“In questa fase di incertezza la politica indichi le strategie per la ripresa”

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“In questa fase di incertezza la politica indichi le strategie per la ripresa”

23 Settembre 2010

Ogni impresa ha il diritto di nascere ma il dovere dello Stato che la ospita dovrebbe essere di facilitarne il corso naturale, sgombrando il terreno dalle trappole burocratiche che ne soffocano la crescita. In Italia succede l’esatto opposto. Il vento della ripresa soffia ma lo fa in maniera ancora debole, discontinua e non omogenea e sebbene una congiuntura economica sfavorevole possa rappresentare un’occasione di crescita, perché questo avvenga serve una vera politica di sostegno al mondo delle imprese, che guardi soprattutto al miglioramento del contesto normativo e regolamentare in cui esse operano con l’obiettivo di favorire la libertà di intraprendere e la libertà di contrattare. Alle difficoltà, oggi, di chi vuol “fare impresa” si sommano quelle di chi nel mercato c’è già ma non riesce più a sopravvivere. Sono le “grandi”, che dopo anni di successi fermano la propria attività o che la chiudono per aprire altrove, dove le condizioni (di mercato) sono più favorevoli. E così, oggi si contano circa 80 casi, distribuiti su tutto il territorio nazionale, di crisi aziendali gravi. Al sud, tra le vertenze più pesanti c’è quella della Natuzzi, al centro Italia quella della Videocon con sede ad Anagni, poi il gruppo Antonio Merloni con i suoi tre stabilimenti in Umbria, Marche e Emilia Romagna. Al Nord tra le aziende in crisi ci sono la Saint Gobain, la Indesit e l’Elettrolux . Come si fa, allora, a far fronte a una situazione così esplosiva in un momento politicamente delicato come quello attuale? Secondo Pier Carlo Padoan,Vicesegretario generale dell’Ocse, la situazione è critica ma può “essere un’occasione di cambiamento”, a patto che la politica dia “indicazioni a lungo termine sulle strategie di ripresa”.

Davvero in questo momento si può invertire la marcia?

In Italia da molti anni c’è un serio problema di produttività che cresce in maniera limitata perché le imprese non innovano e investono poco. Le crisi sono anche momenti in cui per alcune imprese potrebbe essere necessario cessare la attività ma anche permettere a imprese nuove di entrare sul mercato. Può essere un paradosso ma nei paesi a più elevata produttività come gli Usa il numero di imprese che nascono durante la recessione è molto elevato.

Sì, ma torniamo al discorso di partenza: pur scontando un problema di competitività da un punto di vista fiscale e da un punto di vista burocratico, in Italia si continua a parlare di semplificazione ma si fa davvero ben poco.

Ed è proprio per questo che siamo uno dei paesi dove la produttività cresce di meno. Ci sono troppe barriere all’ingresso sul mercato per le nuove imprese. Occorre maggiore concorrenza, maggiore liberalizzazione (sopratutto nei servizi), minori costi della burocrazia e della pubblica amministrazione.

Il debito pubblico italiano a luglio di quest’anno è salito rispetto a giugno e ha toccato un nuovo record, a 1.838,296 miliardi di euro, in aumento del 4,7% su base annua. Tradotto: oltre 30mila euro per ogni cittadino italiano. A che “punto” della crisi siamo?

Ne stiamo lentamente uscendo ma stiamo anche entrando in una fase difficile, nella quale sarà necessario conciliare sostegno alla crescita e consolidamento fiscale. In Italia come in quasi tutti gli altri paesi avanzati.

Che rischi fa correre all’Italia e alla sua economia una certa instabilità politica, che ormai dura da mesi?

In una fase di incertezza economica come quella attuale la politica dovrebbe avere il compito di dare indicazioni a lungo termine sulle strategie di ripresa.

Istat, Ocse e altri istituti si rincorrono in una girandola di dati e spesso anche lo stesso istituto si smentisce da solo nel giro di poche settimane. Sembra quasi di essere davanti a usi di calcolatrice diversa”. A chi dobbiamo credere?

Anche se a volte sembrano tra loro contraddittori, i dati pubblicati dagli Istituti che fanno previsione riguardano fenomeni diversi. Purtroppo i media spesso non sono scrupolosi nel riportare questi dati e tendono a concentrarsi su un numero particolare solo perche sembra diverso dagli altri.

Quindi la colpa è solo di giornali, televisioni e siti di informazione in Rete?

No, non solo. Anche gli istituti devono migliorare la loro capacita di comunicazione. Va poi aggiunto che stiamo vivendo una situazione molto particolare caratterizzata da elevata incertezza. E fare previsioni in tali condizioni comporta rischi maggiori di sbagliare.

Crede che la ripresa sarà più forte nel momento stesso in cui il processo federalista prenderà forma?

In molti paesi la struttura federale rappresenta una strategia efficace di crescita e di equità.

Lei che ha la possibilità di guardare l’Italia da un palcoscenico privilegiato, sa dirci quando conta il rilancio del nucleare agli occhi degli altri paesi europei?

La situazione ambientale e energetica richiede una diversificazione delle fonti energetiche, compresa quella nucleare.

Quale linea di confine segna Pomigliano e la nuova “strategia” della Fiat rispetto al passato? Più flessibilità uguale più investimenti: è un’equazione vincente?

La sfida è investire per accrescere la produttività e proteggere i lavoratori (ma non il singolo posto di lavoro) con istituzioni del mercato del lavoro più moderne e adeguate ai tempi. Basta guardare a cosa ha fatto la Germania…