James Bond compie 50 anni, ma non li dimostra affatto

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

James Bond compie 50 anni, ma non li dimostra affatto

07 Ottobre 2012

Serata di apertura delle recenti Olimpiadi di Londra. La Storia e il Mito camminano al fianco. La regina Elisabetta II esce dalla sua camera scortata da James Bond. Lei, solita pettinatura, vestito color salmone; lui con lo smoking. Elisabetta è la Storia. James Bond (l’attore Daniel Craig) è il Mito. La prima è un personaggio vero; il secondo un parto della fantasia di un letterato un po’ annoiato (Ian Fleming), reso indistruttibile e perennemente affascinante dalla cinematografia (che il londinese Ian Fleming sia uno scrittore autentico ne è convinta la casa editrice Adelphi, che da poco ha pubblicato Casino Royale, il primo libro, uscito nel 1953, dove si materializza l’agente segreto James Bond).

A pensarci bene, però, migliore coppia della Vecchia Inghilterra non si potrebbe assemblare: una donna di ferro e un uomo d’acciaio. Una vecchia signora la cui madre non volle lasciare Londra devastata dalle bombe naziste, e un giovanotto forte come un toro, abile nel gioco d’azzardo e nella guida delle auto, le cui mani si fanno di pietra se devono atterrare un nemico, o di velluto se devono sfilare il vestito di una donna. Un uomo che non sbaglia mai camicia, cravatta, completo da indossare ai Tropici o al freddo polare. Bond è sempre perfetto. In un ristorante chic di Macao o ad una colazione frugale in Medio Oriente. Già la sua presentazione è da favola: «Bond, il mio nome è James Bond».

Agente segreto che non cela mai la propria identità. James Bond compie cinquant’anni, anche se non li dimostra. Anzi, a vederlo (e prepariamoci, poiché l’ultimo gioiello della serie, Skyfall, esce in Italia il 31 ottobre) sembra che abbia appena scaldato i motori. Eppure è in attività da mezzo secolo. Caso unico di successo seriale (ventitre lungometraggi, che gli appassionati di 007 nel mese di ottobre potranno vedere su Sky, canale 304, l’intera serie, oltre ad altri materiali riguardanti l’agente segreto più famoso della storia del cinema). Le serie si sposano necessariamente con un protagonista. Puoi tirarle alla lunga quanto vuoi, ma alla fine è il Tempo che scandisce la credibilità. Stallone con Rocky e Rambo (undici film in complessivo) ha compiuto un vero miracolo. Adesso si deve accontentare di un succedaneo: il capo dei mercenari di un’epoca d’oro, gli anni Ottanta del secolo passato, che lanciò, oltre a Stallone, Arnold Schwarzenegger, Bruce Willis, Chuck Norris, Jean-Claude Van Damme, Mel Gibson.

Ma Bond è altra merce. Innanzitutto ha il fascino della vecchia Europa. Chi può indossare senza far ridere, fra gli eroi indistruttibili poco sopra menzionati, un blazer con i bottoni d’oro? Per loro sono adatte giacche di pelle, magliette aderenti, camicie a quadri. Ma volete mettere come indossa il blazer Roger Moore, abbinandoci sobrie cravatte o sgargianti foulard! Ecco, una parte del segreto sta qui. James Bond nel corso degli anni è stato un corpo dalle sei facce. Nel senso che sono stati sei gli attori che l’hanno interpretato. Diciamo cinque, poiché uno ha ballato una sola estate (George Lezenby in Al servizio segreto di Sua Maestà, nel 1969). C’e chi sostiene che in realtà ci sono solo due Bond: il primo e l’ultimo. Cioè il Bond dell’epoca classica, Sean Connery (sei film dal 1962 al 1971), e quello dell’epoca postmoderna, Daniel Craig (tre film dal 2006 al 2012). Due agenti segreti molto diversi: il primo idolo della donne; il secondo idolo di tutti gli spettatori. Timothy Dalton (due film, 1987 e 1989) forse non è stato una buona scelta. Ma Roger Moore (sette  film dal 1973 al 1985) se l’è cavata egregiamente. E non da meno è stato Pierce Brosnam (quattro film dal 1995 al 2002). Del primo s’è detto che accentuasse il profilo di latin lover, troppo goffo quando c’era da menar le mani. Del secondo, invece, s’è detto che è stato perfetto soprattutto nell’indossare abiti. Quindi un seduttore e un indossatore.

James Bond è anche questo. È un figlio della borghese Inghilterra (padre scozzese, madre svizzera) che frequenta le scuole d’élite come Eton, da dove Bond è stato allontanato per la tresca con una cameriera (lo sappiamo dal suo ideatore, Ian Fleming). Ma, ripensandoci bene, dobbiamo recuperare anche Timothy Dalton: un duro e un violento apparso in tempi non ancora maturi. Bond doveva essere dolce. Doveva, poiché Daniel Craig non lo è più. È un tipo muscolare, assai atletico, rapido. Un volto affilato che ha gettato il Rolex (status degli uomini arrivati, che Moore guardava troppo spesso), sostituito col più giovanile Omega (status degli uomini arrivati, ma con la pancia in tiro perfetto). Insomma, per concludere, perché Bond da cinque decenni domina il botteghino (e l’immaginario collettivo), rendendo inoffensivo, al suo cospetto, ad esempio, un Jason Bourne qualunque (invenzione, mica male, di un grande della scrittura spionistica, Robert Ludlum, per giunta col volto di Matt Demon)? Dobbiamo tornare da dove siamo partiti. Ce lo vedete Jason Bourne accanto a Elisabetta II? Non ce lo vedete. E allora lunga vita alla Regina e al suo mitico agente segreto 007.