In termini economici il terremoto vale mezzo punto di Pil
07 Aprile 2009
I danni del sisma di Aquila e dei dintorni stanno crescendo di ora in ora, in termini di vita umane e di danni economici. Questo, secondo prime, provvisorie stime, possono aggirarsi su un mezzo punto di Pil,vale a dire 7,5 miliardi di euro. Ciò non in termini di mero danno a ciò che si è frantumato a causa delle scosse del terremoto (molto spesso si è trattato di vecchi edifici di povera qualità) ma in termini di costi della ricostruzione, con criteri diversi, adeguati alle caratteristiche proprie degli edifici antisismici.
I danni riguardano nel comune dell’Aquila e dintorni 50 mila persone, circa la metà del comune capoluogo e le altre degli altri comuni. Ma gli sfollati sono il doppio, in quanto ci sono misure precauzionali.
Presumibilmente le unità immobiliari abitative distrutte o danneggiate sono 20 mila e considerando un danno di 100 mila euro medio si ha un totale di 2 miliardi. Il totale può quasi raddoppiare considerando le unità immobiliari costituite da negozi, uffici, botteghe artigiane, opifici o edifici pubblici, per le quali possiamo supporre un danno di 1,5 miliardi in relazione alla proporzione che nel patrimonio edilizio rappresentano di media le unità immobiliari non abitative rispetto a quelle abitative.
A questi tre miliardi e mezzo, occorre aggiungere i danni arrecati alle opere pubbliche e infrastrutture locali costituite da strade, piazze, acquedotti, fognature, tubature del gas, reti telefoniche ed elettriche, impianti televisivi trasmissioni elettriche, ferrovie e autostrade: con una stima prudenziale possono essere di altrettanta portata.
Si arriva, così a una cifra di 5 miliardi a cui bisogna aggiungere i costi delle attività produttive perse e delle merci e beni durevoli e suppellettili, distrutti o lesionati e quelli degli interventi di emergenza per il recupero di vite umane, cura dei feriti o alloggio dei senza tetto in attesa della ricostruzione. Ma qui la valutazione diventa più difficile dato che non si è ancora potuto stabilire quante siano le persone che non potranno tornare alle loro case o che potranno farlo solo dopo la ristrutturazione o messa in sicurezza delle stesse abitazioni, oppure, ancora, quanto tempo debbano durare gli interventi di soccorso della protezione civile e delle Unità sanitarie locali e degli altri soggetti pubblici coinvolti nell’emergenza.
Si consideri che sono al lavoro cinque mila soccorritori e che un mese di lavoro per ciascuno di loro comporta, in una stima prudenziale, un costo medio di 10mila euro considerando la loro retribuzione lorda, la loro dotazione di mezzi, il consumo di materiali, merci e servizi e il loro costo di struttura. In un mese l’importo relativo a questi interventi è almeno di 50 milioni di euro al netto dei soccorsi alle popolazioni rimaste senza tetto o lavoro a causa del sisma.
Inoltre vanno calcolate anche le perdite di entrate del comune dell’Aquila e degli altri colpiti dal sisma. Non credo che la stima di altri 2,5 miliardi sia eccessiva.
Ecco dunque il totale del costo del sisma, che tende al mezzo punto di Pil, oltre a quello morale riguardante la perdita di oltre 180 persone morte e 1500 persone ferite. Questo elevato importo di costi per danni e soprattutto ricostruzioni con criteri antisismici non pesa tutto sul bilancio pubblico dello stato, della Regione, delle Asl, degli enti locali. In parte pesa sulle assicurazioni, nella misura in cui ci sono danni assicurati. In parte ricade sulle imprese di pubblica utilità: autostrade, elettricità, ga , telefoni, acqua, che non fanno parte del governo centrale o locale. Una parte degli oneri ricadrà sulle imprese e una parte sulle famiglie perché il sistema pubblico di indennizzi non può essere largo come la mano della provvidenza divina. Ma molto possono fare anche i soccorsi privati.
In ogni caso, si può stimare come questa tragedia possa anche dare impulso alla domanda globale tramite le spese per gli interventi e quelle per la ricostruzione. Sotto questo profilo queste misure possono servire anche per dare un impulso all’economia in funzione anti congiunturale, sia in riferimento alla domanda privata e pubblica di investimenti, sia a quella di beni e servizi di consumo corrente e di beni durevoli di consumo.Tenuto conto che l’impulso primario alla domanda globale genera un moltiplicatore e che gran parte della domanda che così si genera è di carattere interno e non riguarda importazioni, si può stimare che i costi degli interventi di soccorso e ricostruzione, qualora quantificati in mezzo punto di Pil, possano generare un aumento di Pil di uno 0,75.
Dato ciò, il fatto che la ricostruzione avvenga tramite decisioni rapide, in tempi brevi, con procedure di urgenza, non è solo una esigenza dotata di valore in sé economico ed etico, allo scopo di riportare queste comunità e queste famiglie al più presto, alla situazione normale. E’ anche una esigenza di politica congiunturale, in relazione agli effetti positivi sul Pil che ciò può determinare.