In Germania si annuncia una “Primavera Calda”

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

In Germania si annuncia una “Primavera Calda”

04 Febbraio 2008

Da un po’ di tempo a questa parte in Germania è in atto una
brusca sterzata a sinistra e la curva sembra tutt’altro che destinata a finire.
Fattore scatenante, neanche a parlarne, è stata la Linke di Oskar Lafontaine,
movimento di ex comunisti e sindacalisti, nato dalle ceneri dell’ex Germania
Est e approdato da poco in alcuni parlamenti regionali dell’Ovest. La sua
ascesa, dovuta ai malumori per le conseguenze della riforma dello stato sociale
varata da Gerhard Schröder nella passata legislatura, ha lentamente costretto l’SPD
a rivedere il suo profilo sociale nel tentativo di recuperare consensi a
sinistra. In tal senso va letta la proposta di introdurre anche in Germania un
salario minimo, lanciata in agosto dall’ex-Vicecancelliere e Ministro del
Lavoro Franz Müntefering.

Il dibattito politico su questo tema, apertosi inizialmente
con riferimento al settore postale, si è spostato poi, nello scorso dicembre,
su un’ipotesi di Mindestlohn generalizzato imposto con legge federale. La
soluzione, oltre a non piacere ai cristiano-democratici, è considerata
fortemente lesiva di un principio sacro dell’economia sociale di mercato,
ovvero la contrattazione locale e non nazionale. Ma come ha giustamente fatto
notare Michael Burda, professore di economia alla Humboldt Universität di
Berlino, l’idea affonda le sue radici in una legge varata nel 1996 dall’allora
Governo Kohl, volta a promuovere migliori condizioni di lavoro per gli
stranieri impiegati in multinazionali operanti in Germania. Di qui la sua riesumazione
oggi per giustificare la necessità di salvare innanzitutto Deutsche Post, l’ex
monopolista di Stato, i cui salari sono rimasti fittiziamente alti per anni e
che, a seguito della liberalizzazione europea del settore, si sono rivelati
assolutamente non competitivi con quelli degli operatori privati, il cui
personale rischia ora il licenziamento.

Lo stesso Ministro dell’Economia, Michael Glos (CSU) ha più
volte ricordato che l’imposizione di un salario minimo a livello nazionale
rischierebbe soltanto di condannare al mercato nero alcune professioni nonché
di spostare altrove la domanda di manodopera da parte delle imprese. A
denunciare la demagogia di provvedimenti volti all’introduzione di un salario
minimo ci aveva pensato a suo tempo anche Milton Friedman, il quale aveva
addirittura definito razzista questo tipo di soluzione, in quanto totalmente
slegata da criteri di produttività e di merito. E così, ad aver per tempo
intuito il rischio di declino economico è stato il colosso dei cellulari Nokia,
i cui vertici hanno irrevocabilmente deciso di trasferire la produzione da
Bochum all’Est europeo. E proprio in Romania, dove avrà sede il nuovo
stabilimento, la multinazionale finlandese non pagherà le tasse sugli immobili
per i prossimi trent’anni: questi i vantaggi fiscali messi a punto dal governo
rumeno per attrarre gli investimenti internazionali. I lavoratori dell’impianto
di Bochum però non ci stanno e, con l’aiuto di politici locali e nazionali,
hanno lanciato il boicottaggio dei prodotti Nokia, il cui titolo in borsa è
drasticamente calato in pochi giorni.

Le lotte protezioniste dei sindacati non si sono finora
estese al Mindestlohn, ossia al salario minimo generalizzato, giacché in questo
modo essi perderebbero potere contrattuale nei confronti dei datori di lavoro.
Per tale ragione la richiesta proveniente 
dalle associazioni di categoria è e rimane quella appoggiata dalla
stessa Cancelliera Angela Merkel: privilegiare sì una applicazione del salario
minimo, ma soltanto progressivamente settore per settore. Di fronte agli
stipendi d’oro di certi manager tedeschi, poi, le rivendicazioni di adeguamenti
salariali più equi si fanno di giorno in giorno più pressanti. Dopo il
“lieto fine” della vertenza relativa ai macchinisti di Deutsche Bahn,
le confederazioni di altre categorie di lavoratori si sono messe in moto
annunciando scioperi a ripetizione. Venerdì è stata la volta dei mezzi pubblici
di Berlino. E non è che l’inizio. Scioperi e movimenti di piazza potrebbero
intensificarsi nei prossimi mesi se non ci saranno significativi cambiamenti
sulle buste paga.