Il vaccino al crocevia tra libertà e necessità (di C. Togna)
24 Luglio 2021
Le vaccinazioni rappresentano l’unica modalità, ad oggi verificata dalla scienza, per contrastare efficacemente la pandemia da coronavirus nelle sue implicazioni sanitarie e, conseguentemente in forma anche più virulenta, economiche. Da tale semplice affermazione data come premessa scientificamente dimostrata discenderebbe, a rigore logico, la necessità della vaccinazione. Ma tale rigore logico risulta impedito nella sua operatività dall’obiezione, che in realtà rappresenta un paralogismo, secondo la quale l’obbligo vaccinale costituirebbe un limite alla libertà individuale del soggetto. E tale paralogismo, pericoloso nelle sue conseguenze sanitarie ed economiche, merita qualche riflessione.
Già Schopenhauer trattò delle aporie sul libero arbitrio in una memoria sulla libertà del volere (Uber die Freiheit des menschlichen Willens); come ben evidenziato da Zellini la ricerca di uno stato di autentica libertà da cui possano scaturire le nostre evoluzioni, nel pensiero di Schopenahauer, provocherebbe un regresso all’infinito senza soluzione. L’uomo può fare ciò che vuole, ma la domanda “l’uomo può volere ciò che vuole?” provoca, se la risposta è affermativa, una ulteriore questione del tipo “l’uomo può anche volere ciò che vuol volere?” e via di seguito.
Un’indagine sulla libertà del volere richiede quindi che la volontà diventi oggetto di se stessa innescando il meccanismo senza rimedio di un percorso inesauribile di una infinità potenziale. Se si riuscisse per assurdo a raggiungere un termine finale di questo percorso, esso indicherebbe il vero stato di libertà come indifferenza assoluta, come assenza di una qualsiasi ragion sufficiente determinante; e questo stato di libertà (liberum arbitrium indifferentiae) coinciderebbe con una totale contingenza e cioè con una realtà privata della sua caratteristica di necessità e di unicità irripetibile.
Sempre in Schopenhauer la prima fase dell’atto di volizione, quello stadio cioè in cui la volontà è come in divenire e non sia ancora tramutata in risoluzione, è lo stato di “desiderio”. Il desiderio ammette che si possano desiderare cose opposte contemporaneamente ma è possibile “volerne” una sola. Quando si desiderano due oggetti simultaneamente già si configura uno stato psicologico in cui la dualità esiste come fatto potenzialmente paralizzante.
Ciò che i “renitenti al vaccino” più o meno consapevoli, più o meno in buona fede, chiamano volizione, è in realtà il desiderio contrapposto di scansare il contagio senza l’onere di sottoporsi al vaccino quale strumento di difesa dal contagio. Questa dualità di desiderio che invade la sfera della decisione e della risoluzione finale provoca un reale stato di irrisolvibile indecisione dell’uomo assurdamente libero di fronte a due scelte antitetiche.
Ne discende dunque che la libertà non esiste? O si tratta invece di investigarla sotto il profilo della cosiddetta “libertà necessitata”? Necessità che si pone quale “limite” in linea con il pensiero di Wittgenstein (Tractatus) che vede nell’autonomia della volontà del soggetto le caratteristiche di un limite. Anche Simone Weil avrebbe ripetuto “la libertà è un limite” (Lezioni e conversazioni).
Si tratta, secondo la lezione di Zillini, di individuare quel punto limite ove necessità e libertà finiscono sia per coincidere nell’essenza stessa del soggetto sia nell’individuare un punto di raccordo, di relazione armonica, tra i poli del dilemma: in termini di libertà necessità esso riproduce la funzione di ciò che Gioberti chiamava “metessi” cioè partecipazione, relazione, essendo proprio i termini mediani a creare le condizioni imprescindibili della stessa esistenza (id est dello stesso contratto sociale).
L’evidenza di una dimostrazione di tale raccordo di premessa e conclusione, di libera posizione dell’ipotesi (il vaccino come presidio alla pandemia) e necessità rigorosa di deduzione della tesi (il vaccino come necessità), appare quindi come il segno di un possibile raccordo tra il fenomenico ed il soggettivo, tra il determinismo del mondo e l’autonomia dello spirito sub specie libertatis.
Anche Kant vide una conciliazione tra necessità e libertà nell’incontro tra l’azione forzatamente empirica ed il carattere trascendentale del soggetto. L’uomo è intrinsecamente libero poiché in definitiva “la porta non è mai stata chiusa” come si legge nell’Apocalisse. Ma con l’evidenza, come sostiene Gonseth, del punto in cui lo spirito lega la sua libertà al determinismo delle cose. Con il che la necessità, quale limite, esalta e non annulla la libertà di volere. Purché non si utilizzino i paralogismi modali introdotti dalle frasi “è possibile che…” che conducono ad ambiguità e contraddizioni ove utilizzati come contesti “referenzialmente opachi”. Opachi nel senso di Quine.
L’istanza vaccinale quindi non ha nulla a che vedere con la libertà in senso “trascendentale” ma con la libertà “mediata” dal contingente e quindi come scelta “necessitata” dal limite costituito dal principio che impone di non arrecare con la propria condotta danno agli altri.