La fine dell’asse fra Mosca e Teheran è colpa dell’espansionismo russo

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La fine dell’asse fra Mosca e Teheran è colpa dell’espansionismo russo

28 Maggio 2010

Iran-Russia, fine dell’asse nucleare? L’Iran non accetta che anche Mosca si sia allineata alla bozza americana per un quarto ciclo di sanzioni economiche utili a dissuadere Teheran dal completare l’arricchimento del suo uranio. Perciò il presidente iraniano Ahmadinejad per una volta ha lasciato la sua solita retorica americana scagliandosi con asprezza contro la Russia, colpevole di lasciarsi “manipolare dagli interessi americani”. Tramite il suo ambasciatore a Mosca, l’Iran confida in una rapida correzione di rotta affinché i russi adottino una linea più “attenta”.

Mosca però non si sta accodando agli Usa solo per ‘tradire’ l’Iran. La Russia sta rivedendo interamente la sua posizione in Medioriente, non solo in Persia. Il dato di fatto è che sia il Cremlino, sia la teocrazia sciita hanno tradito i ruoli che l’uno assegnava all’altro. Mosca non si aspettava un’esuberanza tale dell’Iran da non poterlo influenzare come succede con la Siria. Da parte sua l’Iran ha preteso sempre più un ruolo paritario nell’alleanza con i russi, chiedendo con insistenza forniture militari, come gli S-300, senza però sostenere la mediazione del Cremlino nel gioco della comunità internazionale. E’ il caso della proposta dell’Onu nell’ottobre 2009, fortemente sponsorizzata dalla Russia, che si era offerta di concedere i suoi impianti per arricchire l’uranio iraniano. La proposta venne respinta da Teheran, senza prevedere che quel rifiuto avrebbe seriamente danneggiato i rapporti con Mosca.

La Russia ha scelto una strategia mediorientale multilaterale, che non gravita soltanto intorno a Teheran. A metà maggio scorso, dopo aver firmato ad Ankara uno storico accordo per fornire energia nucleare alla Turchia, Medvedev incontrava a Damasco Khaled Meshaal, il capo dell’ufficio politico di Hamas. Era una svolta internazionale per Mosca, che entrava di peso nei negoziati tra Israele e palestinesi come mediatore alternativo agli Usa. Ancora prima, alla metà di febbraio, quando Ahmadinejad proclamava, nell’anniversario della rivoluzione khomeinista, che l’Iran era arrivato all’80% di arrichhimento dell’uranio, Medvedev incontrava Netanyahu a Mosca. La visita del premier israeliano si è conclusa con l’ennesima promessa russa di non vendere gli S-300 all’Iran e l’altrettanto reiterata promessa israeliana di desistere da ulteriori insediamenti in Cisgiordania. Ma contava, e conta, il forte interesse di Mosca a diventare un attore di primo piano in Medioriente, ecco il punto, e di riuscirci senza stravolgere gli equilibri o alimentare gli antagonismi.

Mosca ha liquidato le accuse di Teheran come “una demagogia politica” con cui nessun leader iraniano potrà “sopravvivere a lungo”. La propaganda sull’accerchiamento internazionale, una situazione difficile a cui l’Iran deve abituarsi, rappresenta oggi la vera sfida per la veemente leadership politica di Teheran, e forse anche la sua debolezza.