
Il pugno duro dell’Iran contro la BBC

26 Ottobre 2017
Pedinamenti, interrogatori, falsi documenti. Nella storia che arriva in questi giorni da Teheran c’è tutto quello che in genere ci si aspetta da un romanzo in perfetto stile “spy story”. Purtroppo, però, il racconto non è di fantasia. Un delicatissimo fascicolo sull’Iran, denso di prove, documenti e testimonianze, è al vaglio degli alti funzionari delle Nazioni Unite che devono adesso capire quanto di vero c’è nella denuncia della BBC che lamenta ai danni dei suoi dipendenti a Teheran una sistematica campagna di molestie e intimidazioni delle autorità persiane.
Sembra che siano oltre 150, tra giornalisti, collaboratori e addetti di vario profilo, gli impiegati dell’emittente inglese in Iran ad essere stati fermati dalla polizia per dare spiegazioni su tipo di lavoro svolto, incontri, spostamenti, contatti. Questo genere di interrogatori, dicono, ha coinvolto anche gli amici e le famiglie dei dipendenti, bambini compresi. Qualcuno ha dovuto anche difendersi dalle accuse di comportamenti fuorilegge in quel Paese, come le relazioni omosessuali, basate su prove false, costruite ad hoc per il malcapitato.
Per tutti, l’accusa (implicita) è di cospirazione contro la sicurezza della nazione. Ma che significa? Che per gli iraniani la BBC è un’agenzia di spionaggio, piuttosto che un’emittente, seppure straniera, d’informazione? Se così fosse, ogni Paese sarebbe legittimato a pensar male di ogni inviato estero: dovremmo forse noi, in Occidente, pensare che siano spie, per esempio, i giornalisti di Al Jazeera?
L’attenzione che il governo iraniano riserva all’”osservato speciale” BBC potrebbe poggiare su ben altre ragioni, più propriamente politiche, piuttosto che “di sicurezza”. Colpisce in tal senso che ai dipendenti della tv inglese, così come raccontano, vengano posti dei limiti anche nell’acquisto delle proprietà, di una casa come di una macchina. Succede la stessa cosa con i tedeschi, i francesi, gli americani?
