La bellezza è il miglior antidoto alla tirannia dei numeri
13 Gennaio 2014
di Aldo Sarullo
Sappiamo che un problema di tutti i tempi è la buona crescita degli uomini e la conseguente qualità della vita della somma di essi, cioè della comunità. Da qualche decennio viviamo in un mondo numerizzato, pessimo neologismo che descrive il livello di benessere e lo misura con parametri numerici: il Pil, lo spread, la disoccupazione, le aliquote fiscali e così via. Insomma, in un tempo di crisi come oggi, la vita sente i numeri come specchio di sé. Certo, le condizioni di vita materiale influiscono grandemente sulla qualità complessiva dell’esistenza. Ed è per questa ragione che in Italia, ma non soltanto, vi è una inusuale maggioranza parlamentare a sostegno di un governo non eletto dai cittadini.
Su ciò, vista l’emergenza, siamo stati quasi tutti d’accordo. Ed è accaduto in nome dei numeri. Uno dei rimedi adottati da tempo è quello degli ammortizzatori sociali, terapia di contenimento di una patologia economica. Ma è accaduto che, in questo mondo numerizzato, anche le utilità dell’anima siano state assoggettate ai numeri, soprattutto per l’influenza del mercato televisivo: questa mentalità si è espansa al di qua del teleschermo ed ha indotto a considerare bello e valente, e quindi dominante, ciò che ha o fa più numeri, che vince per quantità, che si impone perché ha successo contabile. Sono nati e si sono imposti nuovi modelli umani e nuove gerarchie di valori. Per attrarre l’interesse degli italiani nei mercati delle idee e dei consumi si sono individuati i loro desideri e si sono trasformati in bisogni. Un po’ il lavoro del pusher… Questa dinamica sociale ha indebolito sempre più la sorella gemella della libertà, la convivente irrinunciabile: il senso di responsabilità.
Abbiamo ritenuto di avere più libertà, ma non abbiamo fatto i conti con il modo di esercitarle le libertà, con quanto e quale senso di responsabilità avvalercene. Eppure in molti affermano che sia giunto il tempo di intervenire, nell’interesse delle generazioni presenti e future. Senza toccare né intaccare alcuna libertà, sembra che sia maturo il tempo di immettere nella società gli ammortizzatori morali, cioè quegli strumenti che sostengano le coscienze, che nutrano i bisogni eterni dell’anima – con la consulenza dei giganti di ogni tempo – per trasformali in desideri generando elementi compensativi di crescita equilibrata. Quando alle regole originarie si affiancano nuove regole, la società dovrebbe inserire non una censura o un controllo moralistici, ma strumenti idonei a suscitare un senso di responsabilità adeguato alle nuove libertà godute. Tali strumenti, gli ammortizzatori morali appunto, consistono nello spalmare sull’anima, specialmente delle nuove generazioni, la Bellezza in tutte le sue espressioni, conferendo a chi ne viene arricchito maggiore consapevolezza di ciò che vale di più, maggiore libertà nelle scelte perché frutto più responsabile.
Gli ammortizzatori morali, quindi, sarebbero un "moderno" strumento di civiltà e quindi di benessere e le istituzioni pubbliche e private potrebbero promuoverlo. Gioverebbe anche numeri… Certo occorre il coraggio di occuparsi anche di ciò che non sembra emergenza e invece lo è.