La Bionic Tower di Shangai sembra uscita da “Blade Runner”

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La Bionic Tower di Shangai sembra uscita da “Blade Runner”

23 Novembre 2008

Dove andrà Shanghai nel futuro? Per dirla con una famosa pubblicità anni Ottanta della grappa: “sempre più in alto”. Negli ultimi anni, solo a Dubai e Singapore sono stati costruiti tanti grattacieli come a Shanghai, e sono state lanciate sfide altrettanto ambiziose, avveniristiche, a volte persino folli, nel campo dell’architettura.

Oggi Shanghai è la capitale finanziaria della Cina (presto la sua Borsa diventerà la più importante dell’Asia e, chissà, forse del mondo) ed è la città di gran lunga più popolosa, con 18 milioni di abitanti. Ma solo vent’anni fa era un unico, grande, cantiere a cielo aperto. Il divario con Pechino venne colmato grazie a una corsa urbanistica senza freni (ogni 20 minuti, negli anni Novanta, era completato il piano di un palazzo). Questa corsa non ammette soste neanche ai giorni nostri visto che, da qui a 30 anni, la popolazione di Shanghai raddoppierà.

Di fronte a ritmi di crescita così impressionanti, c’è solo una soluzione: puntare sullo sviluppo verticale della megalopoli, verso l’alto naturalmente, ma anche sotto terra. In orizzontale, è chiaro, Shanghai – come tante altre metropoli – non ha più spazio da aggredire, a meno che non voglia arrivare al collasso. Gli architetti conoscono perfettamente il problema e da molto tempo parlano di “densificazione” e “sovrapposizione” degli spazi urbani. Lo scopo è trovare soluzioni architettoniche che non  “consumino”  troppo territorio cittadino o, ancora meglio, lo “restituiscano alla natura”. A Shanghai, probabilmente molto presto, vedremo le soluzioni più estreme di questi concetti.

Non a caso un progetto ormai di una decina di anni fa, che è la rappresentazione perfetta (o assurda, a seconda dei punti di vista) dell’idea di “città verticale”, proprio a Shanghai potrebbe diventare realtà. Il nome, Bionic Tower, è un po’ inquietante. Ma lo sono ancor di più i suoi numeri da capogiro. Si tratta di un grattacielo, a forma di goccia, di 300 piani, alto 1.228 metri (più 200 metri di fondamenta), con 368 ascensori che viaggiano a 15 metri al secondo. La mega-torre avrà una superficie di 2 milioni di metri quadrati, sarà piena di appartamenti ma soprattutto di uffici, alberghi, centri commerciali, parchi pubblici. Costerà 15 miliardi di dollari e potrà ospitare 100mila persone.

Non stiamo parlando di un semplice grattacielo, per quanto imponente. Ma di una vera e propria città nella città, che in fondo riscopre e aggiorna il mito delle megastrutture, di moda negli anni Sessanta e Settanta (si pensi alle Twin Towers). Le megastrutture erano delle “città mondo”, in grado di ospitare – o imprigionare? – migliaia di persone. Soprattutto erano del tutto autosufficienti: con palme e giardini al 25esimo piano, piscina e palestra al trentesimo, una fila interminabile di negozi sulla terrazza. Chi ci entrava non aveva possibilità, e neppure un motivo, di uscire…

Nel 2000, il sindaco di Shanghai si entusiasmò per il progetto della Bionic Tower, firmato dagli spagnoli Cervera e Pioz, e disse che, prima o poi, sarebbe stata costruita. I due architetti di Madrid, che nel frattempo hanno suscitato la curiosità anche di Hong Kong, aspettano solo un cenno per partire con i lavori. Sorgerà mai questo grattacielo, quasi quattro volte più alto della Tour Eiffel? A quelli che non credono che possa restare in piedi, i progettisti replicano che la forma elicoidale (disegnata immaginando la struttura di un grande albero, con un equilibrio perfetto tra superfici piene e vuote) sarà in grado di resistere a ogni cataclisma e attacco aereo. Inoltre, il rivestimento esterno fatto in cristallo, acciaio e alluminio sarà eco-compatibile e proteggerà gli abitanti dall’inquinamento.

Più realisticamente, però, nessuno avrà mai il coraggio di tirare fuori i soldi per un’impresa simile, almeno in una situazione di crisi come quella attuale. Tuttavia, anche se la Bionic Tower non si dovesse fare, è proprio in quella direzione che sta andando Shanghai. Nell’ottica di razionalizzare gli spazi e renderli più vivibili ed ecologici, l’obiettivo degli amministratori locali è radere al suolo tutto ciò che è vecchio e poco funzionale e sostituirlo con innumerevoli “funghi” giganti, collegati tra loro da metropolitane sotterranee e autostrade sopraelevate. L’idea è affascinante e mostra anche quella capacità di immaginare il futuro che, per esempio, nello sviluppo urbano delle città italiane emerge raramente. Chi, poi, non sogna di avere ogni servizio e ogni comfort appena fuori di casa? O di fare una passeggiata al parco sospeso a 100 metri d’altezza, a distanza di sicurezza dallo smog e dai rumori del traffico? 

Nonostante tutto, però, un dubbio mi assale: non è che ci attende un futuro di città sterminate (in lungo, in largo e in alto), iper-tecnologiche ma alienanti in stile Blade Runner, nelle quali al vicino di casa non si concede neppure un saluto? O, peggio, con le classi sociali identificate dal piano a cui si abita? Ripensiamo, dunque, alla profezia di James Ballard nel romanzo “Il Condominio”. Nel libro, gli inquilini di un grattacielo avveniristico nel cuore di Londra all’inizio ne sono entusiasti ma poi diventano prigionieri delle loro stesse abitazioni. Alla fine, per sopravvivere nella giungla urbana che hanno creato, devono ricorrere alla violenza. Una curiosità: Ballard è nato a Shanghai…