Khamenei, un mullah con il quale sarà difficile trattare
25 Aprile 2009
di Amir Taheri
Forse la mossa più significativa del presidente Obama nell’avvicinarsi all’Iran è stata cercare un contatto diretto con Ali Khamenei, il religioso che detiene la posizione di “guida suprema”. I predecessori di Obama hanno sempre cercato di eludere la “guida suprema”, stabilendo contatti con altri power brokers a Teheran. E a un primo sguardo la scelta fatta da Obama potrebbe sembrare anche giudiziosa: nel sistema khomeinista il potere vero dipende dalla “guida suprema”. Tuttavia, trattare direttamente con Khamenei potrebbe dimostrarsi problematico per due ragioni.
La prima sta nel fatto che le relazioni con gli Stati Uniti rappresentano la questione centrale della politica interna iraniana. Le fazioni rivali sono consapevoli che chiunque raggiungesse la normalizzazione si troverebbe in vantaggio rispetto agli altri. D’altra parte, Khamenei sta al di sopra delle fazioni. È per questo motivo che non sente la stessa urgenza e non ha il medesimo incentivo a migliorare i rapporti. Anzi, potrebbe adottare una linea più dura per mettere in bella evidenza le sue credenziali, quelle dell’uomo che ha umiliato il “Grande Satana”.
Inoltre, sarebbe più difficile per Khamenei offrire quelle dolorose concessioni senza le quali nessun presidente degli Stati Uniti, neanche il bendisposto Obama, potrebbe definire amico un regime come quello iraniano. La questione si complica ancor di più con quella che dà tutta l’impressione di essere un’ondata di rabbia contro Khamenei. Le sue fotografie sono state bruciate l’altro giorno a Teheran da alcuni studenti che protestavano.
Il secondo problema è lo stesso Khamenei. Prima di diventare “guida suprema”, Khamenei aveva ricoperto per otto anni la carica di presidente della Repubblica islamica. Ma a quei tempi il mandato non era che una posizione cerimoniale, formale. Khamenei ha avuto poca esperienza di negoziati e ancor meno contatti con il mondo esterno. L’unico Stato europeo che ha visitato è stata la Jugoslavia nel 1989, dove ha lavorato all’amicizia con il leader serbo Slobodan Milosevic.
Ha anche fatto visita, con esiti disastrosi, a due Stati dell’Africa Subsahariana. In Mozambico ha litigato con il presidente Samora Machel (che fu leader del movimento socialista Fronte di Liberazione del Mozambico), poiché quest’ultimo viveva in un “palazzo coloniale inadatto a un leader rivoluzionario”. Nello Zimbabwe ebbe invece un alterco con Robert Mugabe, perché questi si era rifiutato di escludere le donne dalla cena organizzata in suo onore. Khamenei finì per cenare in solitudine nella sua stanza d’hotel prima di riprendere il volo e terminare la sua visita prima del previsto.
Nel 1992, in Germania, il tribunale penale di Berlino emise un mandato d’arresto internazionale per Khamenei e per altri tre alti funzionari khomeinisti con l’accusa di coinvolgimento nell’omicidio di quattro esuli curdo-iraniani. Un fatto che pose fine a qualsiasi idea di viaggio all’estero per Khamenei. Nel corso del suo mandato da “guida suprema”, Khamenei ha incontrato soltanto un leader occidentale: il presidente austriaco Kurt Waldheim, e solo in virtù dei suoi trascorsi nazisti ai tempi della seconda guerra mondiale.
Khamenei ha vissuto in un bozzolo per oltre vent’anni. Non può andare all’estero e non può neanche andare in pellegrinaggio nei centri sciiti dell’Arabia Saudita e dell’Iraq. Fatta eccezione per qualche rara puntata nelle province, lascia raramente il proprio palazzo di Teheran. Il suo entourage, poi, fa di tutto per limitare le possibilità di avvicinarsi a lui. Bombardato com’è di lusinghe e adulazioni, è improbabile che sia rimasto immune dal culto della personalità costruito su di lui. Ogni anno i poeti compongono qualcosa come cinquecento odi in suo onore, i predicatori dedicano sermoni ai suoi miracoli immaginari. I suoi ritratti sono dovunque, la sua immagine è scolpita nelle montagne e la si può vedere persino dall’alto, disegnata dal contorno delle foreste. C’è gente che scrive suppliche per chiedere brandelli del suo turbante o un po’ della sua saliva per la cura di alcune malattie. L’agenzia di stampa di Stato riferisce che a Shiraz i fiori sono sbocciati con settimane d’anticipo in seguito a una visita della “guida suprema”.
Si è detto per anni che la salute di Khamenei andava peggiorando, ma non sembra gli siano state prescritte cure specifiche. Quel ch’è certo è che necessita di molte ore di riposo e di settimane di ritiro dalla vita pubblica. Da persona solitaria qual è, sembra godere molto della propria solitudine, legge poesie, suona il sitar, guarda la televisione satellitare e migliora il proprio inglese.
Sulle questioni più importanti la “guida suprema” gioca la propria mano tenendosi le carte ben strette al petto. Nessuno sa con certezza cosa egli esattamente pensi di qualunque argomento in grado di suscitare passione e/o preoccupazione in Iran. Qualche volta diffonde ordinanze scritte e i suoi commenti sui rapporti ufficiali sono deliberatamente vaghi. Di lui si dice che si alteri molto facilmente e che sia in grado di conservare l’ onta per anni. Chi lo conosce sa bene che Khamenei non dimentica e non perdona mai.
Stregare Khamenei per fargli siglare un qualche accordo con il “Grande Satana” potrebbe davvero rivelarsi una grande sfida per Obama.
© New York Post
Traduzione Andrea Di Nino