In Campania è sempre emergenza rifiuti

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In Campania è sempre emergenza rifiuti

28 Dicembre 2007

Montagne di spazzatura abbandonate, fonte di nuovi e
insopportabili miasmi, cassonetti rovesciati nelle strade del centro e della
periferia, rifiuti urbani non raccolti da decine di giorni e roghi di
immondizia. Questa è la situazione con la quale da alcune settimane sono
tornati a fare i conti i cittadini di Napoli e provincia, costretti ad
effettuare dei veri e propri slalom per le strade completamente sommerse dall’immondizia.
Sono infatti oltre centomila le tonnellate di spazzatura nelle strade della
Campania, in gran parte tra Napoli e Caserta, e le feste hanno aumentato del 40
per cento il volume dei rifiuti. E’ sconcertante. Le discariche a cielo aperto
non risparmiano nemmeno le vie dello shopping, gli itinerari turistici e i
luoghi d’arte: un autentico disastro ambientale e umano. Una situazione di
degrado che negli ultimi giorni è diventata sempre più drammatica: alcuni
cittadini esasperati dall’odore, hanno dato alle fiamme cumuli di immondizia
costringendo i vigili del fuoco a numerosi interventi.

Eppure evitare le costanti ricadute nell’emergenza rifiuti
si può, non occorre il disastro per prendere provvedimenti. Nelle condizioni
attuali ci può stare la solidarietà di quei territori già forniti di impianti,
ma solo per tempi brevissimi. Sicuramente, con la raccolta definitiva dei
rifiuti dai centri abitati finirà un incubo, ma ne inizierà un altro, legato
alle “ecoballe”. Un’emergenza continua che dura ormai da 14 anni, poiché non ci
sono più aree disponibili dove parcheggiare la spazzatura dato che i rifiuti
che ogni giorno si creano devono pur defluire da qualche parte. Al momento non
ci sono impianti in grado di trasformare la spazzatura in combustibile, né
termovalorizzatori né stabilimenti per la selezione e la raccolta
differenziata, che in Italia non decolla nonostante sia prevista dalle leggi.

Gli impianti di recupero per la raccolta differenziata e il
riciclaggio, sono strumenti fondamentali per una corretta gestione del
problema, perché il rifiuto indifferenziato non può comunque finire
direttamente in un inceneritore, ma deve prima essere sottoposto a un
trattamento che separa il materiale combustibile (carta, plastica, vetro,
stracci, alluminio, rifiuti speciali e tecnologici) da quello organico (residui
alimentari); se la separazione è ben fatta, all’inceneritore va meno della metà
del rifiuto, il resto costituito dal materiale combustibile deve essere
lavorato per un eventuale riuso. Invece, in Campania, gli impianti Cdr
(Combustibile Derivato dai Rifiuti) per lo stoccaggio delle balle, sono ormai
al collasso. Secondo le stime dei tecnici, infatti, le “ecoballe” campane
create in questi anni, cumuli di immondizia in aperta campagna e ammassate
finora in enormi piramidi maleodoranti, sono dieci milioni. Bombe ecologiche
che nessuno vuole perché non sono combustibile che ha mercato e perché se
lasciati oltre il limite di tempo consentito dalla legge, cominciano a
sfasciarsi. In questo caso, tuttavia, l’accumulo delle migliaia di tonnellate
di rifiuti è dovuto non solo alla mancanza di inceneritori, ma anche al loro mal
funzionamento e ad un processo di separazione svolto non correttamente e che
nessuno, per anni, ha controllato. In altre parole, la paralisi campana è in
gran parte causata da un governo regionale inerte e da politici campani
irresponsabili che non sono riusciti a trovare un accordo su un Piano regionale
dei rifiuti che rispettasse le direttive europee e le leggi italiane; molti
osservatori sostengono che la gestione caotica abbia favorito la penetrazione
della criminalità organizzata nel settore. Sono indizi di una difficoltà della
quale tutti sono consapevoli, corresponsabili e prigionieri; e sono indizi di
un immobilismo che nasce dalla paura di un precipizio.

Dunque, in sostanza, la situazione attuale dimostra
l’incapacità di un’intera classe politica di provvedere ad un corretto servizio
per la popolazione. Quattordici anni di commissariamento e miliardi spesi in
personale e in piani ad ogni cambio di commissario nuovi ed incoscienti;
incapacità che in Campania si è verificata sia con la giunta Rastrelli, sia con
le giunte Bassolino. Quest’ultimo, tra l’altro, commissario straordinario per
l’emergenza rifiuti, dal maggio del 2000 al febbraio del 2004.

Oggi il problema è quello di costruire nuovi inceneritori e nuovi
impianti per rimettere in circolazione i rifiuti differenziati. Naturalmente,
se da una parte tutti vogliono che il problema dello smaltimento dei rifiuti
venga risolto nel modo più efficiente possibile, dall’altra, nessuno vuole gli
impianti dietro casa. Tuttavia, oltre ai comitati che si oppongono e alla
difficoltà di gestire le proteste dei cittadini che si trovano a vivere vicino
gli impianti, ci sono poi le amministrazioni comunali che utilizzano poteri di
veto e lungaggini burocratiche per rimandare le scelte. In molti casi, la
paralisi decisionale delle amministrazioni pubbliche è all’origine delle
emergenze. E’ ovvio, ciò non è una particolarità della Campania, anche in altre
Regioni e in molte città le amministrazioni prevedono da anni un inceneritore e
poi non se ne fa nulla.

Su questo sfondo, la strategia adottata dall’Unione Europea
e recepita in Italia con il decreto Ronchi nel 1997 e poi con il recente
decreto Legislativo n.152 del 3 aprile 2006, delinea priorità di azione
all’interno di una logica di gestione integrata della questione dei rifiuti. Il
messaggio essenziale è innanzitutto la riduzione o prevenzione, poi il riuso,
il riciclaggio e infine l’incenerimento e lo smaltimento in discarica. Perciò,
se la prima cosa è la prevenzione, e quindi prevenire la formazione di rifiuti e
di ridurne la pericolosità, il passo successivo riguarda la necessità di
riutilizzare i prodotti e riciclare il materiale combustibile. In questo processo,
centrale è il ruolo degli Enti locali che hanno il dovere di realizzare una
politica dello smaltimento dei rifiuti che raggiunga due scopi essenziali: la cura
del territorio e la sensibilizzazione del cittadino. Eppure, l’indifferenza
scellerata, sul piano culturale prima e politico poi, della gestione amministrativa
di molte istituzioni locali, ha portato alla disastrosa situazione attuale,
ovvero al collasso degli impianti di smaltimento che creano le “ecoballe”.

Occorre, pertanto, una risposta corale delle istituzioni, in
termini di volontà, e poi dei cittadini, in termini di cultura. E’ urgente, fin
da subito, attivare e rafforzare misure di contenimento che prevedano lo
sviluppo di politiche di prevenzione e riduzione della produzione di rifiuti;
successivamente, va finalmente implementata la raccolta differenziata sino a
livelli previsti dalle direttive UE e per le quali l’Italia è stata già bocciata
per non aver rispettato le norme. Le osservazioni della Corte di Giustizia
europea del Lussemburgo, a giugno di quest’anno, evidenziavano che molti
inceneritori presenti sul nostro territorio (non solo in Campania),
appartengono alla vecchia generazione e inoltre che la raccolta differenziata è
ai minimi in Europa. Dopo la condanna dell’Europa, ogni piano regionale di
rifiuti deve prevedere investimenti per gli inceneritori, per il loro ammodernamento
e per la costruzione di impianti di nuova generazione più piccoli e più diffusi
sul territorio. Mentre per la raccolta differenziata dei rifiuti urbani, la
normativa italiana prescrive obiettivi del 60% al 2011 (secondo la finanziaria
2007), o del 65% al 2012 (secondo l’art. 205 della Legge 152/06: il cosiddetto
“Codice ambientale” del governo di centro-destra).