Intanto nel Pd è caciara (altro che pop corn!)
26 Maggio 2018
di Carlo Mascio
“Tocca a loro e pop corn per tutti”. La linea renziana dell’opposizione Dem era tutta racchiusa in questa frase. Come dire: lasciamoli fare e ne vedremo delle belle. In più Renzi aveva promesso: “Per due anni starò in silenzio”. Ma si sa che le promesse non sono proprio il suo forte. Lo sa bene il povero Martina che addirittura si è visto cambiare l’odg di una Direzione Dem cruciale (quella del si o no al dialogo con i 5 Stelle) in diretta tv da Fabio Fazio proprio dall’ex segretario. E così, di fronte allo stallo in cui versano le trattative per far nascere il futuro governo, l’ex premier non si tiene e scrive su Facebook: “Se lo spread sale e se i mutui costeranno di più è colpa di Di Maio e Salvini”. Sciorinando poi i presunti risultati “storici” del suo governo.
Ma nel Pd l’ “unità”, anche all’opposizione, ora come ora è solo uno slogan d’altri tempi (anche lo storico giornale che portava questo nome ha chiuso). E così se Martina s’infuria con Salvini per le pressioni su Mattarella nella scelta del ministro dell’Economia, c’è chi come Francesco Boccia arriva quasi a fare addirittura un endorsement a Paolo Savona, l’economista cagliaritano indicato dalla maggioranza giallo-verde (ma non certo gradito al Colle) come il candidato numero uno alla guida del dicastero di via XX settemrbre: “Da ministro dell’economia non sarebbe un pericolo, anzi: sarebbe un argine a Salvini”.
Non è tutto. Governo a parte, c’è chi torna sulle ragioni della sconfitta: “Alcune scelte del nostro governo hanno favorito lo sfondamento a destra”. Parola di Matteo Orfini, uno non proprio lontanissimo dalla linea renziana, che invece di buttare la palla nell’altro campo se la prende con i suoi, in pieno stile Dem, in modo particolare con Minniti: “Se andiamo in tv a dire che l’immigrazione è un pericolo si fa un assist a Salvini. La lettura sull’immigrazione data dal nostro governo ha sdoganato una lettura di destra del fenomeno”. Tradotto: se abbiamo perso è anche colpa del “nostro” ministro dell’Interno.
Eppure, quello di Orfini, in realtà, è un piccolo grande autogol. Perché, per dirla tutta, non è stata la politica sull’immigrazione del Ministro Minniti a dare man forte al buon Salvini, bensì proprio l’assenza di una politica degna di questo nome da parte del governo Renzi (l’accoglienza “senza se e senza ma” in cambio di flessibilità da parte dell’Europa non è una vera politica) cosa a cui in seguito il ministro dell’Interno uscente ha dovuto porre rimedio.
Ma non finisce qui. L’ultima assemblea Dem, che di fatto si è risolta con lo slittamento delle decisioni calde su segretario e Congresso, tra le proteste e i fischi dei delegati, ha fatto rimanere di stucco anche uno come Carlo Calenda, fresco di tessera Pd, che a Piazza Pulita su La 7 è arrivato a dire: “Proverò a stare nel Pd ma se diventa questo canaio di discussione infinita su tutto al proprio interno, non ci sto”. Chiarissimo. E tenendo in considerazione che in casa Pd è alle porte (a meno di sviluppi last minute) la stagione congressuale, c’è da dargli ragione.
Insomma, il Pd non si riesce a ricompattare nemmeno stando all’opposizione, assomigliando sempre più ad una specie di asilo nido (come ha già messo in evidenza qualcuno), piuttosto che ad una “alternativa credibile”. In più, Renzi, interrompendo la “silence strategy” (da lui annunciata) prima ancora di iniziarla e scrivendo post che scaricano tutte le responsabilità sulle forze in campo per formare il governo (dimenticandosi le proprie), rischia di fare un assist perfetto – l’ennesimo per la verità – a Salvini e Di Maio. Della serie: lunga vita ai giallo-verdi. I pop corn, senza una radicale e profonda analisi delle ragioni della debacle del 4 marzo, non bastano di certo per essere credibili.