Italia e Ue in ginocchio (anche) da Erdogan

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Italia e Ue in ginocchio (anche) da Erdogan

14 Febbraio 2018

Una politica in ginocchio persino verso i turchi: è questo il destino ineluttabile delle espressioni geografiche Unione Europea e Repubblica Italiana? “EU foreign policy chief Federica Mogherini had met Turkey’s foreign minister in the margins of a summit in Kuwait late Tuesday. Reiterating similar comments made Monday on the issue, Schinas said ‘negative statements that damage good neighborly relations should be avoided”. Harry Cooper sul sito Politico del 13 febbraio scrive che la Mogherini ha detto al ministro degli Esteri turco che andrebbero evitate dichiarazioni negative. “I rapporti tra Turchia e Italia si sono complicati per via del gas”. Così una nota sulla Repubblica del 14 febbraio introduce un articolo di Marco Ansaldo sulle mosse di Recep Tayyip Erdoğan. Il problema non sono le dichiarazioni negative, il problema non è quello delle complicazioni sulle politiche del gas, il problema è che la marina turca ha bloccato una nave italiana nelle acque di Cipro e le uniche reazioni serie sono state quelle greche e cipriote. Al di là del merito delle questioni, tutta la vicenda rivela come l’Unione europea sappia far la voce grossa solo con Washington perché crede che non pagherà pegno (magari confidando nello special counsel Robert Mueller), e che Angela Merkel ed Emmanuel Macron non sono statisti ma mercanti incapaci di delineare un’idea di un qualche equilibrio internazionale ragionevole. E l’Italia? Oggi è affidata a un terzetto di ectoplasmi: Paolo Gentiloni, Federica Mogherini e Angelino Alfano. Questi tre il 4 marzo possono essere licenziati (con qualche giorno in più per l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza) e sostituiti con qualcuno che ci ridia una politica estera per cui ci sono nuovi evidenti spazi. Naturalmente evitando quegli sbandati cacciatori di rimborsi dei Cinquestelle.

L’antifascismo sovversivo di esponenti disperati di una piccola politica, di una piccola informazione e di un piccolo establishment. “Non solo l’hanno contestata duramente, ma le hanno tirato bottigliette di acqua, le hanno sputato e hanno preso a calci e pugni la macchina”. Così Marco Gasperetti descrive sul Corriere della Sera del 14 febbraio l’aggressione avvenuta a Livorno a una candidata alle elezioni del 4 marzo. Ma è quella lì a cui il sindaco di Pontedera ha anche impedito di far propaganda elettorale? Sì, proprio lei. Bè, allora è vero che un po’ di comportamenti fascisti (compresi gli sputi su una donna, tipico esempio del più selvaggio maschilismo) si stanno manifestando nel nostro Paese. Che cosa hai capito? Gli aggressori erano dei centri sociali, il sindaco di sinistra e la vittima era Giorgia Meloni. Ecco i frutti da una campagna da deficienti promossa da persone  pur garbate come Graziano Delrio, da un quotidiano di cui comprendiamo la disperazione ma non giustifichiamo lo sbandamento come la Repubblica, di chi paragona quel pagliaccio di Beppe Grillo a Joseph Goebbels. Vi è in Italia un nucleo di politica, di informazione e di establishment che per “avere ragione” è disposto a tutto, persino a trasformare la presenza di alcuni idioti neonazisti in una marea nera, una strampalata protesta senza proposte in una trama diabolica, posizioni conservatrici magari poco raffinate in squadrismo. C’è il pericolo, però, si dice, di inaccettabili pulsioni razziste: isoliamo questo problema e concentriamoci su questo, sapendo anche che se si confonde  la discussione sulle politiche sull’immigrazione e il contrasto all’islamismo jihadista con il razzismo, si fa un favore a quest’ultimo. Tutto il resto non è che quel sovversivismo delle classi dirigenti di cui già parlava Antonio Gramsci.

Alcuni ex euro-entusiasti. “L’impressione è che in alcune capitali e nelle istituzioni della Ue si stia rafforzando una vecchia idea, quella per la quale l’Europa riuscirà a essere davvero unita solo se allenterà, o addirittura romperà, l’alleanza con gli Stai Uniti”. Così scrive su L’Economia inserto del Corriere della Sera del 5 febbraio Danilo Taino. “La scommessa di Bruxelles è che, chiunque vada a Palazzo Chigi, di fronte alla minaccia reale di una bancarotta e di una uscita dall’euro, farà la scelta che a suo tempo fece il governo greco e si piegherà ai diktat europei”. Scrive Aldo Bonanni sulla Repubblica del 5 febbraio. “La lezione che la Germania vuole impartire a Trump è però fuori luogo. Il surplus tedesco ha raggiunto lo scorso novembre la cifra record di 262 miliardi di euro, l’8 per cento del Pil” scrive Fabio Bogo sull’inserto Affari & finanza della Repubblica del 29 gennaio. “L’America fa più di qualunque altro, infinitamente di più della Germania e dell’intera area euro, per garantire che esistano compratori e non solo venditori nel commercio internazionale” scrive Federico Fubini sul Corriere della Sera del 7 febbraio. Queste citazioni sono tutte tratte da articoli scritti prima dell’annuncio della accordo per la Grande coalizione realizzato tra Cdu-Csu e Spd, dopo il quale il clima è un po’ cambiato, ci torneremo su nei prossimi giorni. Però, pur scontando l’esame successivo della nuova fase, è interessante le preoccupazioni di giornalisti già abbastanza euro-entusiasti: il pericolo dell’antiamericanismo  nell’Unione, l’arroganza tedesca nel non riflettere sullo sbilanciamento dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti, sul ruolo trainante che ha l’economia americana. Persino Bonanni, poi, segnala con un qualche imbarazzo le tattiche ricattatorie che potrebbero seguire il voto italiano. Ecco un bell’argomento elettorale: quale schieramento potrebbe essere il migliore perché le indispensabili trattative con l’asse tedesco non si svolgano in ginocchio o in stato di ubriachezza?

Che cosa rispondere a quelli che dicono: “Attenti, se provocate l’Iran, lo spingete nelle mani degli estremisti”? Che l’Iran è già nelle mani degli estremisti e costituisce una pericolosa minaccia per tutto il Medio Oriente. “Israel’s attack Saturday morning was the most extensive attack made against Syria’s air force since the 1982 Lebanon war, said Brigadier General Tomer Bar, the Israeli Air Force (IAF) chief of staff. Among other things, the command and control unit of the Iranian drone that infiltrated Israeli territory was destroyed.  The Iranian drone flew through Jordanian territory, stopped for about a minute and a half in the northern Jordan Valley above Israeli territory, and was then shot down by a helicopter flown by Lt. Col. L., commander of the 113 squadron.”The squadron was sent to protect the country’s skies,” L. said. “We identified the aircraft as an Iranian drone, and when it crossed the border, we shot it down into Israeli territory. The squadron is ready and prepared for any task it is given.” The UAV that was shot down is considered to be very technologically advanced, and may be based on a model of the American stealth drone that was shot down in Iranian territory several years ago”. Tal Lev-Ram sul Jerusalem Post dell’11 febbraio riporta la descrizione delle provocazioni iraniane verso Israele e la risposta di Gerusalemme. Sulla Repubblica sempre dell’11 febbraio Vanna Vannuccini scrive: “La risposta dei fondamentalisti potrebbe essere un colpo di mano che metta lo Stato sotto il controllo dei pasdaran”. Ecco un esempio eloquente dell’ipocrisia imperante in Occidente, a partire da quella strabordante della serafica Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini. A Teheran c’è un esecutivo abbastanza moderato che copre però un regime la cui anima sono gli ajatollah e il cui eroe conclamato è il generale Qassem Soleimani, che dirige operazioni di terrorismo e guerra dal Libano alla Siria, dall’Irak fino allo Yemen. E’ sacrosanta l’idea di evitare terribili conflitti e gestire una situazione peraltro incandescente con duri ultimatum e cautissime aperture diplomatiche, però non lo si può fare chiudendo gli occhi. Per fortuna, ci sono gli israeliani che ce li aprono.