Il ricamo di San Vigilio, capolavoro d’arte del Trecento, è tornato a Trento
18 Dicembre 2010
di Carlo Zasio
Il Museo Diocesano Tridentino celebra quest’anno un Natale molto particolare, allietato dal ritorno di un ricamo basso medievale realizzato intorno al 1390 presso un laboratorio boemo su commissione di Giorgio di Lichtenstein in occasione della sua nomina a principe vescovo di Trento.
L’opera, che rappresenta l’inumazione di San Vigilio – terzo vescovo della città, martirizzato nel 405 in Val Rendana dove cadde sotto i colpi di bastone e di zoccolo infertigli dalla popolazione pagana locale per aver distrutto e gettato nel fiume Sarca una statua di Saturno – e la trasmissione degli Atti da parte del papa all’imperatore Teodosio fa parte di una serie di cinque bruste di dalmatica con episodi della vita del santo patrono che abbellivano il magnificente parato liturgico indossato dal Lichtenstein all’atto dell’insediamento. Questi ricami, dal principio del Novecento in deposito presso il museo diocesano, furono temporaneamente collocati nella sacrestia della Cattedrale di San Vigilio dopo la chiusura della prima sede museale ubicata nel seminario teologico.
Tra il 1939 e il 1944, nei torbidi della guerra, si perse ogni traccia del ricamo raffigurante le esequie di Vigilio e la consegna degli Atti. L’opera riapparve nel 1946, quando fu venduta da un mercante d’arte di New York al Museum of Fine Arts di Boston, dove è stato esposto fino a poco tempo fa e da dove oggi fa rientro in patria grazie a un accordo raggiunto tra le due istituzioni museali con l’ausilio del comitato per il recupero del patrimonio artistico del Ministero dei beni culturali.
Ancora una volta, grazie al paziente lavorio diplomatico e alla volontà collaborativa di una delle maggiori realtà museali statunitensi, è stato possibile rientrare in possesso di un bene fuoriuscito illegalmente dai confini nazionali. Si tratta di un tassello forse minore ma non per questo meno significativo di un’ormai collaudata relazione speciale con i musei Usa, pronti, dopo decenni di conflitti e attriti, a riconoscere la proprietà di opere d’arte di provenienza se non illecita per lo meno incerta.
Una volontà forte, non sempre manifestata da istituzioni museali di altri paesi, anche europei, di fronte a casi analoghi. Brucia ancora, difatti, la rottura delle trattative nell’aprile di quest’anno con la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen per la restituzione del carro sabino frutto di uno scavo clandestino nella necropoli di Colle del Forno a Montelibretti nel 1972. Forse l’ennesima dimostrazione di quanto la cultura liberale e democratica statunitense si riveli più aperta ad accettare le ragioni del diritto di quanto lo sia quella europea.
Carlo Zasio