Il problema è come il governo gestirà eventuali (neanche troppo) “ondate di dissenso”

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Il problema è come il governo gestirà eventuali (neanche troppo) “ondate di dissenso”

16 Dicembre 2011

È purtroppo possibile che quel che è avvenuto al Senato, con le vivaci proteste della Lega alla rendicontazione del vertice europeo fatta da Monti, sia soltanto un’avvisaglia di ciò che potrebbe succedere anche nelle piazze, o almeno nelle piazze nelle quali la Lega può portare i suoi sostenitori.

Quel che si è deciso nel vertice dell’Immacolata è per molti versi avvolto nel mistero, ma già quel che si è capito non suscita entusiasmi; neanche da parte dei mercati. Se quel processo di riforma dell’Ue dovesse andare avanti, ciò che si può prevedere è che imporrà a tutti gli stati aderenti regole vincolanti che non saranno più oggetto di modifiche da parte dei parlamenti nazionali.

Non poche forze politiche vedono in ciò una via d’uscita, non si sa quanto onorevole, alla loro capacità di riformare, come richiesto dalle circostanze, assetti istituzionali, sistema produttivo, finanziario e pensionistico. E che tale spinta esterna sia per molti versi necessaria lo si può vedere anche dalle difficoltà che il governo Monti incontra nel varare sia pur limitati provvedimenti di liberalizzazione in settori che hanno una forte incidenza sul costo dei servizi.

Il fatto che tali liberalizzazioni siano fatte slittare al 2012 è indice sia delle difficoltà oggettive a riformare un sistema immobile da decenni, sia dell’opposizione sempre più decisa dei settori interessati, sia, infine, del fatto che, nel confronto con la realtà parlamentare e con le sue dinamiche, anche le migliori intenzioni son destinate a stemperarsi in aggiustamenti coi partiti e con le categorie.

Dire che il Governo sembra essersi ‘impallato’ è eccessivo. Ma il pericolo non è tanto questo, quanto che esso si trasformi nella cinghia di trasmissione di decisioni prese altrove e che possono anche essere, come è successo più di una volta nel recente passato (si pensi soltanto a quel che hanno comportato per il finanziamento delle nostre imprese le nuove norme sulla capitalizzazione delle banche), lesive dei nostri interessi nazionali.

Il problema, pertanto, non è rappresentato tanto dalla domanda se questo Governo possa prendere decisioni, o sottoscrivere accordi, sul nostro futuro europeo senza un preventivo dibattito parlamentare, quanto dall’eventualità che esso possa trovarsi nella delicata e difficile situazione di dover gestire una risposta, in termini di ordine pubblico, ad eventuali proteste e reazioni di piazza a decisioni prese altrove. E, con una manovra dagli evidenti effetti recessivi, non si tratta di un’eventualità soltanto astratta.