In Italia la classe operaia va in paradiso e i padroni sempre all’inferno
27 Luglio 2011
Negli Stati Uniti, si rimane colpiti dai monumenti (raramente pomposi), dai cartelli e dalle targhe che ricordano grandi imprenditori e finanzieri che hanno contribuito a rendere il paese più ricco, più avanzato tecnologicamente, più competitivo. L’Italia deve quel poco di economia moderna che ancora conserva al boom degli anni sessanta e agli industriali, soprattutto piemontesi e lombardi, che crearono il miracolo economico, realizzando trasferimenti interni di popolazioni che di fatto hanno realizzato l’unità d’Italia. Eppure non c’è un solo romanzo o un solo film in cui un imprenditore compaia in una luce positiva. Il volto è quasi sempre quello di Claudio Gora, il cinico editore del film Una vita difficile di Dino Risi. Per converso, non c’è nessun film in cui si accenni anche a qualche lato oscuro del sindacalismo italico. La classe operaia va sempre in paradiso e i padroni all’inferno. Forse la ‘civic culture’ di Tirana, sotto questo aspetto, è più avanzata della nostra.