La caduta di Berlusconi sarebbe una manna per le lobbies straniere (e non)
31 Gennaio 2011
I processi di globalizzazione hanno evidentemente ampliato il ruolo dei mercati e ridotto quello dei Governi, conferendo crescente autonomia ed aggressività a varie lobbies internazionali. L’efficacia dell’azione internazionale dei Governi dipende in modo crescente dal ruolo di sostegno o di opposizione di diverse lobbies settoriali le quali, a differenza dei Governi, non hanno l’obbligo di dichiarare pubblicamente interessi e finalitaà e possono pertanto agire anche in modo indiretto e trasversale e, in ultima istanza, poco visibile al pubblico non specializzato.
In un Paese, come l’Italia, in cui le tradizioni cattoliche e marxiste hanno sempre maldigerito il vitale concetto di “interesse nazionale”, tendendo a svilire l’intera politica estera a fini interni, la pubblica consapevolezza del ruolo di varie lobbies internazionali è inevitabilmente molto limitata.
In tale quadro, l’opposizione al Governo di Silvio Berlusconi sembra divisa in due categorie: una parte, maggioritaria, che in un’ottica provinciale ed autoreferenziale ignora sia l’interesse nazionale che il ruolo delle lobbies, ed un’altra, minoritaria, che ne ha invece piena coscienza, ma che preferisce nascondere al pubblico alleanze ed interazioni con esse.
Per ignoranza o per perfidia, l’essenziale è che il popolo italiano si convinca che l’opposizione al Governo di Silvio Berlusconi è esclusivamente originata da fattori interni; ed in tale gioco, eliminato ogni residuo rispetto per la volonta’ del popolo sovrano, il connubio di parte della magistratura e dei mass media da anni non ci risparmia arma alcuna: dalla continua, flagrante ed impunita violazione delle procedure costituzionali e della normativa in merito alla competenza territoriale e funzionale della magistratura alla contestazione di reati infondati, dallo spionaggio personale alla diffamazione mediatica urbe et orbi del Presidente del Consiglio, dell’elettorato italiano ed in ultima istanza dell’intero Paese.
A dimostrazione di come la tutela dell’Esecutivo da processi estranei alla funzione governativa sia assolutamente normale, il Presidente Clinton – per Whitewater – ed il Presidente Chirac – per malversazioni inerenti al periodo da Sindaco di Parigi – sono stati processati dopo aver cessato dalle cariche Presidenziali, e non prima. Solo in Italia parte del Paese ritiene appropriato l’abbattimento giudiziario di Governi democraticamente eletti.
Nel variopinto e cacofonico teatrino quotidiano imbastito dall’opposizione italiana, si rischia comunque di perdere di vista un dato essenziale: la caduta del Governo di Silvio Berlusconi risponderebbe anche agli interessi di varie lobbies internazionali.
Iniziamo dalla finanza internazionale. Le finalità speculative del gigantesco attacco in corso contro l’Euro non ne eliminano la valenza politica. L’Euro è molto più di una moneta e, quale seconda valuta di riserva mondiale, ha avviato il tramonto dell’incontrastato dominio del dollaro, e con esso del privilegio statunitense di stampare dollari e scaricare inflazione sul resto del mondo senza svalutare.
La tenuta dell’Italia – dal Pil superiore a quello di Spagna, Irlanda, Grecia e Portogallo messi insieme – ha limitato enormemente il successo dell’attacco speculativo. L’attuale è peraltro la prima crisi finanziaria o monetaria europea in ben 40 anni della quale l’Italia non è protagonista. Si tratta di un cambiamento storico, riconosciuto anche all’estero, ma apparentemente meno rilevante dei pettegolezzi sulla vita privata di Silvio Berlusconi.
E mentre l’intera Ue resisteva all’attacco di una Wall Street già risorta dalle ceneri del recente scandalo epocale, in Italia c’è voluto addirittura il diretto intervento del Presidente della Repubblica per assicurare che il voto sulla presunta sfiducia al Governo intervenisse dopo l’approvazione della Finanziaria 2011. Diversamente, l’Italia sarebbe stata colpita da attacchi speculativi, che l’opposizione avrebbe sicuramente argomentato quali espressione di sfiducia dei mercati internazionali verso il Governo. D‘altronde, per i vari marxisti, post marxisti e statalisti italiani le crisi nazionali non sono eventi negativi, ma preziose occasioni per ridefinire “i rapporti di classe” e (oppure) espandere l’intervento statale attraverso ulteriori drenaggi fiscali sulla classe media e le Pmi, da redistribuire a istituzioni, associazioni e consorterie amiche.
Non per nulla Confindustria, che notoriamente rappresenta le grandi imprese, dal 1994 continua imperterrita a consigliare il voto a sinistra. Nonostante Marchionne abbia recentemente indicato il percorso per uscire da decenni di “privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite” e riattivare la competitivita’ internazionale della Fiat e delle altre grandi imprese italiane. Ma tralasciamo per un attimo la miseria disfattista della nostra opposizione di sinistra.
La lobby anti Euro resta all’erta, ed un eventuale caduta nel vortice speculativo dell’Italia causerebbe un profondo dissidio Nord-Sud nell’Ue, dischiudendo gli scenari quotidianamente evocati dalla stampa economica e finanziaria anglosassone, Economist sempre in testa (Euro A ed Euro B; uscita dall’Euro dei Paesi del Sud Europa, etc), ed in ultima istanza coincidenti con la prematura agonia dell’Euro quale seconda valuta di riserva mondiale.
Per designare i Paesi mediterranei, era stato perfino coniato il quanto mai offensivo acronimo di PIGS, guarda caso rapidamente passato di moda da quando la I, destinata all’Italia, si e’ dovuta adattare all’Irlanda.
Sul fronte energetico, sembra che un Paese come l’Italia, che importa l’86% del suo fabbisogno, non abbia il diritto di avere una sua autonoma politica, anche attraverso l’accordo con la Russia sul gasdotto “South Stream” e varie intese con la Libia (che ci fornisce il 33% del petrolio). Gheddafi, per inciso, attraverso il pattugliamento delle coste libiche ha anche drasticamente contribuito all’abbattimento dell’immigrazione illegale, ed in Libia ci stiamo aggiudicando rilevanti commesse in vari settori. Varie lobbies energetiche e industriali straniere non gradiscono questi chiari successi; i Governi degli USA (per la Russia) e di Israele (per la Libia) sembrano nutrire non dichiarate riserve di natura geopolitica. Risultato: ma quali interessi nazionali!
Le intese sarebbero prova di un deficit democratico e di uno scarso occidentalismo, se non di affarismo personale, di Silvio Berlusconi. Che non esistano Paesi genuinamente democratici dai quali importare petrolio e gas, non conta nulla. Che tutti o quasi facciano affari con Russia e Libia, ancora meno. L’adagio “pecunia non olet” varrebbe per Shell, Exxon e BP, ma non per l’ENI, ovviamente.
Passando all’Ue, il Governo di Silvio Berlusconi sta difendendo a spada tratta enormi interessi politici, economici e commerciali nazionali. A cominciare dalla necessita’ di computare anche il debito privato delle economie nazionali – che vede Regno Unito, Irlanda ed altri Paesi in una situazione molto peggiore della nostra – per le future terapie e sanzioni comunitarie.
Nel frattempo, gli svariati soloni pseudomoralisti che affollano gli editoriali della nostra stampa continuano ad ignorare allegramente che la Commissione Ue, nell’assenza di qualunque fondamento legale, ha deciso da anni che inglese, francese e tedesco sono le sue “lingue di lavoro”. Guarda caso, nel tortuoso processo per pervenire al brevetto comunitario – la cui mancanza, a fronte della concorrenza di USA, Giappone e Cina, e’ sempre meno sostenibile – Commissione Ue, Francia, Germania e Regno Unito, con il sostegno di vari Paesi del Centro e Nord Europa, insistono affinche’ il nuovo sistema del brevetto comunitario adotti il citato trilinguismo.
Tale precedente dischiuderebbe una vera autostrada alla prossima consacrazione del trilinguismo a regime dell’Ue (in luogo dell’insostenibile sistema di traduzioni ed interpretariato in 25 lingue), con un danno tanto definitivo quanto irreparabile per la posizione dell’Italia.
Certo, non sarebbe male vedere i vari Bindi, Franceschini, Veltroni costretti a parlare in inglese (tra “Iurrop” e “Ammurrica”, sai che risate!), ma certi teatrini – peraltro gia’ noti a Bruxelles – dovremmo forse cercare di gustarceli solo tra noi Italiani.
Il Governo sembra deciso ad apporre il veto, con il sostegno della Spagna, e si trova ugualmente in prima linea in altre battaglie in difesa del “Made in Italy” e contro la discriminazione giuridica dei nostri prodotti agroalimentari tipici nei mercati internazionali (il nuovo Anti Counterfeiting Trade Agreement), contro potenti e ramificate lobbies agroalimentari e commerciali europee e transatlantiche.
Nel settore di Internet, recenti provvedimenti delle nostre Autorita’ hanno rilanciato l’esigenza di una regolamentazione della rete, in direzione di una moderazione del principio di assoluta neutralita’ di Internet Service Providers, motori di ricerca ed associati media acriticamente sostenuto dalle “lobbies telecom” nazionali ed internazionali, e che ha reso Internet anche un vero Far West di irresponsabilità giuridica, diffamazione, violenza e pornografia. Nel settore dei media televisivi, il decreto Romani ha approvato norme anticoncentrazione ed a tutela dei minori, quale l’obbligo di confinare violenza e pornografia alle ore notturne; norme ovviamente interpretate come un danno all’impero internazionale di Sky, in aspra competizione con Rai e Mediaset per il controllo del mercato italiano.
Perfino in occasione della sfrontata rivolta pubblica di Sky contro il Governo per l’aumento dell’Iva, peraltro richiesto dall’Unione Europea, la nostra opposizione e stampa di sinistra non hanno perso l’occasione per sostenere Sky. La quale non è esattamente d’indirizzo progressista…..ma pur di abbattere Silvio Berlusconi va bene tutto, anche l’aperto sostegno alla penetrazione in Italia di un impero televisivo straniero e fortemente connotato sotto il profilo politico-internazionale.
Sullo sfondo, lo spettro della riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. E’ francamente dubbio se decenni di intelligenti e fruttuosi sforzi del Ministero degli Esteri per impedire l’esclusione dell’ Italia sopravviveranno alla campagna di discredito integrale del nostro Paese lanciata dall’opposizione della sinistra politico-giudiziaria-mediatica.
L’elenco potrebbe continuare, ma possiamo fermarci qui. Sono tante, potenti ed ampiamente diversificate le lobbies internazionali che festeggerebbero a caviale e champagne – beate loro, senza intercettazioni – la caduta del Governo di Silvio Berlusconi, con il sostegno di ampie colonne italiane, disposte veramente a tutto. Si dirà: l’azione internazionale di un Paese continua nonostante i cambi di Governo. Il problema è che in Italia non si sta mirando ad un democratico cambio di Governo attraverso il regolare processo elettorale, ma alla sua delegittimazione attraverso l’azione giudiziaria, fino all’imprigionamento o l’esilio forzato di Silvio Berlusconi. Ove tale tentativo riuscisse, la capacità e la proiezione internazionale del nostro Paese sarebbero irrimediabilmente compromesse per decenni.
Siamo cosi’ lontani dall’Italia dei Secoli Bui? Non sembra. Quando Papa Paolo V, furibondo per la politica poco clericale della Repubblica di Venezia, aizzo’gli Stati italiani ed europei ad una lega per una guerra di distruzione della Serenissima, dall’Europa si levo’ un’unica voce: “Santita’, comprendiamo, ma ai Turchi, dopo, chi ci pensa?”. La guerra contro Venezia, fortunatamente, non si fece. Quella contro Silvio Berlusconi invece continua.
Come i Turchi di ieri, le lobbies di oggi in Italia restano per molti un problema secondario. Come se fossimo ancora il centro del mondo. Continuando di questo passo, gli effetti della globalizzazione sul nostro Paese rischiano di essere più negativi di quelli della scoperta dell’America. E non per causa delle “condizioni oggettive”. Per colpa nostra.