Il Rinascimento italiano, almeno quello culturale, riparte dalla Cina
15 Luglio 2012
di Carlo Zasio
L’Annunciazione di Filippo Lippi dal Museo civico di Prato, la Venere di Botticelli dalle Gallerie Sabaude di Torino, la Scapigliata di Leonardo dalla Galleria Nazionale di Parma, l’Autoritratto di Raffaello dagli Uffizi di Firenze sono alcuni dei capolavori che, insieme a decine di tavole, tele, sculture e disegni, parleranno del nostro Rinascimento a centinaia di migliaia di cinesi nelle sale dello Spazio Italia allestito nel nuovo museo nazionale della Repubblica Popolare cinese in Piazza Tien An Men a Pechino.
Inaugurata lo scorso 6 luglio dal ministro per i beni culturali Lorenzo Ornaghi e frutto di un accordo fortemente voluto dal Direttore Generale per la Valorizzazione del MiBAC Mario Resca, la mostra è la prima di una serie di cinque esposizioni di durata annuale che verranno ospitate nella capitale cinese. Obiettivo, avvicinare al nostro patrimonio culturale il ceto medio cinese, milioni di persone che hanno cominciato a viaggiare in Europa per turismo ma che per ora toccano il nostro Paese solo marginalmente a vantaggio di Francia, Spagna e Germania.
Scopo non secondario è poi stabilire attraverso gli strumenti della diplomazia culturale un solido legame con Pechino, foriero di maggiori aperture su un mercato finora chiuso nonostante l’adesione al WTO nell’ormai lontano 2001. Se le merci cinesi – dall’alimentare alla tecnologia – sono ormai ben presenti nel nostro mercato, altrettanto non si può dire del made in Italy in Cina. Pretestuose barriere sanitarie impediscono la commercializzazione di prodotti alimentari di eccellenza così come di quelli di largo consumo, al punto che molti imprenditori pur di non cedere su questo mercato hanno aperto propri stabilimenti produttivi. Il tessile e il calzaturiero incontrano notevoli difficoltà in un contesto poco trasparente, così come il mobile e l’arredo che soffre tra l’altro di una concorrenza sleale con intere linee produttive contraffatte e commercializzate in territorio statunitense.
I prossimi appuntamenti, a cominciare dalla mostra su Roma e il barocco che sostituirà in aprile quella sul Rinascimento, dovrebbero pertanto diventare degli strumenti per cominciare a scalfire la Grande Muraglia. Ciò potrà avvenire solo se al ministro per i beni culturali si affiancheranno quello dello sviluppo economico e le imprese, presentando agli interlocutori cinesi l’intero sistema Paese. Certo, saremo sotto elezioni. Ma almeno su questo ci si augura possa esserci continuità e unità d’intenti.