In Messico la febbre suina sta calando ma forse poteva essere evitata

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In Messico la febbre suina sta calando ma forse poteva essere evitata

04 Maggio 2009

E’ un paese in ginocchio, quello che sta vivendo cinque giorni di festa (fino al 5 maggio, giorno in cui si commemora la battaglia vinta contro i numerosi invasori francesi dai 4mila uomini del generale Zaragoza) e di sostanziale interruzione della vita di tutti i giorni. Tutti i luoghi pubblici sono chiusi, dalle scuole ai ristoranti ed ai cinema, dalle chiese agli stadi, fino agli uffici pubblici considerati non essenziali.

Si era pensato di limitare anche i collegamenti aerei e di interrompere il trasporto pubblico a Città del Messico, ma il sindaco Ebrard ha chiesto al presidente Calderon di rivedere la propria ecisione. Nelle tv ed alla radio scorrono i numeri da chiamare per informazioni ed aiuti, insieme al bilancio delle vittime accertate, 19, su 473 casi accertati, ma sono numeri che valgono poco, perché destinati ad aumentare di ora in ora. Esiste addirittura un canale dedicato alla febbre suina 24 ore su 24.

Cronaca di un’influenza porcina che il governo considera pandemica, ma che in realtà avrebbe potuto essere evitata. Il presidente Calderon si destreggia fra critiche ed allarmi, fra la visita all’Instituto de Diagnóstio y Referencia Epidemiológicos (INDRE) e le conferenze stampa con il ministro della Salute Josè Angel Cordova. Nel frattempo, la popolazione nei giorni scorsi si è ammassata nei supermercati, per prevenire la grande chiusura e nelle farmacie e negli ospedali per rifornirsi di anti-virali, forse poco utili per l’influenza. Tutti a casa. L’influenza fa il suo corso, la scienza e la politica anche. Nei giorni scorsi blog, siti, ma anche quotidiani e tv messicane hanno snocciolato raccomandazioni vecchie di 2 anni e mezzo fa, quando una campagna di prevenzione, che faceva parte di un programma sottoscritto dai paesi del Nord America, invitava alla prudenza per il pericolo di una preoccupante epidemia di influenza che avrebbe potuto coinvolgere 200mila persone, con conseguenze anche letali.

Il Ministro della Salute ha ammesso di conoscere la problematica già dal 2 aprile, ma l’accusa più ricorrente è che tutto sia partito addirittura a febbraio, dal più grande allevamento di maiali al mondo della "Granjas Carrol de Mexico", quando la popolazione nelle vicinanze (per il 60 per cento) ha subito un’ondata di forti infezioni respiratorie, mai controllate e mai fermate come l’allevamento della Smithfield sempre nello stato di Veracruz. Inoltre la Sanofi-Aventis si era accordata lo scorso marzo con il governo messicano per la predisposizione di un impianto di produzione di vaccini contro l’influenza stagionale pandemica.

Tanti sospetti ma la popolazione ora pensa più alle conseguenze. Il governo ha stanziato 630 milioni di dollari uniti ai 205 del prestito della Banca Mondiale per fronteggiare la crisi, la moneta è di nuovo in fase di svalutazione e la borsa sta contenendo i ribassi, ma le imprese lamentano gravi perdite da ormai una settimana; 2 milioni di maestri di scuola ed un milione di persone impiegate nei ristoranti e nei cinema della capitale temono per il loro posto, in un paese dove 29 milioni di persone sono in condizioni di sottoccupazione o di disoccupazione totale, per la recessione già in corso. Il governo ha detto che è disposto a negoziare il salario solo in cambio di ore straordinarie. Fioccano inoltre le disdette ed i rientri nello Yucatan ed in California ed in prospettiva sono stati chiesti aiuti economici per fronteggiare una stagione ormai compromessa. 

Nel frattempo un decreto d’urgenza ammette la presenza di militari oltre che personale medico, per verifiche aziendali e domiciliari. Una popolazione di 105 milioni di residenti, ostaggio di un male che non conosce e ben consapevole che il dopo sarà peggiore.