Wauquiez). Uno dei nostri principali problemi è che la scelta di commissariare la politica italiana sotto la pressione di composite influenze internazionali (e con la complicità dei vertici del nostro Stato) ha liquidato una vera discussione politica nei partiti sostituita da quotidiani (si pensi alla scemenza della campagna puramente giornalistica per il Renzusconi: una delle cause fondamentali della doppia sconfitta di Forza Italia e del Pd) e che peraltro cercano sempre di non pagare pegno. Esemplare in questo senso il comportamento di quelli di Largo Fochetti da sempre il principale punto di riferimento del Pd e che ora non sanno come giustificare tutte le stoltezze che in larga misura hanno contribuito a determinare.
Vitalizi, il rispetto dei patti e delle persone sono come la gravidanza. Non si può essere solo un po’ incinta, non si può rispettare solo un po’ i patti e le persone. “Il governo della Camera, per offrire agli elettori lo scalpo della Casta con qualche misura sui vitalizi”. Alessandro De Angelis descrive sull’Huffington Post del 30 marzo le mosse dei grillini per gestire con pugno di ferro il taglio dei vitalizi dei parlamentari. Comprendo la rabbia popolare diffusa che si è scatenata dopo la stolta gestione tecnocratica di Mario Monti ed Elsa Fornero che, al di là del merito delle loro scelte, innanzi tutto nel metodo hanno trattato persone in carne e ossa come cose. E il loro metodo è stato poi riprodotto da quel bulletto arrogante di Matteo Renzi: basti considerare lo slogan stesso della rottamazione, l’avvilente politica delle mance, la pretesa di abrogare i corpi intermedi della società. Proprio perché abbiamo dietro alle spalle questi precedenti, bisognerebbe riflettere bene nel merito delle nuove vie da intraprendere senza farsi governare dalla pancia. La retribuzione dei parlamentari, ad esempio, determina il tipo di personale che avremo in politica: vogliamo istituzioni della sovranità popolare composte solo da ricchi o da persone senza reddito? Vogliamo tagliar fuori professionisti e ceti medi (compresi quegli operai specializzati che sono stati a lungo il nerbo di una vera sinistra)? E per quel che riguarda il passato, vogliamo stracciare i patti sulla base dei quali le singole persone si sono impegnate in politica? Si ha un’idea di che cosa significa stracciare i patti del passato? Quale sarà la linea, poi, che dividerà il “privilegio” delle pensioni troppo alte da quelle basse? Si aprirà la via decurtazione generalizzate? Vogliamo aggiungere alle profonde divisioni del Paese anche uno scontro generazionale? E al Sud non si considera che cosa può essere intesa al Nord una guerra ai “privilegi” non meritati? Intervenire su interessi corporativi è senza dubbio una necessità del momento, ma per favore non facciamolo alla Monti o alla Renzi, calpestando la dignità delle persone.
Caro Massimo Franco, il voto è la cura, non la malattia. “Sospetto che l’alleanza in incubazione tra M5s e Lega abbia come approdo non la stabilità ma, di nuovo, le urne”. Massimo Franco sul Corriere della Sera del 24 marzo spiega che la stabilità consisterebbe nel mettere insieme forze politiche con programmi opposti pur di non tornare a votare cioè pur di non far decidere i cittadini da chi vogliono essere governati, scelta quella di un voto anticipato, che negli ultimi anni hanno fatto popoli fascisti e barbari come gli inglesi, gli spagnoli, i greci. Certo poi c’è l’argomento ”Weimar” però se interrogate anche solo uno studentello del liceo, vi spiegherà come il problema del nazismo in Germania non nasce dai voti anticipati ma dal fatto che negli anni Trenta circolavano per tutto il Paese bande armate di opposte fazioni politiche. Non dovrebbe essere così difficile saper distinguere le difficoltà di una democrazia dal crescere di una guerra civile dopo quella internazionale del 1914-1918.