Il web in politica può cambiare tutto ma non il diritto alla privacy
29 Giugno 2011
“Internet” e la rivoluzione elettronica hanno annullato le distanze spazio-tempo in tutto il pianeta. Il Web 2.0, la “forma” che internet ha acquisito in seguito all’esplosione della bolla comunicativa precedente, ha compiuto un ulteriore passo in avanti. Ha dato la possibilità agli utenti di tutto il mondo non solo di informarsi ma di essere partecipi di mutamenti e processi collettivi. La logica della partecipazione e l’estensione di reti onnicomprensive di intelligenze e idee, genera un nuovo modo di pensare. Il Web come unica e grande mente, crogiuolo di concetti e approcci diversi alle questioni di rilievo sociale, come a quelle della quotidianità.
Nel 2001, la popolazione delle Filippine esausta del governo corrotto dell’allora presidente Joseph Estrada, convocò di fatto via sms quell’enorme movimento popolare concretizzatosi nei quattro giorni di rivolta poi denominata EDSA 2. Oggi, a dieci anni di distanza, ancora più e significativa è l’adesione a movimenti di rivolta (come quelli in Nord Africa) attraverso social network e blog. Da qualche anno il Web ha acquisito notevole impatto anche nell’agone politico e sociale, ma soprattutto di recente è entrato nelle agende di statisti e funzionari, cambiandole radicalmente e ridefinendole in base a concetti nuovi. La partecipazione popolare, nodo discusso e centrale per l’esistenza stessa di una democrazia, acquisisce contorni nuovi. Contorni meno definiti, meno netti. L’opinione dal basso può essere espressa in ogni istante e da ogni parte del mondo, senza regole e tempi precisi.
I problemi che si pongono, e che non andrebbero ridimensionati, riguardano le minacce alla privacy e il controllo dei contenuti, la pubblicità coatta, il prezzo più caro di questa partecipazione ai flussi di conoscenza e al dibattito collettivo, essenziale alla politica stessa. L’etica e i diritti umani vengono riscoperti in rete tramite la conoscenza di altre persone. L’esigenza di confronto e attivismo travalica il confine dell’espressione tradizionale e concede a tutti la possibilità fisica di “farsi sentire”. La partecipazione pubblica e il senso di una ritrovata identità nazionale, spesso ritenuti dimenticati, rinascono in forme nuove e cangianti.
L’elemento di maggior rilievo non è però rappresentato dalla vastita del consenso ricevuto (comunque enorme), nè la giovane età dei followers di determinati movimenti rivoluzionari, con un’ampia fetta di giovani, la Net Generation. Si trova invece nella rapidità e nella chiarezza di pensiero che le ICT consentono di mantenere persino in paesi sotto stretti vincoli di sorveglianza di tipo dittatoriale. E’ il cambiamento di impostazione culturale, il confronto, la possibilità di mettere in moto le idee e condividerle. Di diffondere una cultura e un senso della nazione diversi da quelli imposti dall’alto, da forme di governo coercitive e vincolanti. Il rischio concreto è che nella foga collettiva, non si riconosca un leader. Il decentramento totale del web potrebbe lasciarlo senza voci di riferimento, un fenomeno che colpisce anche la letteratura internettiana, sempre più affidata a nomi collettivi e senza volto. Spesso le più rumorose. Spesso delle minoranze. E spesso quelle meno rilevanti. Pregi e difetti di quella che nasce come rete informatica, ma che oggi è ragion d’essere di vaste reti umane, di persone ed individui in carne ed ossa.