Italia vs Irlanda, in campo due popoli con “lo spirito vicino”
18 Giugno 2012
"Stasera l’Italia e l’Irlanda hanno celebrato il matrimonio!", esclamava un trascinante Bono durante il concerto degli U2 allo Stadio Olimpico di Roma, il 23 luglio 2005. La partita di stasera non è sicuramente un concerto, il calcio prevede che le due squadre che scendono in campo cerchino ognuna di prevalere sull’altra – a meno di ‘biscotti’ o di ‘meglio due feriti che un morto’ -, ma non c’è dubbio che gli abitanti dello Stivale e il popolo delle verdi vallate abbiano nel dna qualcosa in comune. "La gente irlandese e quella italiana hanno lo spirito vicino", stavolta la citazione di Bono risale al 30 maggio 1987, concerto al Braglia di Modena (scusate se il fan che alberga in chi scrive sta prendendo letteralmente a cazzotti il cronista).
Sarà perché sulla panchina gaelica siede un certo Giovanni Trapattoni da Cusano Milanino. Sarà che accanto a lui vi sia l’autore de "L’Urlo di Spagna ’82", quel Marco Tardelli che ha immortalato per sempre l’esultanza perfetta. Sarà che le differenze tra i due Tricolori stanno solo in qualche gradazione di colore. Sarà che in entrambi i Paesi si provi un raggelante brivido lungo la schiena quando viene pronunciato il nome di Angela Merkel. Sarà che il Museo della Guinness a Dublino pulluli sempre di turisti provenienti dal "bel paese là dove ‘l sì suona" (stavolta la citazione non è udduica, ma dantesca) e che il 17 marzo, giorno di San Patrizio, si faccia baldoria anche a Trastevere o nei pub lungo i Navigli. Sarà che la fede tradizionale di entrambi i popoli rivolga il suo sguardo alla Cupola di San Pietro. E sarà che nelle acque dell’Atlantico ancora scorrono le lacrime degli emigranti italiani e irlandesi che lasciavano la propria terra per cercare fortuna in America. Insomma, sarà per tutte queste e mille altre cose che gli Irlandesi sono, in un certo senso, gli Italiani del Nord Europa, e viceversa.
Sarebbe stato bello se stasera, a Poznan, gli Azzurri e i Boys in Green avessero potuto festeggiare insieme la qualificazione ai quarti di finale. Ma gli dei del pallone hanno decretato che l’Italia di Cesare Prandelli debba trafiggere almeno una volta il già abbattuto toro irlandese e sperare che, sull’altro canale, il tabellino di Spagna-Croazia non reciti 2-2. L’Italia dalle polveri bagnate degli attaccanti meno egoisti della storia, che sembrano preferiscano passare la palla piuttosto che tirare in porta, sarà così chiamata a rovinare l’ultima panchina del Giuàn nazionale con lo shamrock (il trifoglio) sul petto. Se si giocasse allo sport cugino del calcio, il nobile rugby, le sorti delle due squadre sarebbero ribaltate: quando in campo si scende in quindici e non in undici, è l’Irlanda a farla da padrona, l’Irlanda unita che non conosce differenze tra Dublino e Belfast, tra indipendentisti e realisti, tra cattolici e protestanti, miracolo che solo lo sport sa donare. In Polonia, però, il pallone non è ovale ma tondo e la scuola calcisitica italica ha sempre prevalso su quella gaelica.
Il pronostico vuole che anche domani questa superiorità sul rettangolo verde venga mantenuta. Gli Irlandesi, però, sanno come tirare fuori le unghie, e con esse l’orgoglio, proprio nei momenti più difficili (guarda un po’, proprio come gli Italiani). Gli Irlandesi sono quelli che, mentre la Spagna strappazzava la loro squadra in campo, si sono abbracciati e hanno intonato il canto tradizionale "The Fields of Athenry". Se l’Italia vuole lasciare la propria firma su questi Europei, comunque, deve essere abile a chiudere la pratica già nel primo tempo. E poi farsi prestare la boccetta con l’acqua benedetta da Trapattoni, se ‘di là’ le notizie dovessero essere sconfortanti. In ogni caso, qualunque sia il risultato finale, rimarrà il bel colpo d’occhio di aver visto accostati sugli spalti i colori dell’Italia a quelli dell’Irlanda. Due Paesi "con lo spirito vicino".