La crisi tra Siria e Israele avvicina la guerra con l’Iran

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La crisi tra Siria e Israele avvicina la guerra con l’Iran

19 Settembre 2007

E’ ben strana la
sottovalutazione piena della stampa italiana – con l’eccezione di alcuni giornali – dell’estrema gravità della crisi deflagrata il 6
settembre tra Siria e Israele. Pure, è stata tanto devastante che ha
palesemente ispirato la pessimistica
previsione di Robert  Kouchner sulla probabile necessità di scendere
in guerra con l’Iran. Il fatto è che le diplomazie mondiali hanno
dovuto prendere atto che il più stretto alleato di Mohammed Ahmadinejad, Beshir
al Assad, stava armando le sue 60 ogive caricate sugli Scud-C con bombe
atomiche acquistate dalla Corea del Nord.

Un fatto di una gravità eccezionale, che
affiancava alla imminente atomica degli ayatollah una ulteriore minaccia
contro Israele, così come contro tutti i paesi arabi: Iraq, Giordania, Arabia
Saudita e persino Egitto. Questo progetto è stato però stroncato da una
mirabile operazione militare dell’aviazione di Gerusalemme che è riuscita a
far penetrare da una squadriglia composta da ben 8 Raam F151 e da un Elint da
ricognizione, per tutta la lunghezza dello spazio aereo siriano senza essere
minimamente intercettata, neanche dai modernissimi sistemi di intercettazione
aerea russi Pantsyr. Arrivata sul bersaglio, una fabbrica di prodotti agricoli
ai confini con la Turchia,
i cacciabombardieri hanno completamente distrutto l’obbiettivo – e con esso
tutto il materiale atomico – hanno scaricato i serbatoi sul suolo della Turchia
(che non ha minimamente reagito, indizio di una probabile complicità, peraltro
naturale, col governo Erdogan, da sempre fedele alleato di Israele) e sono
tornati indenni alla base.

La reazione internazionale nei confronti di
questa azione è stata nulla. Nonostante le fermissime proteste di Damasco,
nonostante la sua richiesta di condanna da parte dell’Onu%2C non un paese arabo,
non un paese islamico ha alzato un dito contro Israele. Una conferma piena della
gravità della situazione, della condivisione del timore che Beshir al Assad
tentasse la strada dell’atomica, un riconoscimento pieno delle ragioni di
Israele di ripetere l’Impresa della distruzione della centrale atomica Osirak
di Saddam Hussein nel 1981.

Così, mentre il Sunday Times pubblicava la
notizia a tutto tondo e avallava le notizie dei servizi segreti americani e
israeliani che nei mesi scorsi avevano denunciato il pericolo atomico siriano,
nelle cancellerie europee si è dovuto prendere atto della realtà.

L’asse del Jihad Teheran-Damasco è
assolutamente intenzionato a dotarsi di bomba atomica e lo fa in contemporanea
arricchendo uranio in Iran e comprando sottobanco armamenti dismessi dalla Nord
Corea. Il tutto – secondo il Sunday Times – con una incosciente copertura russa,
che avrebbe addirittura anticipato a Damasco l’impresa aviatoria israeliana.

Ancora più eloquenti del silenzio internazionale,
a conferma della strada avventurista intrapresa da Damasco, ieri sono giunte le
dichiarazioni israeliane, apparentemente spiazzanti. Simon Peres ha
dichiarato che “il nervosismo nelle relazioni tra noi e la Siria è finito”, il premier
Ehud Olmert ha rilanciato la proposta di trattative di pace con la Siria, mentre – come rivela
Fiamma Nirenstein sul Giornale – Amos Yadin, capo dei servizi segreti militari,
ha dichiarato alla Knesset: “Abbiamo ristabilito la deterrenza nei confronti
della Siria e dell’Iran”. Frase apparentemente criptica, ma che in questo
contesto – come rileva sempre la Nirenstein – ha un significato preciso.
Israele ha dimostrato ai paesi che vogliono distruggerla che è una pia
illusione considerare il suo apparato militare in crisi, dopo la non brillante
prova durante la guerra in Libano del 2006.

L’impresa compiuta dai jet israeliani contro
la fabbrica militare atomica siriana dimostra che Gerusalemme può fare quello
che vuole e quando vuole, che è in grado di sfidare tutti i sistemi d’arma e
che ha una aviazione in grado di ripetere l’exploit del 1967, quando distrusse
al suolo in poche ore tutte le aviazioni egiziane, siriane e giordane.

Questo è il nuovo, elevatissimo, livello di
deterrenza che Israele sa imporre ai suoi avversari. Da questo livello elevatissimo di forza può
accettare trattative, persino con la
Siria.

Resta il fatto che le profferte di accordo con
l’Onu inseguite da el Baradei sono il solito fumo negli occhi gettato da
abilissimi ayatollah e pasdaran e che la determinazione aggressiva e
militaresca dell’asse Teheran e Damasco è molto più radicata di quanto le
cancellerie europee si illudano. Di questo si è perfettamente reso conto
Kouchner, così come Angela Mekel – a quanto afferma il Corriere della Sera – e da
qui nasce la sua previsione pessimistica. L’unico che continuano a far finta di niente è il governo italiano.

Un quadro estremamente preoccupante, che può
aprire tutti gli scenari, compreso quello di un tentativo reiterato di Teheran
e Damasco – subita la battuta d’arresto sulla “arma finale” – di ripetere l’exploit
libanese, rilanciando quella guerra asimmetrica in cui sono maestri, che ha
dato ottimi risultati sia in Libano che a Gaza. Passato
il round negoziale della Conferenza sulla Palestina, non è difficile
prevedere l’apertura di una nuova stagione di turbolenze.