In Sicilia è emergenza politica e molti preparano l’offensiva anti-Lombardo
30 Novembre 2009
Fra pressing e calma irreale continua la pace armata ai vertici del potere siciliano dopo che il governo presieduto da Raffaele Lombardo è andato sotto all’Assemblea regionale con un pezzo della maggioranza, il Pdl dei cosiddetti “ortodossi”, che ha votato insieme all’opposizione. Da quel momento la politica isolana vive come in una condizione di sospensione e di attesa. I nodi accumulati negli ultimi mesi, con la rottura determinatasi fra il governatore e una parte del Pdl guidata da Gianfranco Micicchè e il resto del centro-destra con l’uscita dall’esecutivo dei rappresentanti di Totò Cuffaro, non sembrano, al momento, trovare una qualsivoglia forma di ricomposizione. Il prossimo mercoledì è prevista un riunione del Parlamento, ma a oggi, non c’è traccia di intesa o di soluzione in vista. Intanto l’insieme del quadro politico è a dir poco in fermento, peggio come tarantolato.
Molti osservatori sostengono che anche a metà della prossima settimana, il Mpa, il partito autonomista diretto da Lombardo, non potrà presentarsi a Palazzo dei Normanni, sede dell’Ars, con non una soluzione in tasca. Da più parti si ritiene, infatti, che il governatore, visti i distinguo, i se e ma fra schieramenti, partiti e all’interno di questi ultimi, alla fine opterà per una soluzione il “con chi ci sta” con tanto di appello agli “uomini di buona volontà”. Una soluzione emergenziale, quindi, una sorta di ultima spiaggia, forse inevitabile, considerato lo stato di grave conflittualità e di frammentazione che caratterizza la situazione delle forze parlamentari. In ogni segmento, infatti, si agitano spinte centrifughe e mettere intorno a tavolo comune dei potenziali alleati è diventato un qualcosa che forse richiede talenti e fortune superiori.
Nel frattempo non si sono di certo interrotte trattative e conciliaboli. E aperture e niet si susseguono a corrente alternata. Se un certo stallo domina nel campo del Pdl, (sia fra gli “ortodossi” che invocano l’azzeramento della giunta e il ritorno allo spirito della trionfale campagna elettorale, sia fra i ribelli che non parlano con gli ex compagni di partito ma che vedono con più di un timore la possibilità di uscite troppo a sinistra dalla crisi, per capirci: qualsivoglia intesa, esplicita o sottobanco con il Pd) chiarezza non guida neppure i comportamenti delle restanti forze in campo. Persino la rigida Udc, che a parola non vuol trattare, almeno in maniera bilaterale, con il “traditore” Lombardo, non chiude del tutto la porta a qualche, sebbene difficile, forma di intesa, tanto da far dire, al leader regionale, Saverio Romano che la “crisi si risolve solo con l’azzeramento della giunta. Ogni altro tentativo, teso a rattoppare l’esistente, aggrava il già complesso quadro politico. L’azzeramento della giunta, infatti, è l’unico gesto concreto che ha a disposizione Lombardo per dimostrare di voler realmente il confronto”.
In attesa che da un ennesimo groviglio fra gli ex compagni di coalizione esca una qualche soluzione potabile, fra gli oppositori del Pd, sino a pochi giorni fa, a loro volta, divisi fra dialoganti, intendi amici di Lombardo, e oppositori puri e duri, qualcosina si muove. A cominciare dal ricompattamento fra le due anime interne, entrambe, ora disposte, a non farsi sfuggire la possibilità di un super gioco di sponda, dalle forti e inevitabili implicazioni nazionali, con pezzi, essenzialmente il Mpa, ma non solo, costretti o disposti, non fa differenza, a maggioranze alternative o variabile. A partire dall’appello agli “uomini di buona volontà” che, in concreto, potrebbe voler dire governi segnatamente autonomistici o persino esecutivi dalle inequivocabili caratteristiche anti-centrodestra nazionale. Siamo per ora alle fase delle congetture, degli scenari a freddo, in cui le variabili e i mutamenti possibili sono davvero troppi. Quindi capirne di più e per tirare qualche somma bisogna attendere, almeno la metà della settimana entrante, con il governatore in aula che dialoga con i suoi recalcitranti gruppi parlamentari.