Il Pd vive il suo 25 luglio giudiziario, ma serve un armistizio

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Il Pd vive il suo 25 luglio giudiziario, ma serve un armistizio

23 Dicembre 2008

 In attesa dell’otto settembre del nostro sistema giudiziario, ora abbiamo un nuovo 25 luglio,  che riguarda la giustizia. Si tratta della crisi giudiziaria del Pd di Walter Veltroni, a causa dei procedimenti penali riguardanti  amministrazioni regionali e locali del Pd che dall’Abruzzo, dalla Basilicata e dalla Campania vanno mano a mano risalendo la penisola, con focolai già aperti a Firenze e a Genova.

Con la massiccia vittoria politica del centro destra si è rotto l’incantesimo per cui era pericoloso guardare le frutta marce negli orti della sinistra. I veti politici a ciò sono caduti. Prima i pubblici ministeri correvano rischi se pretendevano di guardare troppo a ciò che accade in questi orti  o di  sindacare magistrati che ne erano i beniamini  (si ricordino i casi di Brescia, di Milano, di Catanzaro). Ora, con la vicenda dell’Abruzzo, si è visto che è possibile rovistare in questi orti, alla ricerca delle mele marce. E i dossier che andavano a rilento subiscono una accelerazione.  

L’ampia vittoria elettorale del centro destra gli consente anche di dar luogo alla riforma costituzionale della macchina giudiziaria in crisi. Secondo una tesi, questa riforma, che prima appariva necessaria, però ora non lo è più. E comunque è assai meno urgente perché ora la magistratura inquirente, con i molteplici processi alle amministrazioni di sinistra, appare politicamente  imparziale. Innanzitutto non è vero che il fatto che ora emerga una valanga di  procedimenti  giudiziari riguardanti quella sinistra che è tradizionalmente sua paladina basti a dimostrare che la magistratura inquirente ha una condotta politicamente imparziale. Infatti ci si può domandare perché Ottaviano del Del Turco, ex socialista, è stato tenuto in cella a lungo in un periodo torrido, mentre nei processi attuali agli amministratori pubblici del Pd si applicano gli arresti domiciliari. Non hanno la stessa capacità di inquinare le prove? Inoltre perché Silvio Berlusconi ha ricevuto avvisi di garanzia prima di vertici internazionali e di elezioni importanti, mentre per i fatti dell’Abruzzo, della Basilicata e della Campania si è aspettato che le elezioni fossero espletate le recenti elezioni per la provincia autonoma di Trento e per la Regione Abruzzo? Anche ammessa la buona fede dei diversi inquirenti, le conseguenze elettorali che può generare una diversa tempistica delle azioni giudiziarie non possono essere ignorate . E’ evidente che occorre porre delle regole generali al riguardo. E ciò vale anche per la questione del carcere o degli arresti domiciliari per i politici e per gli imprenditori, che hanno rapporti con loro. E comunque la riforma giudiziaria non deve mirare solo a stabilire il rapporto fra potere giudiziario e potere politico, nella autonomia ed equilibrio fra i vari poteri. Essa è necessaria anche con riguardo al buon funzionamento della giustizia nei riguardi della società civile in generale.

L’imparzialità, la celerità, dei processi, la certezza nella applicazione giudiziaria della legge sono beni pubblici generali . E  per la tutela di questi beni pubblici, occorrono innanzitutto la riforma del Consiglio superiore della magistratura, che è un organo neo corporativo para politico improprio, e  il ripristino dei poteri gerarchici dei capi ufficio e dei metodi di selezione basati sul merito per le carriere dei magistrati inquirenti e giudicanti, per dare efficienza ed efficacia alla macchina giudiziaria, in campo civile, penale, amministrativo.

Secondo un’altra tesi, la riforma della giustizia va fatta, ma ora occorre una pausa per evitare che si cambino le regole del gioco in senso garantista, ora che sono in corso o stanno per aprirsi i processi contro la classe politica di sinistra, che non può essere trattata con una indulgenza che è stata negata agli altri. Anche questa tesi va scartata . Il timore che si possano insabbiare i processi in corso e sopratutto quelli che potrebbero emergere, coinvolgendo personaggi di prima fila, oltre a quelli di seconda fila sin qui coinvolti è certamente legittimo, dati alcuni precedenti che non si possono dimenticare, di casi strani. Ma garantismo e indulgenza impropria non vanno confuse. Inoltre la riforma, per i reati contro la pubblica amministrazione, dovrebbe valere per il futuro, non per i procedimenti che hanno avuto un inizio anteriormente alla sua approvazione.

Ma ciò che emerge, con riguardo al fenomeno più eclatante, quello dei rapporti intimi fra le imprese  e svariati grandi comuni amministrati da giunte di sinistra non è solo rilevante per il giudizio giudiziario, è sopratutto rilevante per il giudizio politico. Si tratta del giudizio sulla vera essenza della nuova classe politica di sinistra liberal americaneggiante sorta dal connubio fra ex Pc , ex sinistra catto comunista e una parte importante del mondo degli affari.  Un universo vasto e complesso, con anomali intrecci di interessi. Ora mi soffermo solo su quelli dei comuni di Napoli e di Roma con la  Romeo gestioni, una parte di quelli che il gruppo Romeo ha con i comuni rossi, traendo le informazioni dalla home page della stessa società.  Per l’Amministrazione di Napoli la Romeo, attraverso la Global Service,  gestisce un patrimonio  di 35.500 case popolari del Comune, situate a Napoli e nei dintorni , in cui risiede lo 8,5 per cento dei nuclei familiari napoletani, per un totale di 135 mila persone. Sui 975 mila abitanti (dati del 2007) di Napoli sono il 13,84 per cento della popolazione, quindi  una cospicua parte del suo elettorato. A Roma la Romeo gestioni ha, Global Service,  44.800 unità immobiliari del Comune, con analoghe modalità di servizio. La Romeo stabilisce e riscuote gli affitti, effettua le manutenzioni di competenza del proprietario e sorveglia che quelle degli inquilini siano conformi ai regolamenti Inoltre, con un singolare conflitto di interessi, censisce per il comune  le caratteristiche di questa proprietà immobiliare e le aggiorna , sicché il comune non è in grado di conoscerne la redditività della gestione del suo patrimonio di edilizia popolare ,  se non sulla base dei dati patrimoniali forniti da chi lo gestisce. E’ come se un proprietario fondiario si facesse censire il fondo che deve dare in affitto da chi ne gestisce l’affitto. Questi ha convenienza a sottovalutarlo per mettere in risalto la redditività della sua gestione. E’ evidente il conflitto di interessi, che così si crea . D’altra parte in questo modo la Romeo gestioni ha acquisito un enorme potere politico elettorale, che condiziona l’amministrazione che ha  il contratto con essa.

Insomma, questa nuova sinistra concepisce l’economia di mercato come un mercato dalla cosa pubblica, in cui si crea un rapporto oggettivamente malsano fra potere pubblico e impresa. La Romeo gestioni a Milano, con  Global Service ha solo 8.920 abitazioni di edilizia popolare pubblica, senza competenza per i rapporti di locazione salvo per la gestione delle morosità e senza competenza per il censimento del patrimonio immobiliare. Ma ha compiti per gli impianti , le manutenzioni, lo smaltimento dei rifiuti speciali. Non ha esautorato il comune dai suoi poteri e doveri, per decisione della giunta comunale. Non ha potuto mettere le mani sulla città. Ed è questo quadro politico –economico che , a prescindere dall’esito dei processi , questi procedimenti giudiziari ora mettono in evidenza.