Il voto risponderebbe solo a tornaconti elettorali e all’Italia questo non serve

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Il voto risponderebbe solo a tornaconti elettorali e all’Italia questo non serve

11 Novembre 2011

Prima di rispondere alla dilemmatica domanda “governo tecnico o elezioni?”, non andrebbe anteposta tanto la premessa “quale delle due soluzioni gode di maggiore legittimità democratica nei confronti del popolo?”, bensì “quale delle due soluzioni garantirebbe, almeno teoricamente, un beneficio per il sistema Italia?”. La prima osservazione è certamente comprensibile; sarebbe altrettanto condivisibile in una situazione economica e istituzionale diversa da quella attuale. L’Europa esige risposte e, volenti o nolenti, anche se questa non è l’Europa auspicata dai Padri Fondatori, bensì assomiglia più a un direttorio a due – un vero e proprio G2 Merkel-Sarkozy – l’Italia queste risposte deve fornirle. E non tra 2-3 mesi, ma subito. Lo “studente Italia” ha già perso troppo tempo per prepararsi in vista dell’esame, e sessioni d’appello straordinarie non se ne vedono all’orizzonte.

Per quanto riguarda, invece, l’aspetto istituzionale, la nomina di un governo tecnico che riceva la fiducia dal Parlamento – vero fulcro della rappresentanza democratica – è previsto dalla Costituzione (artt. 92-94). Stante questa disposizione, anche un esecutivo di natura tecnica ha legittimità democratica. Che poi sia arrivata ormai da tempo l’ora di avere un governo legittimato direttamente dall’esito delle urne, e che soprattutto duri in carica per l’intero mandato, non c’è dubbio. È un modello già previsto per Comuni, Province e Regioni, applicarlo anche al governo centrale completerebbe il quadro. Ma, come detto, sic stantibus rebus anche un esecutivo tecnico è legittimato dalla Carta suprema della nostra Repubblica.

Sciolta la prima premessa, la questione su quale opzione sia la migliore – rectius il male minore – per l’Italia è quella su cui ogni discussione degna di fondamento dovrebbe esercitarsi. Siamo sicuri che, in nome del Popolo italiano, sia più vantaggioso riprendere in mano la tessera elettorale e, armati di belle speranze, recarsi di nuovo alle urne? Con l’attuale, esecrabile legge elettorale? E che governo verrebbe fuori? Uno davvero in grado di far fronte alla Mission (speriamo non) Impossible di far ripartire la crescita in Italia? Personalmente ne diffido. Le logiche di tornaconto elettorale prevarrebbero, gli attuali giochi di forza interni a centro-destra e centro-sinistra sarebbero perlopiù immutati e gli Italiani si ritroverebbero con un governo – di qualsiasi colore –ancora incapace di traghettare il Paese verso altri lidi. Oltretutto, uscito di scena Silvio Berlusconi, non è detto – anzi è altamente improbabile – che le contrapposizioni tra i due schieramenti cambino magicamente argomento di disputa: in sostanza, ci ritroveremmo nella medesima situazione di “legge sulle intercettazioni sì/legge sulle intercettazioni no”, “la separazione delle carriere tra pm e giudici è necessaria/no, è deleteria” e così via.

Quindi, governo tecnico come il migliore dei mondi possibili? No di certo. Ma se in politica si dovesse propendere per la soluzione ottimale, piuttosto che per quella “meno peggio”, non si prenderebbe mai una decisione. Tutte le obiezioni nei confronti di un probabile esecutivo a guida Monti – che a brevissimo giro di posta potrebbe diventare realtà – sono più che legittime: no a un governo che risponderebbe solo alle logiche finanziarie europee, a discapito della volontà dei cittadini italiani; no a un esecutivo di facciata, dietro cui agirebbero pressoché indisturbati i “poteri forti” internazionali; no a una scelta che, più che fare gli interessi dell’Italia, servirebbe a far dormire sonni più tranquilli a Parigi e Francoforte (sia all’interno della Borsa che nel palazzo della Bce). Ma il tempo per fronteggiare questi “poteri forti” chi di dovere l’ha avuto – nel ’94 Baresi e Donadoni ancora giocavano in Nazionale – e il fatto di non esserci riuscito – tanto per manifesta superiorità di tali poteri quanto per reale incapacità di farlo – è da considerarsi come una sconfitta, aggravata dal fatto che di successi concreti ne sono stati portati a casa pochi.

Caduto il governo Berlusconi IV, quindi, quale altro esecutivo potrebbe stavolta arricchire la propria bacheca delle riforme realizzate? Una nuova coalizione di centro-destra non potrebbe per forza di cose costituire una novità rispetto a chi l’ha preceduta; inoltre, chi glielo fa fare ad Alfano di bruciarsi politicamente alla “tenera” età di 41 anni? Anche sull’altro fronte il cielo non è sgombro da nuvole: governo Pd-Idv-Sel? No, è meglio Pd e Terzo Polo! Anzi, ancora meglio: tutti insieme, da Fini a Vendola! Da modesto osservatore, non ritengo auspicabili nessuna delle due soluzioni. In questo preciso momento. Con questa vituperabile legge elettorale, più antidemocratica di quanto possa essere qualsiasi governo tecnico. Di tempo per (ri)organizzarsi ce ne vuole. E poi rifuggo dai discorsi “andasse su il centro-sinistra, tanto dopo due anni cadrebbe!” o “rivincesse il centro-destra, così fallirebbe definitivamente!”. Se il nostro obiettivo è augurarsi il fallimento dell’avversario, vuol dire che dell’Italia ci interessa poco o niente. Sono i partiti che devono agire per il bene del Paese, non il contrario.

“La crescita richiede riforme strutturali – così il Financial Times riporta le parole di Monti da Berlino – che tolgano ogni privilegio alle categorie sociali che ne hanno, cancellando il problema italiano di chi protegge la propria circoscrizione elettorale". Sono le stesse dichiarazioni d’intenti espresse in passato da chi aveva appena vinto le elezioni, ma poi inevitabilmente cadute nell’oblio, a causa di tira e molla politichesi che tradivano il mandato riassunto nel programma elettorale. Il governo tecnico non risponderebbe a tali beghe, ma dovrebbe agire e basta. Se poi si dimostrasse incapace di comunicare con i cittadini, al fine di far loro comprendere la necessità di alcune misure, avrà fallito nella sua missione di costituirsi come un’entità di “unità nazionale”. La speranza è che l’appello a una neo-riserva dello Stato come il fresco Senatore a vita Mario Monti garantisca in primo luogo il rispetto degli Italiani e delle loro tasche, e permetta di concentrarsi su liberalizzazioni, tagli dei privilegi a tutte, tutte le “caste” che albergano nello Stivale ed eliminazione della spesa improduttiva (le ultime due cose spesso fanno rima).

E poi – ma è solo una battuta – ritrovarsi Lega e Idv insieme all’opposizione sarebbe un fatto così incredibile che sarebbe un peccato perderselo!