Italiane, le mamme più “vecchie” d’Europa

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Italiane, le mamme più “vecchie” d’Europa

29 Maggio 2013

Le italiane? Sono le mamme piu’ “mature” d’Europa. Nel nostro Paese circa il 35% delle nascite ha per protagoniste partorienti over 35. Un dato che svetta in Europa. E’ quanto emerge dal secondo rapporto europeo sulla salute materno-infantile Euro-Peristat uscito il 26 maggio, che prende in esame mortalita’ infantile, gravidanze plurime, parti cesarei, fecondazione assistita, eta’ delle madri al parto. Anche il tasso di figli per donna in Italia è tra i più bassi al mondo.  Ci sono due spiegazioni: una ovvia e dolorosa, e una meno ovvia.

La prima è la politica sociale e la crisi economica, che spingono a centellinare i propositi procreativi. Certamente la difficoltà di accesso al mondo del lavoro, la carenza di politiche sociali sono un ostacolo al pensiero di far figli. E non vediamo nulla chi invogli a far figli nella società attuale in cui rimbombano allarmismi spesso ingiustificati su un futuro catastrofico di desertificazione e fine di risorse, in cui la stampa certo non fa molto per rassicurare dai pericoli per i minori (pedofilia, incidenti…), tanto che oggi nessuno si fida più di nessuno – a far uscire i figli in strada da soli per esempio -, cosa in cui la prudenza si interseca con un’angoscia esistenziale. 

Ma se il problema di non far figli fosse solo un problema economico (che pur esiste ed è pesante), perché allora sono i ricchi a far meno figli di tutti? E qui entra la risposta meno ovvia: si centellinano i propositi procreativi anche perché la società d’oggi è una società pedofobica, cioè una società in cui i figli non hanno posto; la pubblicità dei giocattoli una volta era incentrata sulle bambole per mostrare un modello di mamma-futura alle bambine: modello forse sessista, chissà, ma certamente migliore di quello che vediamo oggi in cui ai bambolotti si sono sostituiti gli animaletti: i giochi per bambini non sono più portati a mostrare alle bambine una futura maternità di cui non aver paura, ma un futuro da protettrice degli animali.

Non a caso il Papa il 26 maggio ha parlato di paura del definitivo in una società in cui tutto è programmato: viviamo vite programmate, viviamo amori programmati, in cui i figli sono la ciliegina sulla torta e non un normale esito di una vita di coppia. Una società in cui le scelte definitive sono bandite, sono fuori moda, e tra le scelte definitive (che riempiono la vita di gioia ma che per il mondo sono il peggior nemico) c’è la famiglia e i figli. "Quante coppie, quante coppie si sposano, senza dirlo, ma nel cuore dicono: "fin che dura l’amore e poi vediamo?’". E, durante l’omelia a Santa Marta, aggiunge: <<Alcuni dicono: "No, non voglio, più di un figlio perché non possiamo fare le vacanze, non possiamo andare qua, non possiamo comprare la casa">>. Noi, osserva con rammarico, siamo "innamorati del provvisorio". Le "proposte definitive non ci piacciono". Il provvisorio invece ci attira, perché in fondo di tutto e di tutti "abbiamo paura”.

Ed è proprio questa paura esistenziale che qualcuno alimenta creando un popolo che non costruisce più nulla, che non ha più un senso realmente religioso cioè amico del futuro, che è mistero ma non per questo è angosciante. Invece oggi il tratto saliente è l’angoscia: la gravidanza da “stato interessante” si è trasformata in “stato angosciante” basta guardare il nugolo di esami ed accertamenti medici che normalmente fa una donna in dolce attesa. E guardare come si rimanda, si programma, si centellina, si riduce al minimo. Il Papa non richiama alla bellezza di aver figli in nome di una legge numerica (come se ci fosse un tot di figli da fare), ma in nome di una vita coraggiosa, amante del futuro e del proprio sviluppo personale. Insomma, non chiama a “far figli” come richiamo fine a se stesso, ma ad amare la bellezza, a vincere la paura.