Il solito gioco di D’Alema

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Il solito gioco di D’Alema

12 Novembre 2010

A D’Alema piacerebbe poter essere ancora l’uomo in grado di marcare stretto Berlusconi. Era così più di dieci anni fa. Quando dalla presidenza della bicamerale la Merchant-bank dalemiana approdò a Palazzo Chigi. Dopo quel ribaltone però alle elezioni vinse Berlusconi e a D’Alema toccò rassegnarsi al ruolo di mediano laterale a sostegno degli Amato, Rutelli, Prodi, Veltroni, Bersani, a suo modo perfino Vendola e forse Montezemolo.

Ora il deputato di Gallipoli, presumendosi abilitato a diramare “inviti a comparire” al presidente del consiglio, pretenderebbe che Berlusconi fosse chiamato a render conto al Copasir di chi, come, quando usi accedere alle sue residenze e più in generale alla sua dimensione privata. Esistono, insinua D’Alema, problemi di sicurezza nazionale legati alla sicurezza personale del premier, affidata a quel servizio segreto civile, dei cui responsabili lo stesso D’Alema non ha ancora riconosciuto diritto a pronunciarsi.

Alla dialettica parlamentare fra maggioranza e opposizione, il Copasir avrebbe dovuto restare rigorosamente estraneo, o quanto meno sentirsi “terzo”. Del resto, questa è la vera ed unica ragione per cui è opportuno lo presieda un esponente dell’opposizione.

Sennonché D’Alema è davvero incapace di “terzietà”. Audizioni con ministri, o comunque alti dirigenti dei servizi pur contemplate dall’articolo 31 della legge 124, non gli interessano. Gli preme cercare adeguata visibilità antiberlusconiana e, quindi, incardinare le questioni di sicurezza nazionale entro adeguati livelli di volgarità e garantire così alle istituzioni di far incursione nelle vite private degli avversari politici. Aveva ragione mesi addietro Pannella. Il meno adatto a presiedere un organismo come il Copasir era proprio massimo D’Alema ed era scritto che la sua presidenza tracimasse fino a rivendicare potestà di indirizzo in tema di sicurezza del presidente del Consiglio. Il che la legge istitutiva non prevede. Un tempo D’Alema usava parlar da comunista; oggi il suo linguaggio è quello fascista, o peggio dipietrista, del mediocre centrocampista di procura, col finiano onorevole Briguglio a fargli da “utile idiota” (per ricorrere ad una espressione leninista).

D’Alema riesce dai vertici del Copasir a far politica con l’abituale spregiudicatezza. Oggi l’obiettivo è un esecutivo cosiddetto tecnico presieduto da chi sa chi, ieri fu il governo D’Alema. La sprezzante ostilità alla democrazia parlamentare è ancora giovane; cambiano però le stagioni e del cinismo togliattiano tocca moderare le ambizioni. Sullo sfondo resta un interrogativo: a un ex presidente del Consiglio diventato presidente del Copasir i presidenti delle Camere esitano a chiedere meno disinvoltura e soprattutto meno giacobinismo. Possono farlo con la massima discrezione, ma certo non hanno diritto a esimersene.

A D’Alema è stato sinora consentito di servirsi dell’”utile idiota” finiano. Ma così si è finito con lasciar esposta e scoperta proprio la figura del presidente della Camera. Ed in questo consiste la deplorevole  irresponsabilità dell’onorevole Briguglio. Le istituzioni sono anche passioni. Ma degradarle ai giochetti di un antiberlusconismo di comodo è sempre inutile.

(Tratto da Il Tempo)