Intercettazioni, con il “ddl Vitali” c’è un rimborso sulle offese alla privacy
02 Febbraio 2011
Sta facendo molto discutere in questi giorni la proposta di legge presentata il 28 ottobre 2010 da alcuni esponenti del Pdl – primo firmatario il deputato Luigi Vitali – e intitolata “Sanzioni disciplinari contro le intercettazioni ingiuste. Introduzione dell’art. 315 bis del codice di procedura penale, concernente la riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni”. Analizzando nel dettaglio la formulazione di questo articolo, che dovrebbe essere aggiunto a quelli già esistenti nel codice di procedura penale e volti a tutelare coloro che hanno subito ingiustamente intercettazioni, si evince che l’obiettivo primario di tale proposta di legge è quello di garantire in modo ancora più pregnante il sacrosanto diritto alla riservatezza di cui tutti sono titolari ex art. 15 della Costituzione della Repubblica Italiana.
Più in particolare, l’art. 315 bis si suddivide in sei comma, e va a specificare nel dettaglio una serie di ipotesi in cui sorge il diritto del cittadino a proporre domanda di riparazione per aver subito ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni. Precisamente, è legittimato a chiedere ed ottenere un equa riparazione per il danno subito: chi è stato assolto, con sentenza irrevocabile, perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato; chi è destinatario di ordinanza di archiviazione o sentenza di non luogo a procedere ed infine i terzi estranei alle indagini, intercettati occasionalmente, se le intercettazioni sono state divulgate.
La domanda di riparazione ovviamente deve essere presentata nel termine perentorio stabilito dal legislatore e può dar luogo, se accolta, ad una riparazione di entità non superiore ad euro 100.000. Dunque, tutti coloro che sono stati sottoposti ingiustamente e per tempi lunghissimi ad un processo penale, che hanno subito la violazione del diritto loro costituzionalmente garantito alla riservatezza, e al termine del quale vengono giudicati innocenti, o coloro che, estranei alle indagini, casualmente si sono trovati a comunicare con altri soggetti intercettati, la cui privacy viene distrutta dalla pubblicazione delle proprie conversazioni, hanno diritto a che l’autore di tale illecito venga punito.
Ciò non significa imbavagliare i magistrati: il loro dovere è quello di svolgere indagini in modo lecito, con tutti gli strumenti che l’ordinamento mette a loro disposizione e contro persone che, sulla base di indizi di prova, possono essere soggette a tale strumento investigativo. Difatti, a tutela del potere della Magistratura, tale articolo prevede che il Ministro della giustizia e il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione valutino, in ogni caso, la sussistenza di profili disciplinari nei confronti del pubblico ministero e del giudice per le indagini preliminari che hanno rispettivamente richiesto, autorizzato ed eventualmente prorogato l’ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni.
Nessun potere ad libitum, dunque: l’eventuale sanzione disciplinare verrà irrogata solo a seguito di una valutazione effettuata dai massimi garanti del potere giudiziario, costituzionalmente riconosciuti come tali. A prescindere dal fatto che tale proposta di legge possa venire approvata o che venga integrato il testo legislativo sulle intercettazioni, un dato è certo: in un ordinamento democratico chiunque commetta un illecito deve essere punito, sia esso un privato cittadino o un funzionario dello Stato.