La Cina soppianta gli USA come difensore del libero commercio: “libero”?
22 Novembre 2017
Se la Cina è troppo vicina.“The immediate position is quite clear. China is emerging as an economic superpower under a leninist autocracy, controlled by one man”. Martin Wolf sul Financial Times dell’1 novembre ha scritto che nella fase attuale – che magari tra qualche tempo cambierà, ma oggi è stabilizzata – la Cina sta diventando una superpotenza economica governata da un’autocrazia di tipo leninista e controllata da un uomo solo. In un’articolata analisi sul New York Times del 3 novembre Robert D. Kaplan spiega come: “The larger chinese goal is to dominate Eurasia, wich means relegating Russia to a second-tier power”, il più ampio obiettivo di Pechino è dominare l’Eurasia relegando la Russia a una potenza di seconda fila.
Le considerazioni di Kaplan non sono nuove anche se in qualche punto rappresentano un’evoluzione più radicale del suo tradizionale punto di vista, quelle di Wolf superano invece, abbastanza chiaramente, la sua precedente impostazione secondo la quale la linea denghista e l’aumento dei traffici mondiali avrebbero integrato in tempi relativamente brevi la Cina in un ordine mondiale man mano sempre più democratico. Kaplan, pur un po’ più pessimista, non abbandona la sua linea para-obamiana secondo la quale l’unico vero contrasto da opporre ai cinesi è uno schieramento guidato dagli Stati Uniti fondato sulla difesa dei diritti umani con concessioni commerciali ai partner asiatici che si allineano su queste posizioni. Wolf non rinuncia alla sua idea di un ordine mondiale che (relativamente) prevalga sulle scelte degli Stati nazionali, inizia però ad avvertire come questa sua posizione sia indebolita dalla via intrapresa da Pechino.
Se si richiamano anche solo alcune recenti mosse cinesi, si coglie come Pechino intrecci costantemente pressione militare e ricatti commerciali per costruire un suo sistema di influenza e potere garantito anche da una flotta e un’aeronuatica in espansione. Hannah Beech sul New York Times dell’11 novembre intervista il generale vietnamita Le Van Cuong che dice: “China uses its money to buy off many leaders”, la Cina usa i suoi soldi per corrompere molti leader di varie nazioni. Poi la Beech osserva come “for many members of Apec China ranks as their n 1 trading partner”per molti membri dell’Apec, la Cina è il primo partner commerciale e questo la aiuta a imporre il suo punto di vista. Per esempio “Thailand has complied with Beijing’s demand that it return chinese dissidents who once count on it as a haven”, la Tailandia ha accolto la domanda di Pechino di ritornarle i dissidenti che prima consideravano Bangkok come un rifugio sicuro.
Ancora.“President Rodrigo Duterte of the Philippines has ordered military officials to stoop construction works on a sandbar in disputed area of the South China Sea after Beijing complained”. Duterte ha bloccato lavori difensivi lungo la costa perché vicini a una parte di mare su cui la Cina vanta la sovranità, Cina che intanto “sent ships through the area” manda navi nell’area per affermare questa sua poszione, così scrive Felipe Villamor sul New York Times dell’8 novembre e aggiunge “China claims ownership of vast majority of the South China Sea, asserting rights even to waters near the shores of other nations”, la Cina reclama la proprietà della gran parte del Mare del Sud della Cina rivendicando suoi diritti anche su acque vicine alle coste delle altre nazioni.
Steve Lee Myers e Chris Morton scrivono sul New York Times del 5 novembre che Taiwan nel mettere a punto un moderno sistema difensivo trova “a major obstacle is that countries that might sell it most sophisticated weaponry are increasing reluctant to do so for fear of provoking China” un grosso ostacolo perché i Paesi che potrebbero fornire armamenti sofisticati hanno paura di provocare Pechino.
“Foreign minister Kang Kyung-wha of South Korea first hinted a possible breakthrough on monday, when she said that despite the Thaad deployment, South Korea had no intention of joining the United States’ efforts to build a region-wide missile-defense system aimed at countering China’s expansion of its military capabilities”. Choe Sang-Hun scrive sul New York Times del 31 ottobre che anche la Corea del Sud, minacciata/lusingata con aperture/chiusure commerciali da Pechino, ha deciso che mentre si doterà di missili a corta gittata per contenere il pericolo di atti aggressivi da Pyongyang non parteciperà a un più ampio programma di difesa antimissilistica che riguarda le capacità militari cinesi, proposto dagli americani.
“’After President Ram Nath Kovind appreciated Bhutan’s support during the Doklam standoff, China today said it wants to see New Delhi and Thimphu develop “normal relations’. Reacting to Bhutan King’s Jigme Khesar Namgyel Wangchuck’s visit to India, Chinese Foreign Ministry spokesperson Hua Chunying told a media briefing that both India and Bhutan are China’s close neighbours”. Così una notizia del 2 novembre apparsa sul sito della compagnia televisiva indiana NDTV spiega – attraverso le parole di una portavoce del ministero degli esteri cinesi – come Bhutan, Cina e India stanno riprendendo rapporti normali dopo la crisi d’agosto quando l’”Esercito popolare” era intervenuto su un’area di territorio butanese (importante per il collegamento con il Tibet) rivendicata da Pechino. I miliatri indiani si erano schierati con quelli butanesi, poi il governo cinese aveva “criticato” i suoi generali per l’iniziativa e “offerto” vantaggi economici a Nuova Delhi per “trovare una soluzione”.
“Clive Hamilton, a professor of public ethics at Charles Sturt University in Canberra, said his book ‘Silent Invasion: How China is turning Australia into a puppet state’ was due to be published early next year. But he told CNN that publisher Allen & Unwin suddenly informed him last week that it would be delaying the book for an unspecified period after being warned it could face legal action by China”. L’australiano Hamilton doveva pubblicare il suo libro sull’”invasione silenziosa di Pechino” agli inizi del 2017, poi l’uscita è stata ritardata per minacce più o meno “legali” del governo cinese, così racconta Ben Westcott sul sito della Cnn del 13 novembre.
E l’espansione dell’egemonismo cinese non riguarda solo l’Asia e l’Oceania. “China has said that Zimbabwe military chief General Constantino Chiwenga’s visit to the country last week was a normal military visit”. Peta Thornycroft e Chris Graham sul Daily Telegraph del 15 novembre raccontano come il capo di stato maggiore dell’esercito dello Zimbawe abbia visitato Pechino qualche giorno prima del “colpo militare”.
Anders Fogh Rasmussen, già premier danese e poi segretario generale della Nato sul Financial Tiomes del 21 novembre a proposito delle iniziative economiche cinesi in Europa scrive che “investments have already had an impact on EU foreign policy decisions. In July, EU member states with significant Chinese investment successfully watered down a statement following a ruling that Beijing’s claims to maritime rights and resources in the South China Sea were incompatible with international law. This action was not isolated, coming just a few weeks after Greece blocked a statement criticising China’s human rights record”: certi investimenti hanno già avuto un impatto sulla politica estera dell’Unione, quando alcuni Paesi membri, impegnati in grandi affari con la Cina, hanno annacquato le risoluzioni di critica alle rivendicazioni di Pechino sul Mar del Sud della Cina e la Grecia ha messo il veto su una critica alla politica sui diritti civili del governo cinese.
E vanno registrati veti cinesi anche più frivoli per esempio verso “Katy Perry sul palco a Taiwan nel 2015 con una bandiera dell’isola ribelle. Il governo di Pechino ha preso nota dell’esibizione (sgradita) della pop star Usa e le ha negato l’ingresso in Cina”, così una didascalia a una foto della Perry del Corriere della Sera del 21 novembre.
Appare in questo contesto non facile capire come si possa sostenere che “China is supplanting United States as the leader of the free trade in the region”: la Cina sta soppiantando gli Stati Uniti come difensore del libero commercio nella regione, scrivono Motoko Rich e Jane Perlez sul New York Times del 16 novembre. Commercio libero? Libero?