Iraq, dietro gli attacchi contro i cristiani spunta la pista del voto curdo

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Iraq, dietro gli attacchi contro i cristiani spunta la pista del voto curdo

20 Luglio 2009

Dopo le bombe del 12 luglio, la comunità cristiana irachena ha paura ma non rinuncia a “partecipare regolarmente alle funzioni”, com’è avvenuto domenica scorsa. Lo ha detto ieri monsignor Shlemon Warduni, il vescovo ausiliare di Baghdad. “Ho chiesto ai fedeli di avere coraggio”, ma resta il “timore” per una “nuova fuga dii cristiani dall’Iraq”.

Circa una settimana fa, alcune bombe nascoste in scatoloni piazzati fuori le chiese avevano sorpreso i fedeli all’uscita delle celebrazioni, provocando 5 morti e decine di feriti. 9 le chiese colpite: quella caldea intitolata alla Vergine Maria a Baghdad, quelle caldee di San Giorgio, San Giuseppe lavoratore, San Giacomo, San Matteo, del Sacro Cuore; la chiesa siro-ortodossa di San Pietro e Paolo e quella assira di Santa Maria. E’ stata anche colpita una chiesa siro-cattolica a Mosul, città simbolo delle persecuzioni subite dai cristiani in Iraq. Lo schema seguito è lo stesso usato negli attacchi terroristici del 1 agosto 2004 e in altri attentati successivi.

“Gli episodi non sono certamente legati alla resistenza contro un invasore, ma ad un processo violento che mira a rallentare lo sviluppo e la pacificazione del Paese, con lo scopo di avere un Iraq debole e sottosviluppato – dice Monsignor Najim, Procuratore della Chiesa caldea presso la Santa Sede – La perdita della componente cristiana priverebbe l’Iraq di una parte importante della sua società”. I mandanti degli attacchi, secondo il prelato, sono “forze oscure”, esterne al Paese, che vogliono distruggerne ogni residua forma di tolleranza.

La nuova ondata di violenze, che ha stravolto la comunità cristiana irachena, potrebbe anche essere un messaggio di avvertimento in vista delle prossime elezioni provinciali del Kurdistan, la regione federale dell’Iraq settentrionale. Qui, pur essendo l’Islam sunnita e sciita la fede prevalente, vive una nutrita comunità cristiana.

Secondo alcune fonti anonime di “Baghdadhope”, un’altra pista sarebbe quella legata all’approvazione della costituzione curda. La bozza del documento è stata approvata dal Parlamento regionale curdo con una maggioranza schiacciante. L’approvazione, tramite referendum, è stata rimandata dopo la forte opposizione del governo centrale che non vede di buon occhio i tentativi di annessione di alcune zone geografiche contese con i curdi. Se migliaia di cristiani dovessero spostarsi in queste zone per sfuggire alla violenza, come accadde nel 2004, i nuovi arrivati potrebbero trovarsi a votare la Costituzione curda e magari, per gratitudine, ad approvarla. 

La situazione è complessa ma un dato certo c’è, ed è lo stato di profonda sofferenza e restrizione in cui versa la comunità cristiana irachena, tra violenze, persecuzioni, esodi di massa. Numerosi cristiani sono alla ricerca dello status di rifugiati nei Paesi confinanti, che spesso gli viene negato. L’ultimo censimento ufficiale del 1987 contava 1,4 milioni di cristiani in Iraq. Oggi sarebbero all’incirca mezzo milione, una sparuta minoranza in una popolazione di 28 milioni di persone che per la quasi totalità sono di fede musulmana.

I cristiani iniziarono a lasciare il paese dopo il 1991, quando Saddam “spingeva” verso le politiche islamiste. Dopo il suo rovesciamento nel 2003, la violenza è aumentata in modo esponenziale, dando vita a un vero e proprio esodo. Le persecuzioni continuano e aumenta anche il numero di quelli che scelgono la fuga come una soluzione risolutiva. E’ questo il vero obiettivo degli attentatori, scoraggiare coloro che pensano di tornare a casa ed espellere dall’Iraq chi pensa di restarci.

Monsignor Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, ha condannato la fuga di massa dei cristiani dalla loro terra di origine, convinto che si dovrebbero eliminare alla radice le cause della fuga, senza scappare dinanzi alle difficoltà, ma accogliendo la missione del messaggio cristiano. Il sostegno della comunità internazionale, in una situazione come questa, è fondamentale, perché aiuta a non sentirsi abbandonati e ad acquistare fiducia nel futuro. Del resto la comunità cristiana è debole e vulnerabile anche perché lo stato iracheno non le garantisce la giusta sicurezza.

“È necessario garantire la sopravvivenza dell’antica comunità cristiana di quella nobile terra”, ha detto Papa Benedetto XVI nel corso della sua ultima visita in Medio Oriente. Un addolorato appello per tutti i profughi che cercano di raggiungere l’Occidente, vivendo una profonda esperienza di sradicamento, solitudine e sofferenza. Se la comunità internazionale non ascolterà il loro grido, l’esodo forzato continuerà, spopolando una terra che i cristiani abitano da secoli.