Karadzic catturato dopo oltre 10 anni di latitanza

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Karadzic catturato dopo oltre 10 anni di latitanza

22 Luglio 2008

Nello stesso periodo in cui le vittime di Srebrenica hanno commemorato il tredicesimo anniversario della più spietata mattanza bosniaca, viene arrestato Radovan Karadzic, il suo artefice politico. 

Il nascondiglio dell’ex presidente della Repubblica Serba di Bosnia, l’enclave edificata nel sangue della pulizia etnica, non era localizzato in qualche sperduta montagna. Le leggende dell’underground internazionale sono ricche di aneddoti sui covi in cui Karadzic si nascose per sottrarsi alla giustizia internazionale, sulle alte protezioni ricevute in cambio del suo silenzio, sul muro di gomma che ha sempre circondato la sua vita. Adesso Karadzic ha concluso quest’odissea di fughe. 

Al momento dell’arresto si trovava nella periferia di Belgrado, dove da circa una settimana era sottoposto ad un’attenta sorveglianza delle forze di sicurezza serbe in seguito ad una soffiata segreta – anche se i dettagli sulle effettive modalità dell’arresto non sono ancora stati delucidati. Meritato l’applauso al governo filo-occidentale di Belgrado, fresco di nomina e di entusiasmo, che dimostra nei fatti la forza della sua svolta verso l’Europa e l’Occidente, nonostante l’imperversare della crisi dei serbi in Kosovo. 

Di fronte all’immediata sorpresa per questo gesto così significativo emerge l’interrogativo sulle connivenze tra i precedenti governi serbi e quelle cerchie di potere sopravvissute alla pacificazione della Bosnia, protette dall’ospitalità clandestina della Serbia. 

Ex psichiatra, 63 anni vissuti tra cliniche per l’igiene mentale e la passione per la musica di Bach, oltre al culto per la Grande Serbia, Karadzic fu la mente politica che, insieme al braccio militare di Ratko Mladic, strinse d’assedio Sarajevo per quattro anni, riducendo la capitale bosniaca ad una terra di nessuno. Adesso il criminale di guerra in vetta alla classifica dei “most wanted” per la Bosnia, termina il suo lungo decennio di latitanza con il viaggio verso la giustizia internazionale. Da carnefice a vittima.

Prima sarà condotto dinnanzi alla corte per i crimini di guerra di Belgrado e successivamente subirà il giudizio della corte per i crimini di guerra del tribunale internazionale de L’Aia. E’ una svolta attesa da lungo tempo. Ma è soprattutto un segnale per iniziare a chiudere i conti con la guerra in Bosnia e smuovere Sarajevo da una preoccupante fase di stasi politica. 

Le cancellerie internazionali e le opinioni pubbliche non perdono tempo a congratularsi con la Serbia. Eppure i serbi non sembrano pensarla allo stesso modo. In onore alla sua reputazione di uomo granitico e glaciale, i testimoni raccontano che Karadzic non si è arreso di sua spontanea volontà. Non solo. Di fronte al tribunale di guerra di Belgrado si è radunata una folla di manifestanti con sentimenti tutt’altro che contrari al leader bosniaco. Cartelli, striscioni e cori di sostegno per il patriarca della Grande Serbia rappresentano l’elemento che stona con la notizia dell’arresto. Eppure per l’inconscio dell’animo serbo è ancora difficile rimuovere l’istinto all’espansionismo, all’uso delle armi per imporre l’identità etnica, specialmente in una congiuntura dove il Kosovo è una ferita sanguinante che invoca una reazione da parte della Serbia. Ma invece delle armi, questa volta Belgrado ha risposto con il primato del diritto internazionale e soprattutto del senso di giustizia. 

La Serbia è un passo più avanti verso l’Europa. Adesso l’idolo di questi sparuti gruppi di nostalgici attende l’imputazione per l’omicidio di trecento mila civili, ottomila soltanto a Srebrenica, e l’espulsione di quasi due milioni di bosniaci dalle loro case. E’ il quarantaquattresimo criminale di guerra bosniaco ad essere processato. Il “Bin Laden d’Europa” – così Karadzic è stato definito da Richard Holbrooke, l’architetto che riuscì a negoziare gli accordi di Dayton. Nello sterminato cimitero che raccoglie i resti delle vittime massacrate a Srebrenica adesso c’è spazio anche per l’epitaffio sulle orrende gesta di Karadzic.