
In Libano l’Unifil cerca accordi con Hezbollah

27 Luglio 2007
L’esercito libanese sta finalmente completando la sua operazione di pulizia nel campo rifugiati di Nahr el Bared (http://yalibnan.com/site/tv/2007/06/lebanese_air_force_elite_force.php http://yalibnan.com/site/tv/2007/06/lebanese_army_hunt_down_fatah.php), che dopo più di due mesi ha un bilancio di centinaia di morti accertati e molti altri che non verranno probabilmente mai documentati. La situazione nel nord del paese, insieme ai molteplici altri obblighi dell’esercito e all’esistenza di altri centri di potenziale crisi, è indice di un possibile generale deterioramento della sicurezza e stabilità interna del Libano, cosa che potrebbe compromettere irrimediabilmente la missione UNIFIL guidata attualmente dal contingente italiano, come è stato recentemente messo in luce dal recente rapporto del segretario generale dell’ONU al Consiglio di Sicurezza (http://daccessdds.un.org/doc/UNDOC/GEN/N07/404/02/PDF/N0740402.pdf?OpenElement), che ha confermato, con doviziosa documentazione, la situazione precaria della sicurezza del paese. Mentre il Segretario Generale non ha potuto accertare l’ingresso di armi di Hezbollah nella zona controllata dall’UNIFIL nel sud del Libano, il suo rapporto conferma il continuo riarmo di Hezbollah a nord del fiume Litani e il flusso d’armi a gruppi palestinesi stazionati nella Valle della Beka’a e vicini a Damasco. L’accusa di un riarmo imponente da parte di Hezbollah non solo non è stato smentito, ma lo sceicco Hassan Nasrallah ha confermato in un recente discorso che l’apparato militare di Hezbollah e la sua capacità offensiva sono ricostituite e potenziate (http://web.israelinsider.com/Articles/Security/11727.htm).
In questo clima, la sempre più preoccupante crisi politica libanese non fa che accentuare lo stato d’incertezza e i pericoli che incombono sull’UNIFIL e il nostro contingente italiano. Pur difendendo la tradizionale posizione ONU secondo cui la questione dell’arsenale di Hezbollah è un problema che deve trovare una soluzione all’interno di un processo politico nazionale, il Segretario Generale non ha potuto fare a meno di notare come l’aumento di segnalazioni di traffico d’armi, i ritrovamenti di ingenti quantità di armi nel sud del Libano da parte di UNIFIL ed esercito libanese, il rafforzamento di milizie e gruppi terroristi nella valle della Beka’a che rispondono ai dettami di Damasco non possono che aggravare la situazione politica, complicare le operazioni dell’UNIFIL (che, senza l’appoggio dell’esercito libanese può fare ben poco) e di certo sono contrari ‘allo spirito e alla lettera’ delle risoluzioni 1559 e 1701. Tradotto in termini meno diplomatici ma certamente ragionevoli, ciò significa che se non ci si può aspettare che le milizie in Libano vengano disarmate con la forza, manu militari, dall’esercito libanese o dall’UNIFIL, di certo nessuno dovrebbe adoperarsi per renderle ancor più agguerrite di quanto non lo fossero già prima dell’approvazione delle risoluzioni ONU pertinenti.
Il fatto che ripetutamente la Siria e l’Iran siano additati come le fonti del riarmo non sorprende, ma il quadro complessivo induce a importanti perplessità sul comportamento di alcuni governi europei, manifestamente quelli, come l’Italia, i cui soldati sono dispiegati nel sud del Libano, nei confronti dei suddetti due paesi e del loro cliente libanese Hezbollah. Quello che il rapporto ONU e le attuali vicissitudini libanesi indicano è che la situazione è pericolosa; se ne dovrebbe dedurre che per completare la missione UNIFIL occorre un mandato più robusto e aggressivo, e che dobbiamo prepararci a perdite se vogliamo vedere il Libano pacificato, e occorre essere meno arrendevoli coi mandanti internazionali della destabilizzazione libanese se si vuole essere seri in merito.
E’ a dir poco sconcertante quindi la notizia, riportata su varie agenzie e lungamente elaborata dal ben informato corrispondente del Christian Science Monitor a Beirut, Nicholas Blanford, secondo cui le forze UNIFIL hanno cercato di evitare future sorprese e cautelarsi contro eventuali guai alle proprie truppe ‘rivolgendosi a Hezbollah per protezione’ (http://www.csmonitor.com/2007/0724/p04s01-wome.html). Secondo altri giornali, che citano fonti UNIFIL, ‘agenti segreti italiani, francesi e spagnoli, si sono incontrati con rappresentanti di Hezbollah nella città meridionale di Sidone in aprile. A seguito di quest’incontro, alcuni caschi blu spagnoli sono stati successivamente “scortati” in alcune pattuglie da membri di Hezbollah in vetture civili’ (http://archive.gulfnews.com/articles/07/07/26/10141939.html). E peccato che non ci fossero tali scorte il giorno in cui sei membri del contingente spagnolo sono morti vittime di un’autobomba durante una simile operazione di pattugliamento (http://www.guardian.co.uk/spain/article/0,,2110532,00.html), ma non è di certo una coincidenza che il giorno dopo, stando alle medesime fonti, il ministro degli esteri spagnolo Miguel Moratinos abbia conferito con la sua controparte iraniana, Manucher Mottaki, e che sempre secondo le stesse fonti ufficiali, spagnoli dell’UNIFIL si sarebbero poi incontrati con rappresentanti di Hezbollah almeno una volta dopo l’attentato. Di sicuro, questa protezione garantirà l’incolumità delle nostre truppe, o almeno ridurrà i rischi di ulteriori perdite, ma a quale prezzo per i paesi europei coinvolti, e con quale garanzia che l’intera missione UNIFIL e il suo mandato – cioè l’attuazione della risoluzione 1701 – non ne saranno irrimediabilmente compromesse?
Ma forse è da ingenui reagire a queste notizie con sorpresa. Dopotutto, la pratica europea di cercare protezione va ben oltre i confini libanesi — prova ne è il recente viaggio della Signora Sarkozy in Libia e il prezzo pagato dall’Europa per il rilascio delle infermiere bulgare – o dovremmo meglio dire ostaggi. E’ una tradizione antica di area mediterranea: la protezione – il pizzo lo chiameremmo a casa nostra abituati come siamo a cosa nostra – ha un prezzo e l’estorsione prima o poi offre dividendi a tutti quanti: il ricattatore ottiene quello che vuole (soldi per un ospedale, cancellazione del debito estero, commercio, ritiro delle sanzioni, e nel caso libanese una forza UNIFIL più docile e meno ficcanaso); e chi paga, si salva la vita, anche se non necessariamente l’onore.