La Bce sta facendo la sua parte, ora tocca al governo investire sulla crescita

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La Bce sta facendo la sua parte, ora tocca al governo investire sulla crescita

28 Dicembre 2011

L’asta dei Bot odierna ha registrato un grande successo. Sono stati tutti collocati i nove miliardi di titoli offerti dal Tesoro. I rendimenti sono così scesi al 3,251% rispetto al 6,504% della precedente asta. Questo é il primo visibile effetto della nuova strategia adottata dalla Banca centrale europea. Consentendo alle banche di accedere a finanziamenti illimitati della durata di tre anni a un tasso molto conveniente – appena l’1 per cento – di fatto la Bce sta facilitando l’acquisto di titoli di Stato, fungendo quindi da finanziatore del Tesoro. La polemica sulla presunta impossibilità della Bce di operare come le altre banche centrali in qualità di ‘lender of last resort’ dovrebbe finalmente venire meno.

Il sostegno della Bce ai titoli del debito pubblico non é la soluzione alla crisi del debito sovrano che attanaglia i paesi europei, ma certamente consente di guadagnare tempo. Adesso, come in una prolungata partita a scacchi, la prossima mossa tocca nuovamente agli altri giocatori seduti al tavolo: i governi nazionali. Essi, e l’Italia in primis, devono sfruttare questa finestra di opportunità e avviare prontamente le misure strutturali di stimolo alla crescita. Solo ripristinando un contesto favorevole alla intrapresa economica si potranno porre le basi per una crescita stabile e duratura che consenta di ridurre l’ingente rapporto debito/Pil.

Qui si verificherà la capacità del governo tecnico di Monti di adottare le misure coraggiose ed efficaci. L’auspicio è che il nostro governo non ricada nella tentazione di stimolare la crescita con nuova spesa pubblica, ad esempio per finanziare nuove opere. Quello di cui il paese ha effettivamente bisogno per crescere sono le liberalizzazioni: di accrescere cioè la libertà di impresa e la libertà di contrarre. Sarebbe quindi auspicabile muoversi lungo tre direttrici.

Primo: liberalizzare il mercato del lavoro; senza maggiore flessibilità in questo cruciale comparto le imprese avranno difficoltà ad assumere anche se la domanda ripartisse. Secondo: occorre rompere le barriere all’ingresso che ancora limitano la libertà di intrapresa in molti servizi professionali: notai, avvocati, farmacisti. Terzo: occorre privatizzare. Il governo dei tecnici in condizioni di emergenza dovrebbe avere il coraggio di mettere sul mercato parte dell’ingente patrimonio pubblico. Imprese come Eni, Enel, Poste, Finmeccanica potrebbero essere cedute ai privati. Ciò comporterebbe nell’immediato un beneficio in termini di riduzione del debito e, nel medio termine, un più rilevante guadagno in termini di concorrenzialità del sistema. Verrebbe finalmente a cessare il conflitto di interesse in capo allo Stato, allo stesso tempo proprietario e regolatore, foriero di una politica economica protettiva e poco concorrenziale.

Il tempo a disposizione non é molto ma la finestra di opportunità non deve andare sprecata. Speriamo che questo governo tecnico, a cui ci siamo rassegnati, sappia fare qualche cosa di più sofisticato che limitarsi ad aumentare le imposte.