Il ponte sullo Stretto e l’emblema italico di 2272 anni di incompiute

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Il ponte sullo Stretto e l’emblema italico di 2272 anni di incompiute

17 Maggio 2021

Che Mario Draghi sia persona di grande capacità che non arretra quando si tratta di affrontare le sfide più impegnative ne siamo convinti. Però certo nelle prossime settimane potrebbe dimostrare di possedere un incredibile coraggio se deciderà di mettere la faccia sulla questione più travagliata, complessa, contestata e mai risolta della storia d’Italia. La questione del ponte sullo stretto di Messina. Finora si è limitato a trasmettere al Parlamento la relazione del gruppo di esperti, che (ri)esamina la questione ed esprime una posizione nettamente favorevole alla realizzazione dell’opera.

Si tratta di un tema che risale addirittura a 2272 anni fa. Secondo Plinio il Vecchio nel 251 A.C. il console Lucio Cecilio Metello avrebbe commissionato la realizzazione di un ponte fatto di barche e botti con lo scopo di consentire il transito dalla Sicilia di circa 140 elefanti catturati ai cartaginesi nella battaglia di Palermo durante la prima guerra punica. Fu il primo e l’ultimo a riuscire a realizzare qualcosa sullo stretto.

La questione ha attraversato tutta la storia d’Italia. Ci si sono cimentati anche Carlo Magno e Roberto il Guiscardo, Ferdinando II di Borbone, Stefano Francesco Jacini, Giuseppe Zanardelli, Emilio Colombo, Francesco Cossiga, Claudio Signorile, Bettino Craxi, Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Francesco Rutelli e – da ultimo – Matteo Renzi. Si sono succeduti decine di progetti (ponte a campata unica, ponte a tre campate, tunnel sottomarino, istmo artificiale, ponte zattera…),  abbiamo svolto concorsi di idee per raccogliere le migliori soluzioni per affrontare il problema, costituito diverse società a partecipazione pubblica per definire il progetto esecutivo e seguirne la realizzazione. Ma non c’è stato nulla da fare, il ponte sullo stretto non è stato fatto.

Se provassimo ad individuare un fatto della nostra storia che in qualche modo riesca a rappresentare emblematicamente i tratti tipici del carattere nazionale e le caratteristiche del nostro sistema politico ed istituzionale, forse la storia del (mancato) ponte sullo stretto è quella ci riesce meglio.

Che in oltre 2200 anni non siamo riusciti a realizzare un ponte per superare uno stretto di mare che nel suo punto più stretto è largo 3 chilometri e che separa quasi 5 milioni di cittadini dal resto del Paese ha dell’incredibile. Basta fare un giro per il mondo per vedere come in moltissimi altri paesi siano state realizzate opere simili, in alcuni casi anche molto più complesse ed impegnative. Basti pensare al ponte che attraversa lo stretto di Oresund unendo la Svezia e la Danimarca, o al ponte sul Bosforo in Turchia, o al ponte sullo stretto di Corinto in Grecia o anche al tunnel che attraversa lo stretto della Manica che ha simbolicamente posto fine all’isolamento della Gran Bretagna e che è 13 volte più lungo di quello che sarebbe il ponte o il tunnel sullo stretto di Messina.

Ma no, in Italia no. E’ troppo facile quando si ha che fare con un piccolo tratto di mare che separa due aree di un Paese, o due paesi, realizzare un ponte. E’ banale! Il genio italico preferisce discutere, disquisire, approfondire e soprattutto non decidere, non agire. L’argomento più incredibile utilizzato dagli avversari del ponte è quello secondo il quale ben altre sarebbero le priorità del sistema dei trasporti siciliano quali ad esempio i collegamenti ferroviari e la rete stradale locale. Come se fra le due cose ci fosse un qualche legame logico. Come se la realizzazione del ponte togliesse risorse alla manutenzione stradale o ferroviaria. Del resto sono decenni che discutiamo del ponte senza realizzarlo e non ci risulta che lo stato delle ferrovie o delle strade siciliane sia migliorato di molto. Da altro punto di vista, la realizzazione del ponte, dopo decenni di progetti e discussioni, rappresenterebbe un formidabile incentivo per mettere finalmente a posto la rete stradale e ferroviaria della Sicilia.

Quello di cui però ci si dimentica è che la mancata realizzazione del ponte ha delle pesanti ricadute sull’economia siciliana, su quella meridionale e, quindi, su quella nazionale. E’ stato calcolato che il costo dell’insularità per l’economia siciliana è di quasi 4 miliardi l’anno. E 4 miliardi è esattamente la cifra che costerebbe realizzare il ponte. Quindi il ponte te lo ripaghi con i soldi risparmiati in un solo anno di esercizio! Certo, c’è il rischio che a consuntivo il ponte venga a costare di più. Evvabbè vorrà dire che te lo ripagherai in due o tre anni. Senza contare che noi sino ad oggi per il ponte abbiamo già speso 1 miliardo e senza gettare neanche la prima pietra.

Ebbene se Mario Draghi, nonostante questa lunga e dolorosa storia, riuscirà a trovare il coraggio per intestarsi la questione ed avviare effettivamente i lavori di costruzione, vorrà dire allora che è effettivamente l’unico in grado non solo di portarci fuori dall’emergenza della pandemia ma anche di aprire una nuova pagina nella storia d’Italia.