Italia Kaputt. Analisi di una disfatta politica ed economica

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Italia Kaputt. Analisi di una disfatta politica ed economica

Italia Kaputt. Analisi di una disfatta politica ed economica

09 Marzo 2020

L’attuale situazione italiana fa tornare d’attualità il termine “biopolitica” nella sua declinazione di lotta contro un virus pandemico che intacca la stessa tenuta sociale ed economica dello Stato.

Il paradigma “biopolitico” diventa quindi la cifra con cui il potere dello Stato deve necessariamente confrontarsi.

Secondo l’insegnamento di Max Weber (Teologia della politica) e di Giorgio Agamben (Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita) il potere è detto sovrano in virtù della sua facoltà di decretare lo “stato di eccezione”.

Nello spazio di eccezione il tratto fondamentale del potere emerge come possibilità di isolare in ogni soggetto una nuda vita: una vita irrimediabilmente esposta alla decisione sovrana, che, in quanto tale, assicura al potere una presa diretta.

Lo stato di eccezione è dunque il rovescio della norma: non il contrario dell’ordine istituito, ma il suo principio immanente.

Tesi che può venir riassunta nel modo seguente: il rapporto tra il potere sovrano e la nuda vita è un rapporto di cattura sulla base di una struttura di eccezione.

E’ di tutta evidenza che i provvedimenti governativi di contenimento del virus con l’istituzione di “zone rosse”, novelli campi di concentrazione assurgono a paradigma dell’analisi dell’azione governativa con inclusione sempre più diretta della vita del cittadino nell’ordine del potere.

Ma questo governo e questa maggioranza hanno veramente potere?

L’analisi delle reazioni delle Regioni e delle popolazioni e la necessità dei provvedimenti governativi di passare dalla fase di “moral suation” a veri e propri provvedimenti di coercizione fa ritenere di no.

Il dominio impartisce ordini, il potere non si mostra apertamente.

Il potere del potere consiste proprio nel fatto che possa suscitare decisioni ed azioni anche senza ricorrere a “costrizioni esplicite”.

La costrizione si tira dietro, volente o nolente, un’idea di coercizione fisica che distrugge alla radice la possibilità dell’obbedienza in quanto subita passivamente.

Stimolare l’obbedienza viceversa stimolerebbe più attività e libertà rispetto ad una violenza subita. Ma puoi ottenere obbedienza se la tua azione politica ha avuto come presupposto strategico l’esistenza di una alternativa.

E ciò in quanto anche il detentore del potere deve essere libero.

Se il detentore del potere si vedesse costretto da una circostanza a prendere una determinata decisione (isolamento di intere province o regioni) allora sarebbe piuttosto questa situazione impellente, non il potere, ad avere il potere.

L’autorità governativa si troverebbe a doverla subire passivamente.

Il detentore del potere deve essere libero per potere scegliere ed imporre un determinato comportamento.

Deve almeno agire, nel pragmatismo politico, che questa decisione dipenda solo da lui:e nel pragmatismo politico di essere “libero”.

In ogni singola situazione “comunicativa” non si sa da principio se la decisione verrà accettata o rifiutata dalla popolazione destinataria.

Ma se il governo ha veramente potere ha la sua prova nel momento in cui riesce a far combaciare la libertà del destinatario con la sua sottomissione.

Certo potrebbe utilizzare la costrizione: ma la continuità forzata della costrizione risulta fragile per via di una mediazione democratica assente.

E nell’uso del potere e della comunicazione si rivela tutta l’inconsistenza del Premier Conte e della sua compagine governativa (e delle forze di maggioranza).

Con le attuali decisioni il governo avvalora la tesi di un’intima solidarietà, nelle condizioni di eccezione, tra democrazia e totalitarismo: e cioè l’esigenza del potere formalmente legittimo ma sostanzialmente non legittimato che non potendo contare sulla trasmissione di selezioni operative attraverso una leadership comunicativa accettata la trasforma in repressiva.

Qui soccorre l’insegnamento di Max Weber secondo il quale il potere designa qualsiasi possibilità di far valere entro una relazione sociale (politica) anche di fronte ad un’opposizione la propria volontà quale che sia la base di questa possibilità.

Il concetto sociologico di “potere” deve garantire “la possibilità di trovare una disposizione ad obbedire ad un certo comando”.

Il che equivale a dire che il potere legittimato elimina la coercizione a favore dell’entusiasmo.

Qui sta il fallimento totale della politica governativa e delle forze di maggioranza.

Avremo bisogno di un nuova compagine governativa che riprenda gli insegnamenti di Hanna Arendt sul carattere strategico e polemologico del potere mediate dalle osservazioni di Habermas sul fattore comunicativo del potere partecipativo e non coercitivo per impotenza.

Se si dovesse applicare questo insegnamento ecco che l’agire comune sarebbe un agire strategico orientato al successo.

Ma ciò rende necessarie l’organizzazione e la strategia.

Il fatto che il potere non si lasci fondare solo sulla comunicazione risulta in un noto esempio sul rapporto tra padrone e schiavi che non si è mai fondato sulla superiorità dei mezzi di coercizione in quanto tali ma su una superiore organizzazione del potere.

Non basta quindi il “potere comunicativo”. Il potere vincente è il potere garantito da una “superiore organizzazione” e cioè da una strategia efficace.

Non quindi un potere comunicativo orientato alla propria sopravvivenza politica bensì un potere che si fa collettivo e orientato al successo.

Concentrarsi, come ha fatto questo governo, sul potere comunicativo trascurando completamente l’organizzazione e la strategia degli impatti economici oltre che sanitari dell’emergenza ne rappresenterà la “damnatio memoriae” avendo ridotto il potere dell’organizzazione al potere “dell’opinione”. Vuota chiacchiera senza sostanza.

E l’Italia è “kaputt”.