In Siria c’è la guerra civile. Se ne sono ‘accorti’ pure Russia e Lega Araba
19 Novembre 2011
Continuano le rivolte popolari in Siria, iniziate nel Dicembre scorso con la grande ondata di proteste e d’agitazioni delle popolazioni dei paesi nordafricani, e si aggravano con i fatti accaduti in questi ultimi giorni che confermano la tesi che ipotizzava l’instaurarsi di una vera e propria guerra civile in Siria.
Il regime di Bashar Al Assad, l’attuale presidente della Siria, è stato sfidato nuovamente dai militari ribelli siriani, organizzatisi in un movimento di liberazione nazionale, chiamato “Free Syrian Army”, ed hanno attaccato una base di intelligence dell’esercito di Damasco, a Maara al-Numan.
Questa è stata la prima volta in cui una forza militare siriana anti-regime, costituita da connazionali insorti, ha avuto modo di sferrare un pesante attacco al governo autoritario della famiglia Assad.
Il risultato che emerge chiaramente dall’attacco di due giorni fa ad opera dei ribelli siriani, attesta l’alto livello della loro organizzazione militare e la loro capacità di sfidare l’esercito ufficiale di Assad. Altri attacchi armati sono avvenuti proprio nei giorni scorsi ed hanno avuto come obiettivo principale le sedi delle ambasciate del Qatar, degli Emirati Arabi Uniti e del Marocco.
Protagonisti di questi ultimi assalti alle sedi di rappresentanza internazionale di Damasco sostenitori attivi del presidente siriano, in seguito alla decisione presa dalla Lega Araba di sospendere la Siria, minacciando il governo di Damasco con sanzioni economiche qualore il piano di pace dell’organizzazione panaraba, formalmente accettato dalle autorità siriane il 2 novembre scorso, non fosse rispettato.
Cresce insomma la pressione sul regime di Bashar al-Assad, sempre più isolato, mentre il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, avverte che la situazione appare sempre più simile a quella di “una guerra civile”. La rivolta in Siria non è affatto una semplice ed esclusiva repressione di una rivolta popolare all’insegna della libertà e della democrazia.
E’ soprattutto la nascita di una vera guerra civile, ove coloro che si oppongono al regime militare al potere reagiscono ormai alla violenza con violenza, assaltando e dando alle fiamme sedi di tribunali, carceri, caserme militari e commissariati di polizia, uccidendo soldati, agenti delle forze dell’ordine e i “collaborazionisti” del potere di Assad. Come mai gli Stati occidentali non intervengono militarmente per salvaguardare la popolazione siriana dai cosiddetti crimini contro l’umanità?
Perché non vengono concretamente messe in atto delle misure che evitino questi genocidi, e tutelino in questo modo i tanto amati diritti dell’uomo e del cittadino? Cosa sta aspettando il neo paladino della giustizia e liberatore di popoli, il presidente francese Nicolas Sarkozy, nell’avanzare in prima linea, da buon fante, in Siria come ha fatto in Libia per salvare le popolazioni e far cadere un regime dittatoriale e sanguinario?
“La Siria non è la Libia, – disse qualche tempo fa Bashar Al Assad – non faremo la loro fine e qui da noi non si ripeterà lo scenario libico.” Assad quel giorno sapeva cosa stava affermando e aveva proprio ragione, come dimostrano i fatti. Mai parole furono più vere. Il perché dell’adozione della politica del non intervento da parte dell’Occidente sta nell’importanza politica ed economica che questo Paese, la Siria, ha e ricopre.
Se si intervenisse militarmente in Siria, tutta l’area del Medio Oriente subirebbe un grandissimo terremoto che causerebbe la rottura di esplicite ed insospettabili alleanze, e di molti accordi economici taciti. Inoltre Bashar Al Assad può contare su alleati potenti all’interno e all’esterno della regione siriana, tra i quali l’Iran, il supporto fornitogli dagli Hezbollah e dagli estremisti fanatici di Hamas, la Russia, la Cina e molti paesi del sud America.
Queste alleanze sono ben note ai paesi membri del Patto Atlantico, e questo deterrente si aggiunge a quello che l’esercito siriano è di gran lunga più forte di quello libico, e non è frammentato e disorganizzato come quello di Gheddafi. Infatti le forze armate siriane sono tra le più numerose, meglio equipaggiate e addestrate dell’intero Medio Oriente. La Siria, oltre a ciò, è in possesso anche di armi chimiche e biologiche e le sue armate paramilitari sono tra le più consistenti del mondo.
Ecco svelate le motivazioni per le quali non è facile considerare l’opzione di intervenire militarmente in Siria, sottolineando inoltre il fatto che non sarebbe una guerra lampo quella che si andrebbe a realizzare, e ciò comporterebbe molti costi, anche in termini di vite umane, da sostenere tra l’altro in un periodo non proprio florido, economicamente parlando, in cui le finanze occidentali sono per lo più in ginocchio e in “guerra” l’un l’altra.