Il Sud non può più essere tollerante con se stesso
18 Luglio 2011
È stato il Sud l’argomento intorno al quale ha ruotato il secondo incontro organizzato dalla Fondazione Magna Carta al Melograno. Lino Patruno, autore del libro Fuoco del Sud, e il direttore del Corriere del Mezzogiorno Marco Demarco, autore di Terronismo, hanno presentato le loro diverse tesi sul Mezzogiorno in fermento, territorio complesso che corre con diverse velocità. Una parte integrante dell’Europa che – a detta di entrambi gli autori – non può più adagiarsi sulla retorica Borbonica né far suoi gli stereotipi che hanno dipinto i meridionali incapaci di pianificare, organizzare e fare economia.
“Il localismo che alloca a Sud – secondo Demarco – è un localismo esagerato, per molti aspetti simile al localismo nordista: alcune nostalgie leghiste, infatti, corrispondono a quelle sudiste.” Il continuo richiamarsi a piccole realtà territoriali proietta l’intero Paese in una dimensione che non è più la sua e “si preferisce un’Italia preunitaria, divisa, ma si continuerà a litigare in un’Italia moderna e unita”, anche se le forme di orgoglio territoriale non sono affatto un male, almeno fino a quando l’orgoglio d’appartenenza non “diventa ideologia”.
La battaglia fra i due autori è tutta sulle cause di quella secessione economica che, secondo Patruno, “è realtà perché il divario fra Nord e Sud è altissimo”. Lo storico direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, infatti, sostiene nel suo saggio, Fuoco del Sud, che “il Mezzogiorno sia stato lasciato alla deriva”; Demarco, invece, trova le colpe tutte nei meridionali che sono stati incapaci di assumersi “le proprie responsabilità”.
“Il Sud non vuole richiudersi in se stesso – sostiene Patruno con il fervore di un politico – ma vuole sfondare; sono stati gli errori commessi all’indomani dell’unità d’Italia a causare questa forma di dualismo tutta italiana, errori che oggi pesano ancora”.
Far propria quella parte della retorica meridionalista e neoborbonica che individua nell’unità d’Italia la morte politica ed economica del Sud, tuttavia, può essere fuorviante: gli errori commessi durante la gestione dello stato unitario, certo, si sarebbero potuti evitare, ma l’unità del Paese – come anche ha affermato Patruno – era necessaria perché nord e sud d’Italia, seppur con velocità diverse, hanno viaggiato insieme per 150 anni. Il Mezzogiorno, infatti, è cresciuto negli anni più di altri Paesi mediterranei e se non è stato al passo del nord è stato perché l’Italia continentale è cresciuta più in linea con gli elevati standard europei. Non potendone fare una colpa, possiamo solo confidare che i meridionali facciano proprio il monito di Demarco: “non possiamo più essere tolleranti con noi stessi”.