Il Pdl vara la Consulta per le attività produttive e “sfida” la Fiat
20 Gennaio 2010
Fiat, banda larga, Pmi. La Consulta per le Attività produttive del Pdl entra nel vivo del dibattito economico. Nata ufficialmente appena cinque giorni fa, è su alcuni dei più importanti casi di crisi aziendale nel nostro Paese che punta l’attenzione. A partire da Fiat, appunto, che ieri è stata al centro dell’attenzione del vertice, composto dall’economista Francesco Forte, dal rappresentante dei commercialisti Michele Testa, dal rappresentante delle Piccole imprese Carlo Balabio, dal rappresentante del mondo dell’Associazionismo economico Gianni Cicero e dai parlamentari del Pdl, Francesco Casoli e Lella Golfo (l’Ufficio di Presidenza sarà successivamente integrato dalla presenza di esperti di altri settori come turismo, artigianato e commercio).
L’organismo, all’interno del quale sono presenti le due anime del Pdl attraverso componenti rilevanti di entrambi i raggruppamenti politici – è infatti presieduta dal presidente Pierluigi Borghini (ex Fi) e dalla sua vice vicario, Catia Polidori (ex An) – al momento è presente solo a livello di governo centrale ma presto si articolerà anche a livello territoriale, spetterà infatti ai coordinatori regionali del Pdl nominare a breve i responsabili locali. E da Roma sono partite le prime tre indicazioni per sciogliere il nodo termini Imerese nel modo più indolore possibile.
I componenti della Consulta hanno chiesto al Lingotto ”un comportamento responsabile”, riassumibile in tre punti: un piano di riconversione dell’azienda di Termini Imerese basato sull’eventuale cessione gratuita dell’area attrezzata e degli impianti alla nuova iniziativa sostitutiva di natura industriale; la collaborazione con il Governo e la Regione per individuare tale piano, mettendo a disposizione la propria conoscenza dei mercati, delle tecnologie, di possibili operatori interessati sia italiani che stranieri; l’assicurazione che continuerà una propria produzione nel sito fino a quando questo piano non diventerà operativo.
L’attenzione è stata quindi puntata su Termini Imerese ma al centro della discussione sono entrate anche tutte quelle realtà economiche che ruotano attorno allo stabilimento in odore di chiusura (“la decisione di chiudere lo stabilimento Fiat è irreversibile, perché Termini Imerese non è in grado di competere", ha detto appena qualche giorno fa l’ad Sergio Marchionne parlando all’Automotive World Congress a Detroit). ”Intorno allo stabilimento di Termini Imerese si è creato un sistema industriale integrato, di piccole e medie aziende che rischiano di essere travolte dalla chiusura dello stabilimento”. Come dire, il ciclone travolgerà, a ruota, attività produttive che seppur minori tengono vivo il tessuto imprenditoriale della zona. La Sicilia potrebbe pagare un conto ancora più salato del previsto, Governo e azienda sono avvisati.
La Consulta, nei confronti del Lingotto è critica: ”La Fiat non può disinteressarsi della sua azienda a Termini Imerese perché se è vero che la casa automobilistica torinese deve fare i conti come un’impresa di mercato, altrettanto vero è che riceve il beneficio di interventi pubblici, con il costo a carico del contribuente, giustificati con il fatto che ciò giova all’Italia".
Parola d’ordine: collaborazione; obiettivo: far sì che gli interessi della Fiat coincidano con quelli del Paese.