La crisi greca, i timori della Germania e un’Europa in panne al primo ostacolo
28 Aprile 2010
Dopo aver declassato i bond di Atene a livelli di Junk Bond (titoli spazzatura) e aver abbassato di due gradi il rating dei titoli pubblici portoghesi, Standar&Poor’s rivede al ribasso anche il rating della Spagna (che passa ad AA con outlook negativo). Se non è panico, poco ci manca. Ma è sulla Grecia che sono puntati gli occhi. E dopo il lungo pressing di Ue e Fmi, il Governo tedesco chiederà al Parlamento di approvare gli aiuti alla Grecia fino a 8,4 miliardi di euro nel 2010 e per un ammontare non ancora specificato nel 2011 e 2012 (la proposta dovrebbe essere contenuta in una bozza di legge).
Le Borse europee recuperano. A metà giornata, la Borsa di Atene registra una vera impennata con guadagni che hanno sfiorato il 7%. A Piazza Affari, il Ftse All Share sale così dello 0,61% e il Ftse Mib dello 0,55%. In Europa, Francoforte segna +0,31%, Londra +0,58% e Parigi +0,53%. Madrid sale del 2,13%, nonostante il declassamento di Standard And Poor’s e Lisbona del 2,39%.
Intanto, sul fronte italiano, al Tesoro si lavora agli ultimi dettagli del decreto aiuti per la Grecia pari a 5,5 miliardi di euro. Il provvedimento potrebbe essere esaminato dal consiglio dei ministri della prossima settimana. Ma il dibattito potrebbe offrire spunti interessanti molto prima. Domani per esempio il ministro Tremonti volerà a Berlino: si tratta in realtà di un appuntamento che era già in programma da tempo, ma la presenza, allo stesso evento, del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schuble e di esponenti di organismi internazionali, come Bce e Ocse, lascia immaginare per l’affaire Grecia un posto in cima al dibattito.
La questione è rimbalzata su tutti i giornali dopo che la bufera ha tirato giù le Borse. Fino a due giorni fa, però, della crisi greca se ne è parlato poco o perlomeno, come spiegano alcuni esperti, non adeguatamente. Si potrebbe quasi dire che l’Italia (e l’opinione pubblica in particolare) fino a due giorni fa sia stata solo sfiorata da timori e preoccupazioni. Non c’è da stupirsi, tuona qualcuno: non ci siamo mai appassionati davvero a quello che accadeva oltre i nostri confini e il fatto che gli italiani non sappiano neppure da quanti paesi è composta l’Unione Europea (come la trasmissione Report ha evidenziato qualche settimana fa) la dice lunga. Ma la tesi è riduttiva. A monte c’è dell’altro. Secondo Oscar Giannino, giornalista, economista e oggi direttore di Chicago Blog – finestra sulla Rete che punta il faro sulle principali questioni politico-economiche dell’attualità – la scarsa attenzione che i media hanno riservato all’argomento “conferma che la classe dirigente italiana è poco attenta ai fenomeni reali del mondo: non capisce che la Germania da due anni insegue una politica protezionista e gioca al ‘taglia fuori’ e neppure capisce che noi siamo in testa alla lista dei paesi scomodi. Tremonti, certo, ha cercato di far sentire la sua voce, senza però avere grande sostegno da parte della politica e della finanza italiana. E di riflesso, della stampa. Intendiamoci: gli imprenditori veri, la gente che lavora sui mercati internazionali non parla d’altro, non ne parlano i tg e i giornali”. Duro è anche il monito di Giannino nei confronti dei tedeschi: “Noi non abbiamo da farci perdonare né bolle immobiliari, né finanziarie, né trucchi nei conti come quelli greci, per questo insieme ai francesi dovremmo dire ai tedeschi: piantatela!”
Uno spunto d’analisi lo dà anche un altro economista, Salvatore Rebecchini, secondo cui: “E’ anche vero che noi siamo decisamente meno coinvolti della Germania perché le nostre banche, nei confronti della Grecia, sono meno esposte. Al contrario, le banche tedesche sono i più importanti creditori della Grecia (il cui debito pubblico è appunto posseduto dagli Istituti di credito francesi e tedeschi)”. Come dire, livelli d’attenzione diversi, equiparati però al coinvolgimento che ogni paese ha davanti al fallimento della Grecia.
Anche la fotografia scattata dall’economista Edoardo Reviglio prende in considerazione il peso dei diversi Paesi, rapportandolo però all’incidenza sul Prodotto Interno Lordo dell’Europa. “In Italia s’è parlato poco del caso-Grecia perché la stampa, per prima, ne ha parlato poco. Sapevamo che quel Paese aveva un rapporto debito/pil tra i più alti d’Europa ma non abbiamo acceso un faro particolare sulla questione, forse anche perché tendiamo a confrontarci con paesi più grandi come la Francia, la Germania o la Spagna. Basti pensare che su un Pil europeo pari a 12mila miliardi di euro, la Grecia pesa solamente con 260 miliardi di euro, pari al 3% dell’economia europea), contro l’Italia che ha 1600 miliardi di euro, quasi otto volte il Pil della Grecia, pari al 13% dell’economia Ue”.
Il problema per Francesco Forte, editorialista per diversi quotidiani italiani e già ministro delle Finanze, è che la stampa ha informato, ma lo ha fatto male. “E’ sbagliato dire che fino ad ora non si è discusso – spiega Forte – lo si è fatto, anche Tremonti ha detto che bisognava intervenire per aiutare la Grecia, ma mi sembra che si sia parlato senza capire. Del resto, quando la casa del vicino brucia è nostro interesse evitare che il fuoco si propaghi e siamo entrati in campo mettendo sul piatto 5 miliardi. Ora che s’è prospettata l’ipotesi che la Grecia rimanga nell’area euro (dichiarando però il suo debito pubblico insolvente) abbiamo da trarre una lezione: non esiste il pasto gratis neppure nell’area euro. Quando si discusse, nel 1996, la questione dell’entrata nell’euro che Prodi stava preparando, io in un convegno sostenni che ero a favore ma che era un percorso di guerra. Lo scrissi anche su Il Foglio e la sinistra mi accusò di essere pessimista e di voler sminuire i successi di Prodi. Risposi che a me piaceva l’ingresso nell’euro ma, semplicemente, avvertivo che la politica dello stato sociale dal sistema delle pensioni in giù, e la politica contrattuale nel settore del lavoro, dovevano essere profondamente revisionate. La sinistra non aveva capito che entrare nell’area dell’euro voleva dire abbandonare certe condizioni. Ora anche Sacconi si deve rendere conto che la riforma delle pensioni è improcastinabile anche per le donne perché dopo la crisi greca c’è quella portoghese e noi dobbiamo dimostrare che non siamo lassisti come i vicini di casa”.
La Germania, si sa, ha alzato le barricate. Noi abbiamo subito dato disponibilità a intervenire, mettendo sul piatto 5 miliardi di euro e rivendicato (giustamente) l’urgenza dell’intervento. Perché? Da una parte, sulla decisione ha inciso la paura che lo stesso possa accadere a noi (quindi la speranza che il gioco della solidarietà non si fermi mai ci ha aiutati a mantenere la mano ferma), dall’altra, spiega l’economista Reviglio, "la discesa in campo era doverosa anche perché, essendo il costo del soccorso relativamente sostenibile, sarebbe stato impensabile mettere a rischio l’architettura europea”. La crisi greca sta portando quel paese in un contesto pericoloso per l’occupazione, i servizi pubblici e sociali, il pagamento delle pensioni. E il timore che una situazione del genere possa colpire qualcun altro è forte. Ci sono altri paesi dell’Unione a rischio: in primis la Spagna e il Portogallo, ma anche il forte debito pubblico italiano desta qualche preoccupazione. Se infatti la crisi finanziaria che ha colpito l’Irlanda l’anno scorso sembra essersi risolta con una capacità interna di quel paese di risollevarsi, per altri la cosa non sembra per niente scontata. Come dire, se cade la Grecia, cadono tutti gli altri.
Sul fronte politico l’ostacolo più grosso a un rapido intervento di ristrutturazione del debito greco attraverso prestiti a tassi più bassi di quelli di mercato da parte dei paesi della zona euro e dell’Fmi, fino ad oggi è stata la posizione della Germania, contraria a finanziare Atene senza ulteriori, pesanti impegni sul fronte della spesa pubblica oltre al pacchetto di misure già votato dal Parlamento greco. I tempi stretti imposti ad Atene dai mercati si sono scontrati con il calendario politico tedesco, che ha indotto Berlino a porre paletti all’attivazione della linea di credito europea. Ma di certo, le ambiguità di Berlino, alle prese col voto, hanno esasperato la situazione (e i partner europei). Angela Merkel ha di fronte le elezioni regionali del 9 maggio nel nord Reno Westfalia e un’opinione pubblica contraria a sborsare un solo centesimo per salvare la Grecia. In ballo non c’è, infatti, solo il contributo di circa 8,4 miliardi di euro che dovrebbe arrivare dall’Esecutivo Merkel, ma anche i voti di milioni di elettori, quelli cioè che il prossimo nove maggio verranno chiamati a rinnovare il governo del Nord Reno-Westfalia, attualmente guidato da una coalizione tra conservatori e liberal democratici (Cdu-Fdp). Se dovesse cadere in questo Land, il governo perderebbe la maggioranza al Bundesrat, la Camera alta dei rappresentanti regionali, dove oggi ha 37 seggi, solo due in più del minimo necessario. Anche per questo, la Merkel cerca di prendere tempo, ma soprattutto cerca di mantenere il difficile equilibrio con i liberal democratici che – decisi a mantenere le promesse elettorali – durante lo scorso fine settimana hanno proposto tagli fiscali per 16 miliardi di euro all’anno, a partire dal 2012.
La Germania si trova quindi ad affrontare le elezioni e ha un’opinione pubblica in larga parte contraria a finanziare il debito greco. Una riunione dell’Eurozona è stata fissata solo per il 10 maggio, il giorno dopo le elezioni tedesche, ma occorre far presto, visto che il 19 maggio vanno a scadenza titoli greci per 9 miliardi di euro. Berlino però, dopo il colloquio con Trichet e Strauss-Khan, sembra pronta a dare una mano. Se i negoziati con Atene avranno successo, il governo tedesco è pronto ad adottare un disegno di legge per autorizzare la partecipazione della Germania al piano di aiuti. Lo ha detto a Berlino il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble. Secondo l’agenzia Dow Jones il governo tedesco chiederà al parlamento l’approvazione di aiuti alla Grecia fino a 8,4 miliardi nel 2010 e per un ulteriore ammontare non specificato nel 2011 e nel 2012. I dettagli del progetto di legge, compresi gli importi, saranno definiti domenica quando la Grecia dovrebbe terminare i negoziati col Fmi e la Commissione Europea sul piano triennale di riduzione dell’indebitamento. Il ministro Shaeuble ha spiegato che venerdì i gruppi parlamentari discuteranno la bozza di legge e lunedì il provvedimento dovrebbe essere pronto per l’approvazione. Nel frattempo ad Atene Fmi, Bce e commissione Ue dovranno ultimare i dettagli dell’intesa sul programma di aiuti con il governo greco.
Con un impegno promesso pari a 8,4 miliardi di euro, su di un totale di 30 miliardi della zona euro, la Germania sarà il maggior contributore al piano di salvataggio della Grecia, che includendo il contributo dell’Fmi salirà a 45 miliardi. Ma gli aiuti alla Grecia dall’Unione europea e dal Fondo potrebbero non bastare ad evitare che la crisi del debito di Atene finisca fuori controllo. E per questo il nuovo piano di aiuti viaggia verso i 120 miliardi di euro in tre anni.