Il rafforzamento di Sogin non gioverà al mercato dell’energia nucleare

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Il rafforzamento di Sogin non gioverà al mercato dell’energia nucleare

07 Giugno 2010

Con la manovra 2010 si chiude il commissariamento della Sogin e si prevede una nuova nomina dei vertici della società che gestisce dal 1999 le attività di smantellamento delle centrali nucleari attive prima del referendum del 1987. 

Vengono, infatti, abrogate le disposizioni contenute nella legge energia (l. 99/09) che, oltre alla nomina dei commissari, intervenuta poi il 16 agosto 2009 con la designazione di Francesco Mazzucca e Giuseppe Nucci a commissario e vice-commissario, prevedevano la ridefizione dei compiti della Sogin e il conferimento di beni o rami di azienda della società Sogin Spa ad una o più società, partecipate dallo Stato in misura non inferiore al 20 per cento, operanti nel settore energetico.

Sotto quest’ultimo profilo, da segnalare le trattative protrattesi nei mesi con Finmeccanica e Ansaldo Energia per il trasferimento di pezzi della società responsabile del decomissioning che avrebbe dato piena attuazione alla legge.

L’operazione che si voleva mettere in atto l’estate scorsa era tesa alla creazione di un polo ingegneristico più aperto al capitale e all’iniziativa dei privati e avrebbe riportato la Sogin ad essere un soggetto pubblico competente a svolgere con un know how specialistico le sole attività di smantellamento delle centrali e gestione delle scorie.

V’è da sottolineare, tuttavia, che la cessione di rami d’azienda da parte della società rimane nelle facoltà dell’azionista unico di Sogin, il Ministero dell’economia e delle finanze.

Durante il commissariamento di Sogin è intervenuto anche il decreto legislativo 31/10 che ha rafforzato il ruolo della società pubblica nell’ambito della nuova politica nucleare. Il quadro normativo disegnato in questi mesi ne fa quasi un braccio politico e operativo del governo dell’energia nucleare. La Sogin, infatti, avrà un importante compito di comunicazione istituzionale nell’allestimento di campagne di informazione sul nucleare alle popolazioni interessate. Da un punto di vista operativo, sono poi ad essa attribuite nuove competenze in materia di gestione dei rifiuti radioattivi e di decomissioning.

Infatti, il decreto prevede che sia Sogin a realizzare il Parco Tecnologico e il Deposito Nazionale per lo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi. Questi saranno conferiti dagli operatori interessati, tenuti a versare le tariffe decise con decreto del Ministero dello sviluppo economico.

Saranno inoltre affidate alla società pubblica anche le attività di decomissioning dei nuovi impianti. Alla disattivazione e alle altre operazioni di smantellamento fino al rilascio del sito nucleare per altri usi attenderà, recita la legge, la Sogin. Il punto è che i relativi costi, coperti da un apposito fondo cui contribuiscono i produttori e, ove necessario, da ulteriori esborsi da parte del singolo titolare dell’impianto a fine vita, saranno stimati dalla stessa Sogin. La valutazione effettuata dalla società pubblica potrà al massimo essere oggetto di un contraddittorio con l’operatore e, su richiesta, di un parere di congruità di un organismo terzo. Di fatto, agli operatori impegnati oggi a valutare le opportunità che si creano con l’apertura del capitolo nucleare non è dato conoscere ancora un elemento essenziale, ossia i costi che dovranno sostenere per la gestione dei rifiuti e, soprattutto, per il decomissioning.

Di sicuro, la Sogin, che l’anno scorso sembrava destinata a dismettere alcune sue attività più decentrate dalla sua missione principale, pare ora scorgere nel suo futuro un incremento sostanziale del suo business e del suo fatturato.

Nel 2008 si registravano utili per 11,4 milioni di euro, in gran parte derivanti dalla componente A2 delle tariffe elettriche che tutti noi paghiamo. Le prossime entrate rappresenteranno voci di spesa (ancora da definire nel quantum) per gli investitori del settore.

Il problema di fondo resta aperto: anche alla luce dei compiti cui dovrà far fronte in futuro, è proprio il caso di far marcia indietro e conservare presso la Sogin tutte le attività (di ricerca e sviluppo, oltre che di decomissioning e gestione dei rifiuti) che oggi svolge?

E ancora, non si corre il rischio di rendere meno appetibile il mercato dell’energia nucleare se si consolida ed incrementa un monopolio pubblico dai costi non stimabili? Le attività di disattivazione potrebbero essere svolte anche dal titolare dell’impianto a spese proprie, se in possesso delle capacità tecniche adeguate, o da altri soggetti in regime di concorrenza. La riserva legale delle attività di disattivazione rischia di creare un anello debole nel ciclo di vita dell’impianto, un momento di inefficienza che rende meno competitivo l’intero settore.

Per questo, se proprio monopolio pubblico dev’essere, è da augurarsi che sia quanto più circoscritto possibile e che le attività che possono essere meglio o egualmente svolte da privati non siano soggette a riserva legale o gestite dalla società ad intero capitale pubblico.