Iran, la rivolta ormai è in atto e non c’è modo di tornare indietro

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Iran, la rivolta ormai è in atto e non c’è modo di tornare indietro

26 Giugno 2009

Per quale motivo il Grande Ayatollah Khamenei ha deciso di vietare le manifestazioni e non ha ordinato di procedere a nuove elezioni per risolvere la crisi? Quali analisi sono state fatte nella "war room" di Khamenei e Ahmadinejad? Stando a diverse dichiarazioni, sembra che il regime creda che il movimento di protesta sia troppo esteso e determinato per permettergli di espandersi ulteriormente.

Gli Ayatollah alla guida della "rivoluzione" e gli alti comandanti delle Guardie Rivoluzionarie, insieme ai loro agenti finanziari, temono una spaccatura all’interno della popolazione iraniana con un’ampiezza tale da ricordare la rivoluzione dell’Europa dell’Est contro il regime sovietico. Il paragone da vero cataclisma sarebbe quello con la caduta della dittatura comunista di Ceausescu in Romania. Persino un cambiamento stile Gorbaciov è troppo pericoloso per l’elite che governa l’Iran ormai da trent’anni con il pugno di ferro. Quindi, dopo un rapido calcolo, gli alti mullah e i loro baroni miliziani hanno deciso di non aprire il vaso di Pandora per portare le riforme e la democrazia nel loro mondo. Ed il resto del mondo dovrebbe aspettarsi che si servano di tutte le forze che hanno a disposizione per allontanare le manifestazioni ed i loro fautori.

Ma in che modo la "war room" khomeinista pensa di poter fermare la rivolta? Qual è il loro piano? Chiunque penserebbe che dopo un’approfondita analisi delle reali forze dell’opposizione in campo, e dopo essersi assicurato quella che viene considerata una fedeltà incondizionata da parte dei comandanti Pasdaran e Bassij, insieme alle garanzie sul fatto che le forze armate iraniane non saranno toccate dalle misure restrittive, il regime procederà in diverse direzioni:

– Eserciterà pressioni su Mousavi e sulle figure guida riformiste come Rafsanjani e Khatami.
– Dispiegherà le milizie e le forze di sicurezza lungo tutta la capitale e in altre città.
– Si riprenderà Teheran, un pezzo alla volta, tentando nel mentre di evitare un violenta reazione internazionale da parte dei media.
– Arresterà e neutralizzerà gli studenti e i leader della società civile; e al tempo stesso, si assicurerà che i governi occidentali, in particolar modo gli Stati Uniti, evitino accuratamente di "interferire negli affari dell’Iran".

E quali sarebbero allora i piani dell’opposizione? Quali sono le speranze e le proiezioni di Mousavi e dei suoi sostenitori? L’ex primo ministro e i suoi alleati potrebbero augurarsi che Khamenei e il Consiglio Supremo trovino una soluzione migliore, che permetta una valida trattativa ed un insediamento duraturo. Il suo obiettivo è quello di sconfiggere Ahmadinejad ma non – o almeno non ancora – di far cadere il regime. Tuttavia c’è ancora più di un gruppo di "opposizione" nel paese e le fazioni più audaci sono già scese in strada per resistere agli ayatollah e ottenere un cambiamento reale – non il riconteggio dei voti. Quindi, è bene aspettarsi un lungo cammino per l’opposizione.

Ma è forse vero che una forte presa di posizione statunitense a favore del movimento iraniano per la democrazia scatenerebbe una dura reazione nei confronti dell’America? La verità è che coloro che avanzano un’ipotesi del genere stanno in realtà tentando di proteggere il regime iraniano in Occidente. La macchina della propaganda khomeinista sta sollevando tutti i dubbi possibili riguardo al sostegno internazionale ai manifestanti. In realtà, il punto cruciale contro le milizie degli Ayatollah è proprio il grido di protesta levatosi a livello mondiale a difesa della rivolta in atto. Attualmente non esistono iraniani in posizione neutrale che possano sentirsi offesi dal sostegno verbale dell’America e dell’Occidente nei confronti della democrazia in Iran. La discussione viene spesso inserita nel dibattito per confondere il pubblico e per indebolire la solidarietà esterna. Ciò che può spostare gli equilibri a danno degli oppressivi Pasdaran è proprio questo, il fatto che una larga maggioranza di iraniani senta che la comunità internazionale è dalla sua parte, quanto meno dal punto di vista morale.

Le milizie tenteranno di reprimere le masse, ma queste a loro volta potrebbero portare la lotta ad un livello superiore, attraverso azioni in grado di paralizzare il paese. In breve, questa volta i khomeinisti non l’avranno vinta facilmente. L’eccessivo potere e la ricchezza spropositata li hanno completamente distaccati dai loro cittadini.

I giovani dell’Iran sono alla guida di enormi segmenti della società, che sono stati privati dei loro diritti civili, inclusi lavoratori, donne e minoranze etniche. La maggior parte della popolazione ancora non ha preso parte agli scontri. Appena questo accadrà, siamo pronti a scommettere, sulla base del campione sociologico esaminato, che si verificherà un vero e proprio terremoto. Gli Ayatollah e la loro estesa clientela stanno sollecitando l’esercito del regime a stroncare la rivolta sul nascere. Dati i cattivi consigli ricevuti in passato, l’amministrazione statunitense continua ad esitare nel trattare con il suo reale futuro partner, la gente.

Ma una serie di progressi all’interno dell’Iran potrebbe far cambiare opinione lungo il Potomac. Speriamo sinceramente che Washington raggiunga il cambiamento proveniente dall’Est, il più presto possibile.

© FOX News
Traduzione Benedetta Mangano

Walid Phares è Senior Fellow presso la Foundation for Defense of Democracies (FDD) di Washington ed autore di “The Confrontation: Winning the War against Future Jihad”