Ilva come Alitalia, unica certezza sono solo gli esuberi
14 Ottobre 2017
di Carlo Mascio
Per un po’ era sparito dai radar politico-mediatici nazionali. Ma ora, dopo le proteste degli operai, governo e giornaloni non possono più fare finta di niente. Stiamo parlando dell’eterno caso dell’Ilva, tornato alla ribalta per le stesse ragioni che avevamo già annunciato qualche tempo fa e che in questi giorni sono diventate più ufficiali: la proposta di piano industriale presentata dalla cordata vincente di AM InvestCo prevede 4mila esuberi (di cui 3000 solo a Taranto). Non solo. A quanto pare, i restanti lavoratori verranno riassunti con il Jobs Act azzerando le attuali condizioni contrattuali e di inquadramento. Questo significa che la mancata continuità contrattuale tra vecchia e nuova gestione comporterà la perdita delle anzianità guadagnate sul campo. Un programma niente male, non c’è dubbio.
E pensare che Renzi aveva più volte confermato di voler ridare “speranza” a tutto l’indotto. “Rilanceremo Taranto salvando l’Ilva”, così l’ex premier salutava il primo decreto del 2015 contenente gli interventi (e i finanziamenti) per il salvataggio dell’Ilva. Prospettiva ribadita, guarda caso, alla vigilia del referendum costituzionale: “Noi pensiamo che Ilva deve avere un futuro se risanata anche dal punto di vista dell’impatto ambientale”. Tuttavia, se questi sono i risultati, è evidente che le cose non sono andate proprio così (e infatti per ora dichiarazioni sul tema da parte del segretario Dem non se ne vedono).
Anzi, è la chiara dimostrazione che ancora una volta che il Sud resta il “grande dimenticato” della politica renziana. Il caso dell’Ilva di Taranto, infatti, mostra innanzitutto che non si è stati in grado di dare una prospettiva di lungo periodo all’azienda. Con ogni probabilità, Renzi prima e Gentiloni poi hanno preferito mettere le classiche toppe a destra e a manca, magari utilizzando altro denaro pubblico, pur di poter dire “aiutiamo l’Ilva”. Ma soprattutto, la vicenda mette in luce un altro aspetto: nel mezzogiorno, piuttosto che puntare sulla grande industria – casi come quello di Ilva, più che chiudere i battenti, necessitano di una profonda riconversione – nessuno degli ultimi governi a guida Pd ha preso seriamente in considerazione il varo di un grande piano per dare ossigeno e favorire lo sviluppo delle piccole e medie imprese, prevedendo, ad esempio, benefit e agevolazioni fiscali tanto forti da rilanciare gli investimenti in questa parte del Paese.
E così, ora l’unica certezza che si ha sul tavolo dell’Ilva (come per Alitalia del resto) sono gli esuberi. A questo punto vale poco la scelta del ministro allo sviluppo economico Calenda e del viceministro Bellanova di far saltare il tavolo di confronto con la cordata vincente dicendo che mancano le garanzie sulle condizioni salariali e contrattuali dei lavoratori. Forse bisognava pensarci prima. Ora l’operazione del governo assomiglia tanto al vecchio detto: chiudere la stalla quando i buoi sono fuggiti.