Inizia da Norcia la sfida comune di laici e cattolici sui confini dell’umano
13 Ottobre 2007
Pubblichiamo il testo dell’intervento introduttivo di Gaetano Quagliariello, presidente della Fondazione Magna Carta, al convegno di Norcia su “Religione, scienza e la prova della ragione”
Nell’aprile del 2005, alla vigilia della sua ascesa al soglio pontificio, l’allora cardinale Joseph Ratzinger rivolse da Subiaco un invito affinché “anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio” cercasse comunque di “vivere e indirizzare la sua vita veluti si Deus daretur: come se Dio ci fosse”.
Il primo incontro di Norcia, che si svolse nell’ottobre di quello stesso anno, dedicato al tema “Libertà e laicità”, volle essere una risposta immediata a quell’appello. Ebbe un effetto dirompente. Ancor più di ciò che in quell’incontro si disse, il volerci essere, allora, assunse il significato di una testimonianza. Sono passati solo due anni ma la distanza appare ben più ampia se si presta mente a quanto fosse inconsueto che il mondo dei cattolici e quello dei cosiddetti laici s’incontrassero per discutere insieme. Si trattava, in qualche modo, di far cadere un muro e, in seguito, di ricercare una riclassificazione semantica di parole e concetti che nel senso comune avevano assunto un determinato significato, in quanto influenzate troppo da presso dalla storia dei rapporti tra religione e politica così come peculiarmente sviluppatisi in Italia dall’unità nazionale in avanti. Non di meno, da quel primo incontro provenne una indicazione chiara, quasi di carattere programmatico: se si fosse voluto rendere la testimonianza non episodica, urgeva abbandonare la concezione della laicità politica così come elaborata e tramandata dalla tradizione italiana per approdare a un nuovo significato che – se non apparisse provocatorio viste le inclinazioni culturali di un’Unione che è giunta fino al punto di rinnegare la propria matrice storica – si potrebbe definire più europeo. L’Italia, infatti, è l’unico Paese d’Europa nel quale “laico” è inteso come sinonimo di anti-cattolico.
Dall’esigenza di modificare questo stilema il tema di quel primo incontro: libertà e laicità. L’inaugurazione, in un certo senso, di una linea di ricerca proseguita con l’elaborazione dei concetti di “sana laicità”, di “laicità cristiana” (da cui un apprezzato volume di D’Agostino, Dalla Torre, Belardinelli e Cardia) nonché con il riconoscimento di nuove “ragioni della laicità”, intrapreso di recente da Vittorio Possenti.
Il secondo appuntamento di Norcia, nel 2006, ha avuto il senso di approfondire una linea di scavo. L’individuazione del rapporto tra religione e spazio pubblico può infatti ritenersi un corollario indispensabile a un nuovo concetto di laicità che rifiuti di considerare il fatto religioso come esclusivo della sfera propria della coscienza individuale. Rileggendo gli atti a un anno di distanza, mi sento però d’affermare che nel succedersi d’interventi a volte disorganici emerge la volontà d’andare oltre un confronto soltanto culturale. Ha preso così avvio una nuova fase, a partire dall’individuazione di campi e temi nei quali la collaborazione tra credenti e non credenti si propone in modo naturale e scontato come impellente necessità dettata dalle urgenze del tempo presente. L’appello laico in difesa della famiglia, giunto ad accostarsi e a integrare quello delle organizzazioni ecclesiali che quest’anno hanno promosso il Family Day, ha trovato in quelle riflessioni un terreno di coltura che, evidentemente, si è dimostrato proficuo.
Siamo così giunti alla terza edizione, quella di quest’anno. La rilevanza del tema prescelto è attestata, innanzitutto, dalle cronache dei giornali che ogni giorno ci confermano come la sfida sui confini dell’umano sia la più importante dei nostri giorni. E nessuno – proprio nessuno – potrà mai pretendere che il rapporto tra scienza e religione possa restare estraneo a tale sfida.
Ciò aiuta a comprendere perché, con sempre maggiore evidenza, lo sforzo di individuare un canale di comunicazione tra fede e ragione si proponga come il più rilevante centro tematico della riflessione che si sta dipanando nel corso del pontificato di Benedetto XVI. Si tratta, in estrema sintesi, del tentativo di superare l’idea illuministica della ragione a favore di una concezione più ampia, che consenta al razionale di accogliere la dimensione spirituale; alla mente di non rifiutarsi al cospetto degli insondabili messaggi provenienti dal cuore.
Questa volontà forte di riconciliazione è la traccia che si evidenzia dal discorso che Benedetto XVI ha pronunziato a Ratisbona. Ed essa si propone anche come filo di continuità tra quel discorso e le parole del Papa a Verona, in occasione del IV congresso della Chiesa in Italia. Ha trovato, infine, nel titolo del libro che le edizioni Cantagalli hanno consacrato al commento del discorso di Ratisbona, “Dio salvi la ragione”, una perfetta traduzione in una formula sintetica. Ma oggi, agli esordi del convegno che andiamo a iniziare sui rapporti tra scienza e fede, quel titolo potrebbe derubricarsi in un quesito: quale idea di ragione è più utile affinché vengano preservate le peculiarità della specie umana, così come una storia millenaria ha tramandato fino a noi?
E’ evidente a tutti che per rispondere a tale domanda la mera testimonianza non basta più. E il venire a Norcia, lungi dall’avere il senso di una semplice dichiarazione di disponibilità, sta assumendo il senso di un confronto vero e non scontato nelle sue conclusioni. Ringrazio, per questo, e di cuore, a nome della Fondazione che presiedo e di quelle che hanno collaborato con Magna Carta – la Fondazione Sublacense e la Fondazione Giovanni Paolo II – i professori Francesco D’Agostino e Giorgio Israel ai quali quest’anno è stato affidato l’onere delle due relazioni principali. Un ringraziamento particolare va inoltre al Cardinale Christoph Schönborn per la vicinanza che ci ha assicurato nella predisposizione di quest’incontro e per averci concesso l’utilizzo di un suo testo ancora inedito, che rappresenterà per noi una traccia preziosa. Un ultimo grazie a tutti gli illustri ospiti che hanno intrapreso questo viaggio non comodo che, in qualche modo, è un viaggio della speranza: la speranza che Norcia, una volta ancora, possa assumere un valore emblematico nel rappresentare le ragioni di una civiltà da opporre a ogni tentativo di sconvolgere la concezione e i confini dell’umano.