In Bengala i comunisti tifano per Tata contro operai e contadini
22 Gennaio 2008
Scontri tra contadini ostili, attivisti favorevoli e polizia
col bilancio di almeno 40 morti. L’imposizione del coprifuoco in una zona dove
sono state trovate perfino alcune fosse comuni con ossa umane. Dure manifestazioni
con incendio di foto e manifesti pubblicitari al grido di “la Nano è dipinta
col nostro sangue!”. Una versione terzomondista e particolarmente cruenta di
quella sindrome che in inglese è stata ribattezzata Nimby, not in my back yard, “non nel mio cortile”? Un po’ come quel
movimento di resistenza agli inceneritori che ha riempito la Campania di
rifiuti. Oppure una replica in salsa bengalese di quello sviluppo “stalinista”
di mercato alla cinese che, ad esempio, alla Diga delle Tre Gole ha sgomberato
a forza un milione e mezzo di persone dalle loro case?
Da una parte c’è la Tata Nano: la vettura popolare a 1.700
euro creata apposta per rivoluzionare il mercato automobilistico, portando la
motorizzazione ai poveri. Dall’altra i contadini di Singur: un distretto di
20.000 abitanti dove il governo di sinistra dello Stato indiano del Bengala Occidentale
ha deciso di realizzare il parco industriale in cui sarà costruita anche l’auto
da 1.700 euro, espropriando i proprietari con un procedimento che è stato infine
riconosciuto valido dall’Alta Corte dello Stato, ma ha provocato l’ira
popolare. A soffiare sul fuoco è un’improbabile coalizione che va dall’estrema
destra induista all’estrema sinistra dei Naxaliti, gli omologhi indiani di Sendero Luminoso. Passando per la
scrittrice no global Arundhati Roy, gli ecologisti, la “società civile” e quell’All India Trinamool Congress, che è una
specie di Lega locale. Ma a difendere il progetto con i mezzi anche meno
ortodossi sono i militanti del Partito Comunista Marxista dell’India (Cpmi): la
forza politica del locale Primo Ministro Buddhadeb Bhattacharjee, altrimenti
noto col soprannome di “Buddha Rosso”. E se un boss del partito di nome Benoy
Konar si era limitato a minacciare di accogliere gli intellettuali critici del
progetto con una manifestazione di donne comuniste a “mostrare loro il sedere”,
non sono mancate le accuse di percosse, incendi, stupri e addirittura omicidi.
D’altronde ricambiate, visto che in particolare i guerriglieri Naxaliti sono
famosi per la loro ferocia.
Una storia particolarmente spinosa, tant’è che perfino i due
Nobel dello sviluppo dal basso Amartya Sen e Mohammed Yunus si sono trovati in
imbarazzo, rifugiandosi nel doppio colpo a cerchio e botte: sì ai parchi
industriali; no alla loro realizzazioni a colpi di espropri forzati, con la
preferenza invece per una strategia di negoziato per un acquisto di terre
consensuale. Ma un imbarazzo maggiore è per il partner privilegiato della Fiat Ratan
Tata: ultimo rampollo di una dinastia di sacerdoti zoroastriani convertitisi in
imprenditori che non solo sono stati fin dall’800 all’origine
dell’industrializzazione in India, ma che hanno anche creato il primo istituto
di educazione tecnica e scientifica superiore del Subcontinente e la compagnia
di bandiera indiana. E che hanno finanziato
importanti campagne archeologiche, il Comitato Olimpico Indiano, le
campagne di disobbedienza civile di Gandhi. E i cui dipendenti sono stati i
primi in India a godere di pensione e assicurazione contro gli infortuni. Un
imbarazzo è naturalmente poi per il governo del Bengala Occidentale: lo Stato
dell’Unione Indiana in cui su una superficie grande come l’Irlanda si ammucchiano
oltre 80 milioni di abitanti, che ha per capoluogo Calcutta, e che è che governato
dal 1977 dal cosiddetto Fronte di Sinistra. Il Cpmi, forza leader dell’alleanza,
è nato nel 1964 da una scissione maoista dal filo-sovietico Partito Comunista
dell’India (Cpi), e continua ad avere il mito della Cina: anche se ormai non
più quella della Rivoluzione Culturale maoista, bensì quella del boom
capitalista. Il fatto che i Naxaliti siano anch’essi maoisti ma seguaci della
Banda dei Quattro dà alla faida un tocco di grottesco ulteriore.
Col Cpmi e col Cpi nell’alleanza sta anche il “marxista-leninista” Partito Socialista
Rivoluzionario; e il “nazionalista di sinistra” Blocco d’Avanzata Panindiano; e
la sua scissione Blocco d’Avanzata Marxista; e il trotzkysta Partito Comunista
Rivoluzionario dell’India; e il Partito Socialista del Bengala Occidentale; e il
Partito Democratico Socialista; e il Congresso Rivoluzionario Bengalese. Per
capire i rapporti di forza: sui 294 seggi dell’Assemblea dello Stato, assegnati
come è d’uso in India con l’uninominale all’inglese, il Cpmi ne ha presi 176,
il Blocco d’Avanzata Panindiano 23, il Partito Socialista Rivoluzionario 20, il
Cpi 8, il Partito Socialista del Bengala Occidentale 4 e il Partito Democratico
Socialista 1. All’opposizione stanno solo i 21 eletti del Congresso Nazionale
Indiano, partito del governo nazionale; i 30 dell’All India Trinamool Congress, sua scissione locale; i 6
indipendenti; e 5 rappresentati di partiti di minoranze (3 gurkha, un tribale
del Karkhand e un bihari). Malgrado le sigle roboanti, in effetti il Fronte di
Sinistra del Bengala Occidentale in questo trentennio si è caratterizzato per
un’immagine di buon governo e sviluppo singolarmente attento a certe esigenze
del capitale: insomma, una specie di Emilia indiana. Sul modello d’altronde del
Kerala: lo Stato al sud-ovest a forte presenza cristiana che pure ha fama di
isola rossa, anche se con qualche differenza. In Kerala le sinistre hanno
governato infatti più a lungo, visto che andarono al potere la prima volta
addirittura nel 1957. Ma non ininterrottamente. E poi il locale Fronte della
Sinistra Democratica è una coalizione pure guidata dal Cpmi, ma più spostata
verso il centro.
Nel collegio di Singur, però, il deputato è Rabindranath Bhattacharjee:
un insegnante locale che è stato eletto con l’All India Trinamool Congress. Per poco: 68.911 voti contro i 67.124
del comunista marxista Srikanta Chattopadhyay, appena 1.787 di scarto. Ma è
stata appunto decisiva la zona espropriata, dove accusano di togliere la terra
a 20.000 contadini per dare lavoro a poco meno di un migliaio di operai. Almeno
tre partiti della coalizione minacciano poi di abbandonare il Fronte di
Sinistra per protesta contro gli espropri: il Blocco d’Avanzata Panindiano, il
Partito Socialista Rivoluzionario e i comunisti storici del Cpi. Se saltassero
il fosso, sul parco industriale di Singur davvero il Cpmi rischierebbe di
perdere il governo di Calcutta.