Il prestigio internazionale del maggiordomo Gentiloni
23 Febbraio 2018
Il prestigio internazionale di Gentiloni è del tipo di quello che Jeeves aveva presso Bertram Wooster. “L’ipotesi di un nuovo incarico ha chance solo se il Pd andrà bene alle urne e se davvero conquisterà la posizione di primo gruppo parlamentare. In quel caso potrà chiedere la casella per Palazzo Chigi in uno schema di larghe intese e Gentiloni è uno dei nomi più spendibili”. Lina Palmerini, da quella ottima notista politica che è, registra sul Sole 24 ore del 22 febbraio le manovre in atto nei palazzi del declinante potere romano, poco interessati al voto degli italiani e già impegnati sul come manipolarlo. Però sulla spendibilità del nome Gentiloni ho sentito diversi argomenti strampalati, e tra i più ridicoli c’è quello sul suo prestigio internazionale. Che il nostro presidente del Consiglio sia una persona cortese e quindi brilli in contrasto con quel teppista di Matteo Renzi, è vero. Però la stima globale verso il nostro attuale premier è come il plauso che il giovane nobile evanescente, inventato da P.G. Whodehouse, Bertie Wooster, riservava al suo maggiordomo Jeeves. Paolo Gentiloni si fa fregare ogni volta che incontra Emmanuel Macron (dalla Libia all’Egitto, dalla Difesa comune europea alla Fincantieri e così via), va a Berlino e Angela Merkel gli chiede di tornare una settimana dopo perché è impegnata, riceve Recep Tayyip Erdogan con tutti gli onori e quest’ultimo sequestra una nave dell’Eni (nel sostanziale silenzio dell’Unione europea con Federica Mogherini naturalmente in testa), gli bocciano Pier Carlo Padoan come presidente dell’Ecofin, la Whirpool ci tratta come dei poveracci senza peso politico, i franco-tedeschi ci imbrogliano sull’Ema per favorire i ben più importanti olandesi, nominano uno spagnolo vice della Bce senza dirci niente per preparare l’arrivo di un tedesco al posto di Mario Draghi, infine un ebbro Jean-Claude Juncker si permette di impazzare sulla nostra Borsa senza curarsi della nostra economia. Certo il plauso c’è: per il fatto che sia perfetti maggiordomi (lacché si diceva un tempo) di qualsiasi influenza e potere internazionale. Peraltro, chi si accontenta, gode.
La Bossi-Fini diventa Bossi-Fini-Macron. “Si introduce anche un vero e proprio reato di «superamento illegale della frontiera»: un anno di carcere e 3750 euro di multa per chi, ad esempio, attraversa illegalmente le Alpi tra Italia e Francia e non in corrispondenza di un posto di frontiera” scrive Leonardo Martinelli su La Stampa del 22 febbraio. Insomma la famigerata Bossi-Fini sugli immigrati (poi rinnegata dal noto immobiliarista operante in quel di Montecarloe la legge si era trasformata in una Bossi-ex Fini) ora è diventata una Bossi-Fini-Macron.
Marea nera, date retta a chi ha i mezzi culturali per leggere la storia.“In Italia non esiste alcun pericolo fascista. Non c’è alcuna ‘marea nera’ che sale” scrive Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera del 10 febbraio. Ogni tanto Galli della Loggia perde la trebisonda, però sulle questioni di fondo puoi contare sulla sua solida cultura storica. Non è mica un Delrio, conosce bene origini e dinamiche strutturali del fascismo, tra l’altro ineludibilmente intrecciate alla Guerra civile europea, e sa che sono cosa distinta da alcuni idioti agitati (talvolta criminalmente pericolosi), da qualche folle assassino e da certe bieche pulsioni razziste
Di che squadra si parla, quando si parla di Pd? “Siamo una squadra” dice Matteo Orfini a Giovanna Casadio sulla Repubblica del 19 febbraio. Di Benevento?